Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine125-144

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 5 gennaio 2000, n. 4474 (c.c. 6 dicembre 1999). Pres. Frangini - Est. Bianchi - PM (illeggibile) - Imp. P.G. in proc. Baldazzi

Patente - Revoca e sospensione - Sospensione - Provvedimento dell'autorità giudiziaria - Durata - Determinazione - Computo del periodo di sospensione disposto dal prefetto - Esclusione - Cumulabilità in sede esecutiva dei due periodi - Esclusione.

Il giudice, nel disporre la sospensione della patente di guida ai sensi dell'art. 222 c.s., deve determinarne la durata senza computare il periodo dell'eventuale sospensione provvisoria già disposta dal prefetto; periodo il quale dovrà però essere detratto dalla durata effettiva della sanzione, allorché questa verrà posta in esecuzione. (Mass. redaz.). (Nuovo c.s., art. 222) (1).

    (1) La sentenza citata in motivazione Cass. pen., sez. un., 21 luglio 1998, Bosio, trovasi pubblicata in questa Rivista 1999, 231. Nel senso che in sede di esecuzione, non potendosi ritenere i diversi periodi di sospensione cumulabili, si deve tener conto del periodo di sospensione imposto dal prefetto ed il relativo tempo deve essere detratto da quello stabilito dal giudice, v. Cass. pen., sez. IV, 2 marzo 1999, D'Amico, ivi 1999, 796.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con la sentenza indicata in epigrafe, il Gip presso la Pretura di Rimini applicava, ex art. 444 c.p.p., la pena concordata dalle parti per il reato di cui all'art. 186, comma 2 c.s. (guida in stato di ebbrezza), disponendo la «sospensione della patente di guida per giorni quindici da eseguire se non eseguita in sede amministrativa».

Ricorre per cassazione il procuratore generale deducendo erronea applicazione della legge penale in quanto il pretore nell'infliggere la sanzione amministrativa accessoria non poteva tenere conto, per la sua durata, della sospensione provvisoria di natura cautelare disposta dal prefetto. Una tale interpretazione, secondo il ricorrente, sarebbe contraria a quanto di recente statuito dalle sezioni unite di questa Corte che, nel ribadire che la sospensione della patente deve essere necessariamente applicata anche in caso di procedimento ex art. 444 c.p.p., hanno altresì affermato il principio in base al quale il periodo della sospensione provvisoria della patente di guida di competenza prefettizia non può essere computato nella determinazione della durata della sanzione definitivamente applicata dal giudice penale (sez. un., ud. 27 maggio 1998, Bosio, rv. 210983).

Il ricorso è infondato.

Ritiene il collegio che l'impugnazione proposta sia frutto di una erronea ricostruzione della fattispecie in esame e di una inesatta interpretazione del principio al riguardo fissato dalle sezioni unite.

Queste ultime, nella sentenza sopra citata, si sono espresse nei seguenti termini: «Infondato è anche l'altro motivo del ricorso, con il quale viene censurata l'impugnata sentenza per violazione di legge, in quanto il giudice, nel determinare la durata in mesi sei della sospensione della patente di guida, non ha computato il periodo di sospensione disposto con provvedimento prefettizio separato. Come è stato recentemente confermato dalla Corte costituzionale (in tre ordinanze nella stessa data 6-13 maggio 1998, nn. 167, 168, 169), la sospensione provvisoria della patente di guida, disposta dal prefetto, è un provvedimento amministrativo di natura cautelare, necessariamente preventivo rispetto all'applicazione della sanzione accessoria da parte del giudice penale o dello stesso prefetto in caso di estinzione del reato o di improcedibilità per il reato connesso a violazione stradale.

Cioè, tale misura cautelare - preceduta dal ritiro della patente da parte dell'organo che contesta la violazione stradale nell'immediatezza del fatto - è «strumentalmente e teleologicamente tesa a tutelare con immediatezza l'incolumità e l'ordine pubblico, impedendo che il conducente di un veicolo, il quale si sia reso responsabile di fatti configurabili come reati inerenti alla circolazione, continui nell'esercizio di un'attività palesantesi come potenzialmente creativa di ulteriore pericolo», e quindi si pone, rispetto all'altra, su un piano diverso (come già affermato dalla stessa Corte, con ord. n. 184 del 1997, e nello stesso senso, peraltro, è la consolidata giurisprudenza dei giudici amministrativi). La differenza di finalità e presupposti tra il provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria e la sanzione accessoria della sospensione della patente applicata dal giudice penale (od in caso di estinzione del reato dal prefetto), ad esito dell'accertamento della violazione del codice stradale, rendono impossibile, perciò, computare il periodo della sospensione provvisoria nella determinazione della durata della sanzione amministrativa definitivamente applicata».

