Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 25 novembre 1998, n. 11972. Pres. Iannotta - Est. Amatucci - P.M. Frazzini - Oliveto (avv. Camardese) c. Ostuni (avv. Lapolla).

Contratto di locazione - Durata - Contratti in corso - Contratti soggetti a proroga - Disciplina ex art. 67, ultimo comma, L. n. 392/1978 - Previsione della facoltà delle parti di stipulare un nuovo contratto prima della scadenza di cui al primo comma - Contratti non soggetti a proroga - Applicabilità - Carattere novativo del rapporto - Condizioni - Requisiti - Mancanza - Conseguenze.

La disposizione dell'ultimo comma dell'art. 67 della legge n. 392 del 1978, a norma della quale è in facoltà delle parti di stipulare un nuovo contratto di locazione prima della scadenza stabilita dal primo comma dello stesso articolo per i contratti di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo in corso alla data di entrata in vigore della legge sull'equo canone e soggetti a proroga, esprime un principio di carattere generale applicabile anche ai contratti in corso non soggetti a proroga (per i quali la scadenza è fissata, in via generale, dall'art. 71 della stessa legge). Peraltro, non ogni accordo modificativo del rapporto locativo in corso concreta il nuovo contratto di locazione previsto dal citato art. 67, ultimo comma, essendo necessario per l'applicabilità di tale norma - la quale ha lo scopo di favorire il passaggio dei rapporti locativi dal regime transitorio a quello ordinario, e presuppone, pertanto, che il nuovo contratto sia conforme alla disciplina del regime ordinario - che l'accordo sia espressione della volontà delle parti di assoggettare la locazione al regime ordinario attraverso il richiamo alle norme regolatrici degli ordinari rapporti locativi per uso non abitativo, ovvero attraverso una concreta disciplina corrispondente a quella dettata dalle stesse norme. Ciò è escluso allorché le parti si siano limitate a manifestare la volontà di rinnovare il medesimo rapporto per un periodo di tempo da esse indicato, provvedendo esclusivamente all'adeguamento del canone. Ne consegue, in tale ipotesi, la nullità dell'accordo per contrasto con norma imperativa, ai sensi dell'art. 1418, primo comma, c.c. (C.c., art. 1418; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 67; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 71) (1).

    (1) Nel senso che non ogni accordo modificativo del rapporto locativo in corso in regime transitorio concreta il nuovo contratto di locazione che, a norma dell'ultimo comma dell'art. 67 della legge sull'equo canone, le parti, per le locazioni non abitative, hanno facoltà di stipulare prima della scadenza stabilita dal primo comma dello stesso articolo, cfr. Cass. 28 luglio 1993, n. 8402, in questa Rivista 1994, 84 e Cass. 17 luglio 1991, n. 7933, in Arch. civ. 1992, 620.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto del 1994 Antonio Ostuni intimò a Giuseppina Oliveto licenza per finita locazione alla data del 30 aprile 1994 di due vani locati per uso commerciale in Tito, contestualmente citandola per la convalida innanzi al Pretore di Potenza.

Espose che il rapporto locativo - della durata convenzionale di cinque anni a decorrere dall'1 maggio 1976 - era stato prorogato ex lege n. 392 del 1978 fino al 30 aprile 1982 e che si era tacitamente rinnovato di sei anni in sei anni dapprima fino al 30 aprile 1988 e poi sino al 30 aprile 1994, data per la quale era stata comunicata regolare disdetta nel 1992.

Il convenuto resistette assumendo che, prima della scadenza convenzionale del 30 aprile 1981, le parti avevano rinnovato il contratto, con un nuovo canone, per tre anni, rinnovandolo ancora per un ulteriore triennio in data 6 aprile 1984. Essendo, peraltro, tale ultima durata inferiore a quella minima prevista dall'art. 27 della L. n. 392 del 1978, il contratto sarebbe venuto a scadenza il 6 aprile 1990 e, dunque, in difetto di disdetta, il 6 aprile 1996.

Negata dal pretore la convalida, il Tribunale di Potenza (competente per valore) innanzi al quale le parti erano state rimesse, con sentenza del 26 maggio 1995 dichiarò la locazione cessata alla data del 30 aprile 1994 e condannò la Oliveto al rilascio alla data del 31 agosto 1995.

Con sentenza n. 230 del 28 novembre 1996 la Corte d'appello di Potenza ha rigettato il gravame della Oliveto, cui avevano resistito l'Ostuni, sui rilievi:

- che a norma dell'art. 71 della L. n. 392 del 1978 il rapporto, in corso alla data di entrata in vigore della legge e con scadenza convenzionale al 30 aprile 1981, era stato prorogato di diritto sino al 29 aprile 1982;

- che l'accordo dell'aprile del 1981, col quale le parti avevano convenuto la rinnovazione della locazione per un triennio sul presupposto che essa dovesse cessare nel 1981, era nullo per contrasto con norma imperativa di legge che ne aveva già prorogato la scadenza al 30 aprile 1982;

