Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 26 ottobre 1999, n. 12186 (ud. 30 settembre 1999). Pres. Pioletti - Est. De Maio - P.M. Siniscalchi (conf.) - Ric. Bosso.

Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Scarico da insediamento produttivo - Nozione - Fattispecie.

In tema di scarico da insediamento produttivo di cui all'art. 21 L. n. 319/76 (coincidente con lo scarico di acque reflue industriali di cui all'art. 59 del D.L.vo n. 152/99) è da rilevarsi che per scarico deve intendersi il liquido proveniente dall'insediamento produttivo nella sua totalità, e cioè nell'inscindibile composizione dei suoi elementi confluenti nel corpo ricettore, a nulla rilevando che parte di esso sia composto da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli dei servizi igienici o delle acque meteoriche immesse in un unico corpo ricettore. (Nella specie, lo scarico risultava dal percolamento intrinseco di vinacce e ceneri depositate sul terreno e dal dilavamento di tale complessivo materiale per effetto delle acque meteoriche). (Mass. redaz.). (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59) (1).

    (1) In senso conforme, v. Cass. pen., sez. III, 30 marzo 1990, Gozza, in questa Rivista 1991, 301 e Cass. pen., sez. III, 6 dicembre 1984, Baumann, in Rep. La Tribuna 1986, 176. Cfr., altresì, la rassegna di giurisprudenza, voce Scarico, contenuta ne Il codice della tutela delle acque (a cura di S. MAGLIA e O. DEL BARBA), Ed. La Tribuna, Piacenza 1999, p. 1100. Sulla disciplina introdotta dal recente D.L.vo n. 152/1999, si segnala, tra i primi commenti, M. SANTOLOCI e S. MAGLIA, La nuova normativa sull'inquinamento idrico, in questa Rivista 1999, 519.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con sentenza in data 22 luglio 1998 del Pretore di Casale Monferrato, Bosso Pierluigi fu condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di lire 2.200.000 di ammenda perché riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 21 comma 1 L. 319/76 («perché, in qualità di legale responsabile della ditta Distillerie Bosso srl, depositando sul terreno prospiciente la distilleria un cumulo di vinacce derivante dalla distillazione nonché un cumulo di ceneri dalle quali percolava liquame ristagnante sul terreno circostante conseguenza del dilavamento del materiale di cui sopra provocato dalle acque meteoriche, effettuava uno scarico di acque provenienti da insediamento produttivo senza la preventiva autorizzazione», acc. in Cunico il 26 giugno 1996).

Tale sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione dal difensore dell'imputato, il quale ha dedotto due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, concernendo entrambi l'esattezza o meno della nozione di scarico, alla stregua della quale il primo giudice ha affermato la responsabilità dell'imputato. Con il primo motivo, infatti, è stata denunciata inosservanza o erronea applicazione degli artt. 21 L. 319/76 e 40 c.p., sotto il profilo che «il concetto di scarico è da intendersi quale sostanza liquida o comunque convogliabile nei corpi ricettori in condotta», mentre «vinacce e cenere non sono certamente sostanze liquide»; con il secondo motivo è stata, invece, denunciata mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, avendo il pretore (dopo contrastanti definizioni date del concetto di scarico) ricompreso nel concetto stesso anche le acque meteoriche «in contrasto con le già contrastanti definizioni rese nella parte motiva. . .».

Le censure sono infondate. Infatti, il Pretore, nel valutare la fattispecie sottoposta al suo esame, ha fatto richiamo, giuridicamente esatto e pertinente, alla copiosa e ormai consolidata interpretazione che questa Corte ha fornito della nozione di scarico. In particolare, in riferimento specifico all'attività contestata all'imputato (deposito di cumuli di vinacce derivanti dalla distillazione e di ceneri sul terreno prospiciente la distilleria), è stato ineccepibilmente rilevato che per scarico deve intendersi qualsiasi versamento di rifiuti, pur se riferito ad episodi eventualmente isolati e saltuari, a nulla rilevando lo stato, liquido o meno, dei rifiuti scaricati (Cass., sez. I, 22 settembre 1995, n. 9829). E già in precedenza questa Corte aveva sottolineato, del tutto esplicitamente, che il termine scarico non può essere riferito, con un'interpretazione riduttiva, soltanto ai rifiuti liquidi o idrosolubili, ma ricomprende anche i rifiuti solidi (Cass., sez. III, 13 novembre 1985 n. 10538). Va solo precisato che, in base a un principio generale (da ritenere tuttora in vigore, benché discendente dall'espressa previsione dell'art. 2 del D.P.R. 915/82, ora abrogato), allorché il deposito dei solidi abbia dato luogo (come nel caso in esame) a uno scarico di liquami, deve trovare applicazione la L. 319/76 e non la normativa sui rifiuti.

