Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 24 febbraio 2000, n. 2087. Pres. Sommella - Est. Finocchiaro - P.M. Marinelli (conf.) - Pettinelli (avv. Ussani D'Escobar) c. Schiantoni (avv. Baroni).

Canone - Morosità - Sanatoria - Ex art. 55 L. n. 392/1978 - Ambito di applicazione - Procedimento di convalida di sfratto per morosità - Applicabilità - Sussistenza - Azio ne ordinaria di risoluzione per inadempimento - Ammissi bilità.

Lo speciale istituto della sanatoria della morosità del conduttore, previsto e disciplinato dall'art. 55, L. 27 lugio 1978, n. 392, per le locazioni aventi ad oggetto immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, trova applicazione sia nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all'art.658 c.p.c., sia allorché la domanda per conseguire la restituzione dell'immobile sia stata introdotta dal locatore con un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento. (C.p.c., art. 658; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 55) (1).

    (1) Analogamente la recente Corte cost. 21 gennaio 1999, n. 3, in questa Rivista 1999, 53, la quale ha ritenuto possibile interpretare l'art. 55 cit. nel senso che la sanatoria in giudizio della morosità sia ammessa non solo nel procedimento di convalida di sfratto, ma anche nel giudizio ordinario di risoluzione per inadempimento. Ciò in contrasto con l'interpretazione costantemente fornita dalla S.C., la quale, prima della pronuncia in esame, si era sempre espressa nel senso di circoscrivere la sanatoria della morosità del conduttore al solo procedimento di convalida di sfratto per morosità. In tale ultimo senso, cfr. Cass. 7 agosto 1996, n. 7253, ivi 1996, 891; Cass. 29 novembre 1994, n. 10202, ivi 1995, 447; Cass. 12 febbraio 1991, n. 1451, in Arch. civ. 1991, 1321; Cass. 23 ottobre 1989, n. 4292, ivi 1990, 739 e Cass. 5 luglio 185, n. 4057, in questa Rivista 1980, 680. In linea con l'orientamento da ultimo citato v. anche Corte cost. 22 gennaio 1992, n. 2, ivi 1992, 28.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con citazione 1° luglio 1992 Schiantoni Andrea conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, Pettinelli Lorenzo, per sentire dichiarare risolto in via principale per fatto e colpa del conduttore Pettinelli, in via subordinata per lo spirare del termine di durata dello stesso, il contratto inter partes avente ad oggetto un appartamento in via F. Enriques n. 28, con condanna del convenuto al rilascio dell'immobile, al pagamento dei canoni arretrati e oneri condominiali nonché al risarcimento dei danni per il protrarsi dell'occupazione dell'immobile e per l'anticipata risoluzione del contratto.

Costituitosi in giudizio il convenuto contestava in toto le avverse pretese e chiedeva, in caso di accoglimento della domanda attrice, l'applicazione dell'art. 55 della L. 27 luglio 1978, n. 392. Svoltasi l'istruttoria del caso il tribunale, con sentenza 12 dicembre 1994 - 3 marzo 1995 dichiarava risolto il contratto per grave inadempimento del Pettinelli, condannandolo al rilascio dell'immobile con fissazione della data di esecuzione, e condannava, altresì, lo stesso Pettinelli al pagamento dei canoni e oneri accessori insoluti, oltre interessi, rigettando, altresì, le ragioni fatte valere in causa da Venti Maria volontariamente intervenuta in causa quale promissaria acquirente dell'alloggio in forza di contratto stipulato con l'originario proprietario Spa Fata.

Gravata tale pronunzia dal Pettinelli sia nei confronti dello Schiantoni che della Venti che rimaneva contumace, la Corte di appello di Roma con sentenza 3 giugno 1997, deliberata il 10 giugno 1997 e pubblicata il 3 luglio 1997, rigettava l'appello, con condanna dell'appellante al pagamento delle spese di causa in favore dello Schiantoni.

Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso affidato a due motivi il soccombente Pettinelli.

Resiste, con controricorso, lo Schiantoni.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Assume, in limine, parte controricorrente che il ricorso dello Schiantoni è inammissibile perché mancante dei requisiti di cui all'art. 366, nn. 3 e 4 c.p.c., atteso che farebbe difetto, nel ricorso, l'esposizione, sia pure sommaria, dei fatti di causa, nonché la indicazione delle norme di diritto che si pretende siano state violate dal giudice del merito.

  1. - L'eccezione è infondata, sotto entrambi i profili in cui si è articolata.

    2.1. - I fatti di causa, risultano, infatti, esaurientemente esposti, nelle premesse, nonché nella parte motiva del ricorso.

