Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 25 agosto 2000, n. 9254 (ud. 1 giugno 2000). Pres. Malinconico - Est. Rizzo - P.M. Izzo (diff.) - Ric. Mariotti.

Parte civile - Impugnazioni - Legittimazione e interesse - Assoluzione dell'imputato - Impugnazione del P.M. - Sussistenza - Impugnazione della parte civile - Mancanza - Possibilità per la parte civile di far valere pretese risarcitorie - Sussistenza.

In applicazione del principio dell'immanenza della costituzione di parte civile, sancito dall'art. 76, comma 2, c.p.p., ed avuto anche riguardo alla ratio dell'art. 601, comma 4, c.p.p., nella parte in cui prevede la citazione della parte civile «in ogni caso», ivi compreso addirittura quello che l'appello sia stato proposto dal «solo imputato contro una sentenza di proscioglimento», deve ritenersi che, pur quando la sentenza di assoluzione sia stata annullata su ricorso del solo pubblico ministero, il giudice di rinvio, nell'affermare la penale responsabilità dell'imputato, debba anche statuire sulle pretese risarcitorie della parte civile, non potendosi dire che sussista, in danno di quest'ultima, una preclusione derivante da giudicato parziale. (Mass. redaz.). (C.p.p., art. 601; c.p.p., art. 76) (1).

    (1) Questione controversa. Difforme, fra le altre, la sentenza Cass. pen., sez. un., 11 marzo 1999, Loparco, in questa Rivista 1999, 140, citata nella presente decisione, secondo cui la sentenza non impugnata dalla parte civile acquisterebbe autorità di cosa giudicata nei suoi confronti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza del 10 luglio 1996 il Pretore di Fermo, sezione distaccata di S. Elpidio a Mare, condannava Mariotti Primo alla pena di mese 1 di reclusione, quale responsabile del reato di cui all'art. 590 c.p. per avere, in data 31 agosto 1994, procedendo lungo la strada statale adriatica a bordo di una autovettura, investito per colpa Petric Koraljka che stava attraversando la carreggiata, cagionando alla stessa lesioni personali.

A seguito di appello dell'imputato, la Corte di appello di Ancona, con sentenza del 6 marzo 1998, assolveva il Mariotti con la formula perché il fatto non costituisce reato e revocava in conseguenza le statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado.

Contro la sentenza il procuratore generale proponeva ricorso per cassazione a questa Corte, con sentenza del 23 marzo 1999, annullava con rinvio la decisione impugnata in base al rilievo che il giudizio della corte di merito, secondo il quale l'attraversamento della strada da parte della Petric Koraljka era da considerare un fatto imprevedibile, era contraddetto dalle dichiarazioni rese ai verbalizzanti dalle donne che avevano avuto modo di assistere al verificarsi dell'incidente.

La Corte di appello di Perugia, quale giudice di rinvio, con sentenza del 12 novembre 1999, confermava la pronuncia di condanna emessa il 10 luglio 1996 dal pretore e, riconoscendo il concorso di colpa della vittima, riduceva la pena inflitta al Mariotti a giorni 20 di reclusione nonché a lire 300.000.000 la provvisionale, già liquidata dal primo giudice a favore della parte civile.

Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione ed anzitutto ha dedotto che la Corte di appello di Perugia, nell'affermare la sua responsabilità, non aveva indicato le ragioni per le quali l'attraversamento della strada da parte della Petric Koraljka era da ritenere un fatto prevedibile.

Ha poi lamentato che la corte territoriale aveva omesso di assumere le prove decisive da lui richieste.

Infine ha contestato le statuizioni civili contenute nella sentenza del giudice di rinvio sostenendo che la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di appello di Ancona era passata in giudicato per la parte civile dato che contro la stessa aveva proposto ricorso per cassazione soltanto il procuratore generale.

Con memoria depositata l'8 aprile 2000 il Mariotti ha chiesto, a norma dell'art. 613 c.p.p., la sospensione dell'esecuzione della condanna civile contro di lui promossa in forza della sentenza della Corte di appello di Perugia.

La parte civile, con memoria del 22 maggio 2000, ha chiesto il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Osserva la Corte che il primo motivo dedotto dal ricorrente è infondato.

Ed invero la sentenza impugnata afferma che l'incidente ebbe a verificarsi a causa della condotta colposa del Mariotti, con motivazione che non merita censura alcuna.

Il giudice di rinvio, pur attribuendo alla vittima un concorso di colpa nella causazione dell'incidente, per avere la stessa attraversato la strada di corsa, correttamente ha addebitato all'imputato di avere investito la Koraljka a causa di una sua negligente distrazione, rilevando che costui, in quanto stava percorrendo un tratto di strada ove sostavano diverse autovetture i cui conducenti indugiavano a parlare con le prostitute ivi presenti, avrebbe dovuto prevedere che qualcuno di tali soggetti poteva attraversare la carreggiata.

