Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 8 settembre 1999, n. 10551 (ud. 14 giugno 1999). Pres. Tonini - Est. Grillo - P.M. Geraci (parz. diff.) - Ric. Brachetti Peretti ed altri.

Prevenzione infortuni - Sicurezza del lavoro - Nozione - Differenza con igiene del lavoro - Conseguenze - Fattispecie.

La nozione di «sicurezza» non coincide con quella di «igiene» del lavoro. Pertanto l'art. 6, comma 2, del D.L.vo 19 settembre 1994 n. 626, per il quale «sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza», non può essere interpretato - attesa anche la sua natura di norma penale in bianco - nel senso di una sua riferibilità anche alle norme in materia di igiene del lavoro; e ciò tanto più in quanto tali norme hanno come naturali destinatari soltanto i datori di lavoro e non soggetti diversi, quali sono quelli ai quali è diretto il summenzionato divieto. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza di merito con al quale era stata affermata la responsabilità dei legali rappresentanti di talune imprese petrolifere per avere, in violazione del citato art. 6, comma 2, del D.L.vo n. 626/94, in relazione all'art. 62 del medesimo decreto ed all'art. 20 del D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303, concesso in uso stazioni di rifornimento per l'erogazione, fra l'altro di benzina - prodotto classificato tossico e cancerogeno - senza l'adozione di provvedimenti volti a contenere l'esposizione dei lavoratori agli effetti nocivi del suddetto prodotto). (D.L.vo 19 settembre 1994, n. 626, art. 6) (1).

    (1) Questione nuova e di rilevante interesse, per la quale non risultano precedenti editi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Con la sentenza indicata in premessa, il Pretore di Torino affermava la penale responsabilità degli imputati sopra indicati, nelle menzionate loro qualità, in ordine ai reati - accertati dal marzo 1995 e permanenti al momento della decisione - di cui all'art. 6, comma 2, D.L.vo n. 626/1994, in relazione agli artt. 4 lett. c), 20 D.P.R. n. 303/1956 e 62, commi 1, 2, 3, D.L.vo n. 626/1994, per aver concesso in uso stazioni di rifornimento di carburanti non corrispondenti alla legislazione vigente, in quanto destinate all'erogazione di benzina (preparato classificato tossico e cancerogeno, a cui è attribuita la menzione R45 «può provocare il cancro», per la presenza di benzene in misura superiore allo 0,1% in peso) in assenza dei provvedimenti necessari per contenere l'esposizione dei lavoratori (eliminazione o riduzione della presenza di benzene nella benzina; ricorso ad un sistema chiuso; provvedimenti atti ad impedire l'esposizione dei lavoratori, o a ridurla al più basso valore tecnicamente possibile, quali dispositivi atti a consentire il recupero dei vapori di benzina emessi in fase di erogazione, sistemi self-service di erogazione del carburante pre e post pagamento, idonee dotazioni di sicurezza per la protezione dei singoli lavoratori).

Gli imputati Brachetti, Capra, Raminella, Shields, Grea, Sgorbini, Garzilli e Del Conte venivano condannati alla pena di lire 120.000.000 di ammenda ciascuno, mentre gli altri a quella di lire 150.000.000 di ammenda ciascuno, disponendosi nel contempo da parte del pretore la trasmissione degli atti al competente procuratore della Repubblica per iniziare nuova azione penale nei confronti dei prevenuti, non essendo ancora cessata la permanenza del reato de quo.

  1. - Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione tutti gli imputati, con dodici distinti atti di impugnazione. Qualcuno di essi ha ad oggetto anche le ordinanze dibattimentali 20 dicembre 1995 e 17 febbraio 1996.

    All'udienza del 3 dicembre 1998 il processo veniva rinviato a nuovo ruolo, su istanza di alcuni difensori, per attendere un'imminente decisione della Corte di giustizia delle Comunità europee, avente ad oggetto questioni rilevanti ai fini del presente giudizio.

    2.1. - Brachetti e Capra, rispettivamente presidente ed amministratore delegato della «Api Spa», deducono col ricorso l'erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b c.p.p. in relazione all'art. 6 D.L.vo n. 626/1974), per essere stati ritenuti responsabili della violazione di obblighi posti - dagli artt. 20 D.P.R. n. 303/1956 e 60, 61, 62 D.L.vo n. 626/1994 - a carico del «datore di lavoro», pur essendo essi solo «concedenti in uso» di impianti di erogazione di carburanti e «fornitori» del prodotto, e pur riferendosi il menzionato art. 6 soltanto alle disposizioni vigenti in materia di «sicurezza» del lavoro e non anche a quelle relative all'«igiene» del lavoro; peraltro rilevano che la regolamentazione su scala nazionale del tenore di benzene nei carburanti, come quella del recupero dei vapori degli stessi, non è lasciata all'iniziativa delle singole società petrolifere, ma è un problema di rilevanza europea, collegato ad una politica di investimenti tecnologici interessanti le raffinerie e comunque non di pronta soluzione sotto il profilo temporale.