- che alla scadenza del 30 aprile 1982 il contratto si era rinnovato, in mancanza di disdetta, per ulteriori sei anni ex art. 1597 c.c., e di ulteriori sei anni il 30 aprile 1990 ex art. 28, L. n. 392 del 1978;

- che al contratto erano applicabili gli artt. 28 e 29 della L. n. 392 del 1978, sicché era nullo per contrasto con norma imperativa anche il successivo accordo col quale, nel 1984, le parti avevano convenuto di rinnovare il contratto per tre anni.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione Giuseppina Oliveto sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso Antonio Ostuni.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Si duole la ricorrente - deducendo con unico motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 67 e 71 della legge n. 392 del 1978, nonché degli artt. 1322, 1596 e 1597 c.c. - che la Corte territoriale abbia ritenuto il rapporto regolato dagli artt. 1596 e 1597 c.c. alla scadenza fissata dall'art. 71 della L. n. 392 del 1978 (24 aprile 1982) e che non abbia considerato che, in base all'art. 67 della stessa legge, non era vietato alle parti di stipulare un nuovo contratto di locazione prima della scadenza del termine prorogato, così favorendo anche il passaggio dei rapporti locativi dal regime transitorio a quello ordinario.

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La circostanza che le parti avessero convenzionalmente stabilito, nel 1981, una durata di tre anni del nuovo contratto aveva comportato solo l'effetto dell'automatica sostituzione della durata legale di sei anni a quella convenzionale, sicché il nuovo rapporto sarebbe venuto a scadenza il 29 aprile 1987. Ma prima di tale data le parti avevano concluso un nuovo contratto di durata triennale dal 29 aprile 1984 al 29 aprile 1987, al quale pure doveva applicarsi la medesima regola, onde il rapporto locativo veniva a scadere il 29 aprile 1990 e, dunque, a seguito di rinnovazione tacita per uguale periodo in mancanza di disdetta, il 29 aprile 1996.

2.1. - La censura è infondata.

Questa Corte ha bensì statuito - come sostenuto dal ricorrente, che ha richiamato anche Cass. n. 7933 del 1991 - che la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 67 della legge n. 392 del 1978, a norma della quale è in facoltà delle parti di stipulare un nuovo contratto di locazione prima della scadenza stabilita dal primo comma dello stesso articolo per i contratti di locazione destinati ad uso non abitativo in corso alla data di entrata in vigore della legge sull'equo canone e soggetti a proroga, esprime un principio di carattere generale, applicabile anche ai contratti in corso non soggetti a proroga, come quello di specie.

Ma ha anche affermato che lo scopo della norma è quello di favorire l'immediato adeguamento del rapporto al regime ordinario, sottraendolo a quello transitorio (Cass. n. 1634 del 1992), e che la vicenda considerata dalla disposizione in esame si articola in due fasi, costituite rispettivamente dallo scioglimento, per mutuo consenso, del precedente rapporto locativo (la cui scadenza sia stata differita dagli artt. 67 e 71 della L. n. 392 del 1978) e dalla stipulazione di un nuovo contratto a regime ordinario (Cass. n. 7933 del 1991, già citata), con il quale venga stabilito quale termine finale del rapporto almeno quello minimo di cui all'art. 27 della L. n. 392 del 1978, con la rinnovazione automatica alla scadenza, a norma del successivo art. 28 (Cass. n. 8357 del 1987). Occorre, insomma, «che il nuovo contratto sia conforme alla disciplina del regime ordinario, che l'accordo sia espressione della volontà delle parti di assoggetare la locazione al regime ordinario attraverso il richiamo alle norme regolatrici degli ordinari rapporti locativi per uso non abitativo o una concreta disciplina corrispondente a quella di queste norme» (così Cass. n. 4027 del 1995, richiamata in memoria dal controricorrente; ma si veda anche, fra le altre, Cass. n. 8402 del 1993).

In difetto di tali connotazioni dell'accordo, l'autonomia negoziale delle parti non può dunque esplicarsi nel senso di incidere sui rapporti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 392 del 1978, la cui durata è stabilita da norme di carattere imperativo, che possono non ricevere applicazione solo se le parti stipulino, prima della scadenza prevista dagli artt. 67 e 71, «un nuovo contratto di locazione secondo le disposizioni del capo II, titolo I della presente legge».

2.2. - Nella specie è assolutamente pacifico che i contendenti hanno, prima della scadenza legale del 30 aprile 1982 (e di quella convenzionale del 30 aprile 1981), manifestato soltanto la volontà di «rinnovare» il medesimo rapporto per altri tre anni a decorrere dal 30 aprile 1981 con dichiarazione in calce allo stesso contratto, provvedendo esclusivamente all'adeguamento del canone, ma senza in alcun modo fare riferimento alla L. n. 392 del 1978 e non prevedendo una nuova disciplina della locazione conforme ai dettami della nuova legge.

Va pertanto escluso, sulla scorta degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, che ricorresse nella specie l'ipotesi novativa di cui all'art. 67, comma 3, della legge citata (applicabile, come s'è detto, anche ai contratti non soggetti a...

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