In ordine al secondo motivo dedotto dal ricorrente è da rilevare che lo stesso è inammissibile poiché il Mariotti non specifica le ragioni per le quali le prove non assunte avrebbero avuto carattere di decisività. Peraltro non può dirsi che il materiale probatorio in atti sia lacunoso poiché la Corte di appello di Perugia, in base alle prove acquisite, è stata in grado di ricostruire, nei suoi corretti termini, la dinamica dell'incidente.

Con l'ultimo motivo il ricorrente contesta le statuizioni civili contenute nella sentenza del giudice di rinvio sostenendo che la pronuncia di assoluzione emessa dalla Corte di appello di Ancona avrebbe autorità di cosa giudicata nei confronti della parte civile, essendo stata annullata dalla Corte di cassazione a seguito di ricorso proposto soltanto dall'organo di accusa.

Con tale motivo il Mariotti propone una questione di diritto sulla quale questa Corte ha avuto modo di esprimere opposti orientamenti. Page 496

Ed invero, mentre con alcune sentenze è stato affermato che la parte civile, anche se non ha proposto impugnazione, ha il diritto di partecipare ai diversi gradi del giudizio e di chiedere al giudice una pronuncia sulle sue richieste (Cass., sez. V, 21 ottobre 1999, Maellare ed altri; Cass., sez. V, 20 marzo 1997, Caratelli; Cass., sez. IV, 14 marzo 1996, Rocchetta; Cass., sez. IV, 31 maggio 1994, Platto), con altre sentenze è stato statuito che la parte civile, per ottenere dal giudice della impugnazione una pronuncia a lei favorevole, deve aver proposto autonomo gravame e non può avvalersi di quello presentato dal P.M. (Cass., sez. un., 11 marzo 1999, n. 5; Cass., sez. IV, 29 ottobre 1997, Marcelli; Cass., sez. III, 29 ottobre 1996, Pellinacci; Cass., sez. IV, 6 agosto 1993, Baccilieri).

In particolare le sezioni unite, con la citata sentenza n. 5/99, hanno affermato che, stante il principio della piena autonomia nell'ambito del processo penale dell'azione civile rispetto a quella penale, la sentenza non impugnata dalla parte civile acquista autorità di cosa giudicata nei suoi confronti, sicché il giudice dell'appello, se riforma la sentenza assolutoria di primo grado su gravame proposto soltanto dal P.M., non può pronunciarsi sugli interessi civili.

Dopo tale decisione è intervenuta altra pronuncia di questa Corte, quale quella del 21 ottobre 1999 sopra ricordata, che invece ha affermato il principio opposto.

Esaminata la questione, ritiene il collegio di non potere condividere l'avviso espresso dalle sezioni unite, in considerazione di quanto previsto dalle norme del codice di rito sugli effetti della costituzione di parte civile.

Anzitutto è da rilevare che non sussiste nel processo penale una piena indipendenza dell'azione civile rispetto a quella penale per cui non può essere una tale pretesa autonomia a legittimare il principio affermato dalle sezioni unite.

Una indipendenza dell'azione civile certamente si riscontra relativamente a tutte le questioni che concernono il danno e la sua entità.

Ma in ordine al fatto causativo del danno ed alla sua attribuibilità, sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo, all'imputato, il giudizio sulla pretesa risarcitoria è strettamente e direttamente dipendente dalla pronuncia sulla responsabilità penale, pacifico essendo che non è ipotizzabile che l'imputato assolto dal reato possa essere condannato a risarcire i danni alla parte civile.

Ma al di là di tale rilievo, è lo stesso codice di rito ad escludere una piena autonomia dell'azione civile.

Al riguardo è il caso di ricordare la norma di cui all'art. 574 u.c. c.p.p., la quale sancisce che la impugnazione dell'imputato contro la pronuncia penale estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno quando tale pronuncia dipende dal capo o punto impugnato, nonché la disposizione di cui all'art. 574 u.c. c.p.p., la quale stabilisce che il responsabile civile può impugnare anche le disposizioni della sentenza che riguardano la responsabilità penale dell'imputato.

Escluso, pertanto, che l'asserito principio, secondo il quale la parte civile che non ha impugnato non può chiedere ed ottenere nel successivo grado di giudizio una pronuncia a lei favorevole, possa trovare il suo fondamento in una pretesa piena autonomia del giudizio sulla responsabilità civile rispetto a quello sulla responsabilità penale, è da rilevare che un tale fondamento neppure può essere rinvenuto nella disciplina sull'effetto preclusivo del giudicato.

È pur vero che l'art. 648 c.p.p. sancisce che sono irrevocabili le sentenze contro le quali non è stata proposta impugnazione.

Ma un tale principio, certamente valido in via generale, soffre notevoli eccezioni, espressamente previste dal codice di rito, sia con riferimento ai soggetti che non hanno impugnato, sia con riferimento ai punti della sentenza che non sono stati oggetto di gravame.

Sotto il primo profilo è sufficiente considerare la disposizione di cui all'art. 587 c.p.p. sull'effetto estensivo dell'impugnazione e, sotto...

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