Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 12 luglio 2000, n. 9234. Pres. Garofalo - Est. Mazziotti Di Celso - P.M. Golia (conf.) - Dagnoni (avv. Mordenti) c. Condominio via Pitteri 111, Milano (avv.ti Selvaggi e Junginger).

Impugnazioni civili in genere - Notificazione - Dell'atto di impugnazione - Luogo di notificazione - Omessa notifica della sentenza - Impugnazione entro l'anno dalla pubblicazione della sentenza integrato dal periodo di sospensione feriale - Notifica alla parte personalmente - Inammissibilità. - Beni materiali - Pertinenze - Rapporto pertinenziale - Destinazione ed uso - Limitazione contrattuale - Ammissibilità - Limiti.

L'impugnazione non preceduta dalla notifica della sentenza impugnata e successiva all'anno dalla pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per effetto della sospensione feriale, va notificata in uno dei luoghi indicati dal primo comma dell'art. 330 c.p.c. e, quindi, anche alla parte presso il procuratore costituito e non a detta parte personalmente. (C.p.c., art. 327; c.p.c., art. 330) (1).

In tema di pertinenze, è ben possibile limitare contrattualmente la destinazione e l'uso di un bene, assegnato in modo durevole a servizio o ornamento di un'altra cosa, purché rimanga salva la funzione e la natura pertinenziale del bene. (Nella specie è stata confermata la sentenza di merito che, in applicazione del divieto di modifica di destinazione imposto dal regolamento condominiale contrattuale, aveva dichiarato il condomino obbligato al rispetto della destinazione originaria a deposito del solaio, pur se pertinenza dell'appartamento di sua esclusiva proprietà, adibito ad abitazione). (C.c., art. 817; c.c., art. 818) (2).

    (1) Nello stesso senso, cfr. Cass. 3 febbraio 1998, n. 1043, in Arch. civ. 1998, 1405 e Cass. 4 dicembre 1997, n. 12311, ivi 1998, 1133.

(2) Non si rinvengono editi precedenti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato il 25 ottobre 1990 il condominio dell'edificio sito in Milano alla via Pitteri 111 conveniva in giudizio Dagnoni Mario per sentir: a) accertare l'obbligo del convenuto al rispetto della primitiva destinazione del sottotetto con conseguente possibilità del condominio di inibirgli qualsiasi attività tesa a realizzare un mutamento di destinazione da solaio ad abitazione; b) in subordine accertare le opere necessarie per tale mutamento di destinazione senza pericolo per le strutture dell'edificio e per i condomini.

Il convenuto si costituiva e sosteneva l'infondatezza della avversa domanda che l'adito Tribunale di Milano rigettava con sentenza avverso la quale il condominio soccombente proponeva appello.

Il Dagnoni resisteva al gravame che la Corte di appello di Milano accoglieva con sentenza 21 gennaio 1997 con la quale, in riforma dell'impugnata decisione, veniva dichiarato l'obbligo dell'appellato di osservare la destinazione originaria a «solaio» del locale di sua proprietà con inibizione di uso difforme. Osservava la corte di merito: che, come accertato dall'espletata ctu, il Dagnoni aveva fatto eseguire nel vano sottotetto di sua proprietà alcune opere; che il condominio aveva contestato l'affermazione del tribunale relativa all'asserita inesistenza del contrasto tra il diverso utilizzo del locale sottotetto e quanto disposto dall'articolo 9 del regolamento condominiale; che, secondo l'appellante, in base a tale norma regolamentare il Dagnoni poteva usare il locale per la finalità per cui era stato costruito, ossia come «solaio» e, cioè, «intercapedine tra il tetto e la prima unità immobiliare»; che il «solaio» in questione costituiva pertinenza dell'appartamento dell'appellato ed era quindi soggetto al regime di cui all'art. 818 c.c.; che tuttavia il detto locale aveva una destinazione diversa da quella dell'abitazione in quanto adibito originariamente a servizio della stessa come deposito; che pertanto non poteva ritenersi irrilevante il dettato del regolamento condominiale con il quale i singoli condomini si erano reciprocamente impegnati a rispettare, nell'utilizzo dei locali di loro proprietà, la destinazione originaria; che, di conseguenza, doveva essere inibito al Dagnoni l'utilizzo del locale di sua proprietà come abitazione perché contrario al vincolo contrattuale del regolamento; che la detta pronuncia assorbiva ogni altro motivo di appello del condominio.

La cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano è stata chiesta da Dagnoni Mario con ricorso affidato a due motivi. Il condominio ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Preliminare è l'esame dell'ammissibilità del ricorso con riferimento alle eccezioni, sollevate dal condominio resistente, relative alla ritualità della procura rilasciata al difensore a margine dell'atto (in quanto priva del requisito della specificità) ed alla tempestività della proposizione del ricorso in quanto notificato, oltre l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non presso la parte personalmente ma al domicilio eletto presso il procuratore della medesima costituito nel giudizio a quo.