    Con memoria successiva, i predetti imputati si dolgono altresì della violazione dell'art. 606 lett. b) c.p.p. (erronea applicazione di legge) in relazione al menzionato art. 6 D.L.vo n. 626/1994, nonché alla L. n. 413/1997, entrata in vigore tra la pronuncia della sentenza ed il deposito della motivazione di essa, che - scadenzando i termini per la riduzione del benzene nei carburanti e per l'adozione dei dispositivi di recupero dei vapori di benzina - ha evidenziato ancor più l'inaccettabilità dell'equiparazione, affermata in sentenza, tra «fornitore» del prodotto e «datore di lavoro», così pure dell'affermazione che, nel tempo concesso per l'adeguamento, possa configurarsi una condotta antigiuridica del destinatario degli obblighi.

    2.2. - Garrone, D'Arpizio e Velani, rispettivamente presidente, vice presidente ed amministratore delegato della «Erg Petroli Spa», deducono: 1) erronea applicazione della legge penale, in quanto, per effetto della L. n. 413/1997, il fatto in questione non è previsto dalla legge come reato; invero la nuova regolamentazione della materia non consente più di integrare il precetto dell'art. 6 D.L.vo n. Page 836 626/1994 con le disposizioni del successivo art. 62, sanzionato penalmente, giacché la mancata riduzione del tasso di benzene nei termini normativamente stabiliti concreta ora soltanto una violazione amministrativa; 2) liceità del fatto contestato, in quanto - essendo istantaneo il reato di concessione in comodato di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti - detto reato non avrebbe potuto ipotizzarsi nel caso in esame, essendo la menzionata concessione anteriore all'entrata in vigore del D.L.vo n. 626/1994 (1 marzo 1995); 3) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in quanto l'art. 6 in questione non fa riferimento agli artt. 4 lett. c) e 20 D.P.R. n. 303/1956, perché l'obbligo giuridico che fa capo al concedente in uso riguarda esclusivamente l'impianto e non le modalità e le condizioni del suo uso o le sostanze che vengono impiegate per alimentarlo, ed inoltre - come tutte le norme in bianco - l'art. 6 non può essere riempito con norme che contengono un'autonoma sanzione penale; 4) erronea applicazione della legge penale per avere il pretore ritenuto sussistente, a carico del concedente in uso, un obbligo (quello di cui all'art. 62, comma 3, D.L.vo n. 626/1994: riduzione del livello di esposizione dei lavoratori al valore più basso tecnicamente possibile) che non aveva, al momento della concessione, essendo stata essa effettuata prima dell'entrata in vigore del detto decreto; omessa motivazione circa la concreta possibilità di adottare i c.d. sistemi pre e post pagamento, data per scontata in sentenza; 5) mancanza di motivazione circa la riferibilità delle omissioni contestate al presidente della società, dott. Garrone, non munito di alcun potere operativo e quindi non identificabile col datore di lavoro.

    2.3. - Garrone, con autonomo ricorso, solleva poi questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 de quo, nel caso che, effettivamente, l'espressione «disposizioni legislative e regolamentari in materia di sicurezza» vada riferita - come ritiene il pretore - non solo alle norme in materia di prevenzione infortuni, ma anche a quella sull'igiene del lavoro, giacché il rinvio contenuto nella detta norma delimita l'ambito delle condotte sanzionate penalmente rispetto a quelle ritenute semplici violazioni amministrative. La detta norma, invero, contrasterebbe con l'art. 25, comma 2, Cost. appunto nella parte in cui non specifica se le disposizioni in materia di sicurezza ricomprendano solo il settore della prevenzione infortuni o anche quello dell'igiene del lavoro, mediante una non consentita interpretazione integrativa della fattispecie.

    2.4. - Monniello, presidente ed amministratore delegato della «Fina Italiana Spa», lamenta: 1) mancata sospensione dell'esercizio dell'azione penale, ai sensi degli artt. 19-25 D.L.vo n. 758/1994, fino all'esito della procedura incidentale di «prescrizione», in quanto egli era stato iscritto nel registro degli indagati solo il 7 giugno 1995, quindi successivamente all'entrata in vigore della detta normativa, per cui aveva diritto a ricevere la «prescrizione» dall'organo di vigilanza, con la possibilità di ottemperare ad essa ed estinguere così il reato; 2) inosservanza e violazione degli artt. 516 e 178, comma 1 lett. b), c.p.p., con conseguente nullità - ex artt. 522, comma 1, e 180 c.p.p. - della nuova contestazione e della sentenza, in quanto all'udienza del 20 dicembre 1995 il P.M. aveva proceduto a nuova contestazione (non avere l'imputato fornito idonee dotazioni di sicurezza per la protezione dei singoli lavoratori) immediatamente dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, e quindi prima dell'inizio dell'istruzione...

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