Risulta dunque che il Supremo Collegio, nel rigettare lo specifico motivo di gravame proposto, ha avuto riguardo unicamente al momento in cui il giudice penale determina la sanzione accessoria e, relativamente ad esso, ha affermato in modo pienamente condivisibile, l'autonomia della statuizione del giudice penale rispetto al precedente provvedimento con cui il prefetto sospende provvisoriamente la patente. Ciò significa che il giudice penale non può esimersi dal disporre la sospensione della patente sul presupposto che tale misura sia già stata imposta dal prefetto né può fissarne la durata scomputando quella corrispondente al periodo di sospensione eventualmente già disposto dal prefetto. Egli dovrà invece determinare, con valutazione piena e autonoma, quale sia la durata che nella singola fattispecie deve avere la sanzione accessoria, tenuto conto, come ha osservato la sentenza Bosio, degli elementi indicati nell'art. 218, comma 2, del codice della strada. Si tratta in sostanza, sia pure con le dovute differenze, di un meccanismo non dissimile da quello che presiede ai rapporti tra carcerazione preventiva e pena inflitta dal giudice.

Ciò non toglie tuttavia, ed anche a tale riguardo vale il parallelo con la pena detentiva, che ci si debba porre il quesito della cumulabilità in sede esecutiva dei due periodi di sospensione rispettivamente inflitti dal prefetto e dal giudi-Page 126ce penale, questione sulla quale le sezioni unite non si sono espresse.

Proprio tale ultimo profilo è venuto in rilievo nella presente fattispecie, in quanto il giudice ha disposto la sospensione della patente per la durata di quindici giorni, prevedendo però che si desse esecuzione a tale misura solo ove la stessa non risultasse già eseguita in via amministrativa, e cioè solo ove la durata della sospensione non fosse già «consumata» per via dell'esecuzione del provvedimento prefettizio.

A tale riguardo il collegio ritiene di dover ribadire l'orientamento pacificamente in passato espresso da questa

Corte secondo il quale: «La sospensione della patente di guida è ordinata dal prefetto in via provvisoria e cautelare mentre l'applicazione definitiva, a seguito dell'accertamento di un reato nei casi previsti, spetta all'autorità giudiziaria. Ciò risulta dall'art. 223, comma 4, c.s., che prevede l'obbligo del cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza irrevocabile a trasmettere copia autentica al prefetto, il quale adotta il provvedimento di sospensione per la durata stabilita dall'autorità giudiziaria, detraendo il periodo di sospensione provvisoria» (sez. IV, sent. n. 6138/97, rv. 208532; sez. IV, sent. n. 3254, rv. 207880). Tale orientamento peraltro è stato ribadito anche di recente, alla luce della sentenza Bosio (sez. IV, ud. 15 dicembre 1998, D'Amico, rv. 213224) disponendosi che in sede di esecuzione i due periodi non sono cumulabili e che pertanto in tale sede si deve tenere conto del periodo di sospensione imposto dal prefetto ed il relativo tempo deve essere detratto da quello stabilito dal giudice.

La decisione del Pretore di Rimini che a tale principio si conforma non merita dunque censura (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 26 novembre 1999, n. 13180. Pres. Rocchi - Est. Adamo - P.M. Morozzo Della Rocca (parz. diff.) - Soc. Banca Monte dei Paschi di Siena (avv. Cappelli) c. Cittadini (n.c.)

Depenalizzazione - Applicazione delle sanzioni - Esecuzione forzata - Cartella esattoriale - Contenuto necessario - Limiti - Fondamento.

In tema d'esazione delle sanzioni amministrative da violazioni delle norme sulla circolazione stradale, la cartella esattoriale è finalizzata solo all'esazione della somma nei confronti di soggetto che si presume, secondo il regolare svolgimento del complesso iter previsto dal codice della strada e dalla legge n. 689 del 1981, sia stato posto a conoscenza dell'infrazione, con la contestazione o la notificazione del verbale di contravvenzione, ed abbia già ricevuto l'ordinanza-ingiunzione, atto questo che, contenendo l'irrogazione della sanzione, deve essere adeguatamente motivato con l'indicazione, oltre che dei particolari della condotta sanzionata, anche dell'autorità che abbia formato in concreto l'ordinanzaingiunzione. Da ciò consegue che sia sufficiente che la cartella contenga solo in sintesi gli elementi necessari e sufficienti affinché il destinatario possa individuare a quale infrazione si riferisca il pagamento richiesto ricollegando così infrazione e pagamento. (L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22) (1).

    (1) Nel senso che la cartella esattoriale, prevista dall'art. 25 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle finanze che non prevede la sottoscrizione dell'esattore, essendo sufficiente la sua intestazione per verificarne la provenienza nonché l'indicazione, oltre che della somma da pagare, della causale tramite apposito numero di codice, v. Cass. civ. 17 aprile 1998, n. 3911, in questa Rivista 1998, 655.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso depositato in cancelleria in data 12 ottobre 1995 Luigi...

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