Le dette eccezioni sono infondate.

In relazione alla prima è sufficiente osservare che è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui il requisito della specialità della procura previsto dall'articolo 365 c.p.c. può essere ravvisato, indipendentemente dal tenore delle espressioni usate nella redazione dell'atto, per il solo fatto che - come nella specie - la procura sia apposta a margine del ricorso, venendo in tal caso a costituire un corpo unico ed inscindibile con il ricorso stesso, escludendosi perciò ogni dubbio sulla volontà della parte (sentenze 8 settembre 1999 n. 9507; 4 giugno 1999 n. 5519; 29 aprile 1999 n. 4299). Peraltro la procura al difensore apposta a margine del ricorso per cassazione con espressioni generiche, che tuttavia non escludono univocamente la volontà della parte di proporre ricorso per cassazione, deve ritenersi in dubbio speciale e non generica, in applicazione del principio interpretativo di conservazione Page 708 dell'atto giuridico (art. 1367 c.c.) di cui è espressione l'art. 159 c.p.c. per gli atti processuali.

In relazione all'altra eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal condominio è appena il caso di rilevare che, come più volte affermato da questa Corte, l'impugnazione non preceduta dalla notifica della sentenza impugnata e successiva all'anno dalla pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per effetto della sospensione feriale, va notificata in uno dei luoghi indicati dal primo comma dell'art. 30 c.p.c. e, quindi, anche alla parte presso il procuratore costituito e non a detta parte personalmente (tra le ultime, sentenze 3 febbraio 1998 n. 1043; 4 dicembre 1997 n. 12311; 27 agosto 1997 n. 8071).

Il ricorso è quindi ammissibile.

Con il primo motivo di ricorso il Dagnoni, denunciando violazione e falsa applicazione della legge 47/85 in relazione all'articolo 818 c.c., deduce che la decisione del giudice di secondo grado è viziata dall'errata valutazione delle prove testimoniali e dell'esperita ctu. Ad avviso del ricorrente la corte di appello, nell'affermare che esso Dagnoni aveva trasformato il solaio in abitazione concedendolo in locazione, non ha esaminato gli atti di causa e si è limitata a considerare come prova una semplice dichiarazione del condominio. Peraltro il locale in questione rientra tra i beni di cui all'articolo 817 c.c. per cui, in base a quanto disposto dall'articolo 1122 c.c., esso ricorrente poteva svolgere nel vano tutti i lavori non contrari alla normativa pubblicistica ed al regolamento di condominio. Nella specie si tratta di lavori non soggetti a sanatoria edilizia in quanto inidonei a modificare la destinazione dell'unità immobiliare.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione «in merito alla inibizione ed all'assorbimento dei motivi di appello». Deduce il Dagnoni che il solaio può assumere diverse caratteristiche e può essere - come appunto nella specie - una «soffitta», ossia un vano inabitabile utilizzabile come deposito o stenditoio. La corte di appello ha invece ritenuto di inibire l'esercizio di fatto di una potestà che esso ricorrente non ha mai posto in essere. Inoltre, ad avviso del Dagnoni, è evidente il difetto di motivazione con riferimento alla ripartizione delle spese di causa - non comprendendosi se le altre domande proposte dal condominio siano state respinte nel qual caso sarebbe stato logico compensare le spese giudiziali.

Le dette censure, da esaminare congiuntamente per la loro connessione ed interdipendenza, sono infondate.

Occorre premettere che, come risulta dalla parte narrativa che precede, con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado il condominio resistente ha chiesto «l'accertamento» dell'obbligo del Dagnoni al rispetto della originaria destinazione del sottotetto con conseguente «possibilità» per esso condominio di inibire il mutamento della destinazione da solaio ad abitazione. Tale richiesta è stata accolta dalla corte di appello la quale, con l'impugnata sentenza, ha «dichiarato» l'obbligo del Dagnoni di osservare la destinazione originaria a solaio del locale in questione con inibizione di un uso difforme.

Per giungere a detta conclusione il giudice di secondo grado non ha ritenuto necessario accertare l'effettiva destinazione del solaio ad abitazione o l'avvenuta locazione del vano in questione, né ha disposto l'eliminazione delle opere eseguite dal Dagnoni all'interno del locale. La corte di merito ha posto a base della sua decisione la soluzione della questione - dibattuta tra le parti ed oggetto sostanziale della lite - circa l'interpretazione e l'ambito di applicazione dell'art. 9 del regolamento condominiale, di natura contrattuale, concernente il divieto di utilizzo delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini per finalità diverse da quelle per le quali le dette unità immobiliari «vennero...

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