    Risulta, in particolare, nel contesto del ricorso la trascrizione sia delle domande, in via principale e subordinata, proposte dallo Schiantoni nell'atto introduttivo del giudizio, sia delle difese svolte dal Pettinelli, per resistere alle avverse pretese, sia - infine - il contenuto della statuizione adottata dal tribunale.

    Contemporaneamente non può tacersi che il ricorrente, esposti dei motivi di censura fatti valere da esso concludente, nell'impugnare la sentenza dei primi giudici, ha sufficientemente riferito - sia nelle premesse, sia nell'esposizione dei motivi di ricorso - il contenuto della sentenza gravata.

    2.2. - Ancorché - inoltre - manchi una intitolazione dei motivi di ricorso con indicazione delle norme che si denuncia siano state violate dal giudice a quo, tali norme sono puntualmente elencate nella esposizione dei motivi di ricorso (artt. 657, 658, 663 e 665 c.p.c., nonché art. 55 della L. 3 maggio 1982, n. 203, in relazione agli artt. 3 e 25 Cost.).

    Deve concludersi, pertanto, che è stato osservato anche il precetto di cui all'art. 366, n. 4 c.p.c. circa l'onere, per il ricorrente, di indicare le norme di diritto su cui si fondano i motivi di ricorso.

  2. - Sempre in limine parte controricorrente denuncia - ancora - che il ricorso di controparte è inammissibile per essere fondato su censure rivolte alla sentenza di primo grado, anziché a quella di appello.

  3. - Il rilievo non coglie nel segno. Il ricorrente, infatti, dirige chiaramente le proprie censure non contro la sentenza di primo grado, ma contro quella di appello, vuoi per non avere rilevato, d'ufficio la incompetenza - per materia - del giudice adito a conoscere della controversia, vuoi, per Page 234 avere escluso - confermando la pronunzia dei primi giudici - l'applicabilità, alla presente vicenda dell'art. 55 della L. 27 luglio 1978, n. 392.

  4. - Precisato quanto sopra, si osserva che con il proposto ricorso il ricorrente denuncia, da un lato, la incompetenza per materia del giudice adito in primo grado, a conoscere della controversia, atteso che la domanda dello Schiantoni, ancorché recante il nomen iuris di atto di citazione per la domanda di risoluzione per inadempimento, andava qualificata come convalida di sfratto per morosità, con conseguente competenza del pretore (e non già del tribunale); dall'altro, la violazione dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, atteso che del tutto ingiustificatamente il primo giudice, e quello di appello - pur qualificata l'azione proposta dallo Schiantoni come domanda di risoluzione per inadempimento del contratto inter partes - hanno escluso l'applicabilità della richiamata disposizione in caso di giudizio ordinario di risoluzione del contratto di locazione di immobile adibito ad abitazione.

  5. - Il ricorso, inammissibile nella sua prima parte per carenza di interesse (a prescindere da ogni altra considerazione è certo - oltre ogni ragionevole dubbio - che nessun provvedimento provvisorio è stato adottato dal primo giudice, sulla domanda di rilascio, per cui è irrilevante che la prima fase del giudizio si sia svolta innanzi al tribunale e non, come pretende il ricorrente, innanzi al pretore), è - per contro - fondato nella sua seconda parte, alla luce delle considerazioni che seguono.

    Dispone in particolare l'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 che nell'ambito delle locazioni di immobili (adibiti ad abitazione) «la morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'art. 5 (della stessa legge n. 392 del 1978) può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio, se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice».

    Nel tempo, questa Corte regolatrice ha costantemente interpretato la disposizione nel senso che la speciale sanatoria della morosità del conduttore trova applicazione soltanto nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all'art. 658 c.p.c. e non pure quando sia introdotto un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, nel qual caso, ai sensi del comma 3 dell'art. 1453 c.c., non è consentito al conduttore adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della domanda (recentemente, in termini, Cass. 7 agosto 1996 n. 7253).

    Da ultimo, peraltro, la Corte costituzionale - andando di contrario avviso rispetto a quanto affermato in una precedente occasione (in particolare nella propria pronuncia Corte cost. 22 gennaio 1992 n. 2) - ha ritenuto non fondata, nei sensi di cui in motivazione, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui consente al conduttore che non ha adempiuto al pagamento del canone e degli oneri accessori, previsti per le locazioni di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, di versare alla prima udienza l'importo dovuto e le spese liquidate dal giudice, in tale modo escludendo la risoluzione del contratto di locazione solo nel procedimento sommario per convalida di sfratto e non nell'ordinario procedimento di risoluzione del contratto per inadempimento, nel quale, secondo la regola comune, dalla data della domanda di risoluzione, il debitore inadempiente non può adempiere la propria obbligazione.

    La previsione della facoltà di sanare la morosità in giudizio e la...

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