Quanto, poi, alla vera e propria singolarità della fattispecie (e cioè il percolamento di liquame ristagnante sul terreno in conseguenza del dilavamento del materiale accumulato dovuto alle acque meteoriche), il pretore, anche qui ineccepibilmente, ha richiamato l'indirizzo di questa Corte secondo cui, in tema di tutela delle acque dall'inquinamento, per scarico deve intendersi il liquido proveniente dall'insediamento produttivo nella sua totalità, e cioè nell'inscindibile composizione dei suoi elementi confluenti nel corpo ricettore, a nulla rilevando che parte di esso sia composto da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli dei servizi igienici o delle acque meteoriche immesse in un unico corpo ricettore. Nella specie, lo scarico risultava dal percolamento intrinseco di vinacce e ceneri depositate sul terreno e dal dilavamento di tale complessivo materiale per effetto delle acque meteoriche.

Nè, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, le due surriportate definizioni del concetto di scarico sono contrastanti, in quanto entrambe attengono alle concrete e specifiche modalità di formazione dello scarico, derivante (come già precisato) per una parte dai rifiuti solidi depositati sul terreno e dal loro percolamento intrinseco e per l'altra dalle acque meteoriche.

È, infine, stata denunciata (sia pure con motivo non autonomo) l'eccessività, «alla luce dei criteri di cui all'art. 133 Page 1094 c.p.», della pena irrogata. Trattasi di motivo inammissibile per la sua genericità (non è stata addotta altra ragione, oltre quella qui virgolettata) e per la manifesta infondatezza (essendo la pena stata irrogata in misura di gran lunga più prossima al minimo che al massimo edittale).

Deve, infine, essere precisato che né sul fatto, né sulla pena ha alcuna rilevanza lo ius novum rappresentato dal D.L.vo 11 maggio 1999 n. 152, in quanto si è trattato indiscutibilmente di uno scarico da insediamento produttivo, che coincide con lo scarico di acque reflue industriali di cui all'art. 59 D.L.vo cit. e, inoltre, la vecchia disposizione è certamente più favorevole, prevedendo la nuova la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (quest'ultima, oltre tutto, anche superiore nel minimo), mentre la vecchia prevedeva la sola ammenda.

Dovendo, in definitiva, sulla base dei rilievi che precedono ritenersi infondate le censure mosse, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 11 ottobre 1999, n. 11542 (ud. 3 giugno 1999). Pres. Tridico - Est. Fiale - P.M. Izzo (conf.) - Ric. Conti ed altro.

Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Impresa agricola - Liquami - Autorizzazione allo scarico - Mancanza - Limiti tabellari - Superamento - Configurabilità di reato anche ai sensi del D.L.vo n. 152/1999 - Sussistenza - Condizioni - Fattispecie.

Lo scarico non autorizzato di liquami provenienti da un allevamento di animali (nella specie, suini) ed il superamento dei limiti tabellari in tanto possono costituire reato, anche ai sensi del sopravvenuto D.L.vo n. 152/1999, in quanto risulti accertato che i suddetti liquami non siano assimilabili alle acque reflue domestiche, secondo le previsioni di cui all'art. 28, comma 7, lett. b), del citato D.L.vo n. 152/1999, in base alle quali l'assimilazione sussiste quando trattisi di liquami provenienti da impresa dedita all'allevamento del bestiame le quali dispongano di «almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento al netto delle perdite di stoccaggio e di distribuzione». (Mass. redaz.). (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152) (1).

    (1) In argomento, sebbene con riferimento alla disciplina di cui alla L. n. 319/1976, cfr. Cass. pen., sez. III, 23 luglio 1993, De Rocco, in questa Rivista 1994, 537; Cass. pen., sez. III, 19 aprile 1993, Melloni, ivi 1994, 321; Cass. pen., sez. III, 30 gennaio 1991, Riberi, ivi 1991, 1131; Cass. pen., sez. III, 23 giugno 1984, Mazzadi, in Giust. pen. 1985, II, 23 e Cass. pen., sez. III, 25 giugno 1983, Mellano, in questa Rivista 1984, 241. In dottrina, v., recentemente, L. MAZZA, Allevamento zootecnico, natura degli insediamenti ed onere probatorio, in Giur. agr. amb. 1999, 430. Per un'ampia disamina della riforma della tutela delle acque, introdotta con il D.L.vo n. 152/1999, v. S. MAGLIA e O. DEL BARBA, Il codice della tutela delle acque, Ed. La Tribuna, Piacenza 1999, p. 59 ss. Per ulteriori approfondimenti, v. M. SANTOLOCI e S. MAGLIA, La nuova normativa sull'inquinamento idrico, in questa Rivista 1999, 519.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza 16 settembre 1998 il Pretore di Forlì affermava la penale responsabilità di Conti Carlo e Barchi Giovanni in ordine al reato di cui:

- all'art. 21, primo e terzo comma, legge n. 319/1976 (per avere - il primo quale legale rappresentante della snc «Azienda agraria Selbagnone di Conti Carlo & C.», svolgente attività di allevamento di suini, ed...

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