Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine245-281

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 7 febbraio 2001, n. 36 (c.c. 13 dicembre 2000). Pres. Vessia - Est. Gemelli - P.M. (diff.) - Ric. Madonia.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafiose - Sequestro e confisca dei beni - Provvedimento di confisca preceduto dal sequestro - Necessità - Limiti temporali di efficacia - Individuazione.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafiose - Sequestro e confisca dei beni - Provvedimento ablatorio successivo alla cessazione della misura personale - Condizioni di validità - Individuazione.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafiose - Sequestro e confisca dei beni - Annullamento per vizi formali del decreto di confisca - Nuova procedura di sequestro e confisca sugli stessi beni - Preclusione alla sua instaurazione - Individuazione.

In tema di misure di prevenzione patrimoniale, il provvedimento che dispone la confisca dei beni di cui non sia stata dimostrata la legittima provenienza deve necessariamente essere preceduto dal sequestro, ed è invalido qualora sia stato emanato oltre il termine perentorio di cui all'art. 2-ter, comma terzo, L. 31 maggio 1965 n. 575, decorrente dalla data dell'avvenuto sequestro. (L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter) (1).

In tema di misure di prevenzione patrimoniale, la procedura finalizzata al sequestro ed alla confisca dei beni di cui non sia stata dimostrata la legittima provenienza può essere legittimamente iniziata anche successivamente all'applicazione di una misura di prevenzione personale, purchè in costanza della sua esecuzione; in tal caso è indifferente il momento in cui la procedura si conclude, ben potendo il provvedimento ablatorio intervenire dopo la cessazione della misura personale, purchè nel rispetto del termine perentorio di cui all'art. 2-ter, comma terzo, L. 31 maggio 1965 n. 575, decorrente all'avvenuto sequestro. (L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter) (2).

In tema di misure di prevenzione patrimoniale, stante la natura della decisione che le applica, inidonea a determinare un giudicato in senso proprio, nessuna preclusione sussiste a che, annullato per vizi formali un decreto di confisca, si instauri, in costanza di esecuzione di una misura di prevenzione personale, una nuova procedura di sequestro e confisca sui medesimi beni oggeto del provvedimento annullato. (L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter) (3).

    (1) In aggiunta alle sentenze citate in parte motiva, si vedano Cass. pen., sez. V, 19 settembre 1997, Cantiello, in questa Rivista 1998, 532 e Corte app. pen. Palermo, sez. VI, decr. 1 aprile 1996, Molfettini, ivi 1996, 994.


    (2) Il contrasto giurisprudenziale al quale ha dato soluzione la pronuncia delle S.U. che si annota, risulta bene rappresentato dal richiamo in motivazione alle seguenti sentenze: Cass. pen., sez. I, 11 giugno 1999, Vernengo, ivi 1999, 745; Cass. pen., sez. I, 7 marzo 1989, Stelitano, ivi 1990, 86, Cass. pen., sez. I, 15 febbraio 1988, Molè, ivi 1989, 1207 e Cass. pen., sez. I, 28 novembre 1986, Nava, ivi 1987, 787. La sentenza Corte cost. 28 dicembre 1993, 465, si trova pubblicata in Giur. cost. 1993, 3821. In dottrina, si vedano U. DE CRESCIENZO, Il sequestro penale e civile, Ed. Utet, Torino 1997, 59 ss.; P. V. MOLINARI e U. PAPADIA, Le misure di prevenzione, Ed. Giuffrè, Milano 1994, 457 ss. e P. COMUCCI, Il sequestro e la confisca nella legge antimafia, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1985, 84.


    (3) Non risultano editi precedenti negli esatti termini. Si rinvia, per qualche utile ragguaglio in argomento, ai riferimenti giurisprudenziali citati nella nota precedente.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con decreto del 12 maggio 1999 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato il provvedimento di confisca dei beni appartenenti a Giuseppe Madonia, sottoposto a misura di prevenzione personale, emesso dal Tribunale di Caltanissetta il 5 aprile 1994 a seguito di sequestro del 21 luglio 1993.

La Corte ha respinto l'impugnazione con la quale era stata eccepita la nullità dei decreti di sequestro e di confisca in quanto reiterativi di analoghi provvedimenti emessi, rispettivmente, il 9 aprile ed il 17 dicembre 1985 ed annullati in sede d'impugnazione il 6 maggio 1991 per vizio di forma.

Avverso il decreto del 12 maggio 1999 la difesa del «prevenuto» ha proposto ricorso per cassazione censurando la violazione dell'art. 2 ter della legge 31 maggio 1965 n. 575 per essere stata ritenuta l'autonomia delle due misure adottate, mentre intercorre un rapporto di effettiva dipendenza; da ciò l'impossibilità da parte del pubblico ministero di reiterare la richiesta di un nuovo sequestro a causa della perenzione del precedente.

Con memoria del 21 aprile 2000 il ricorrente rinnova la critica al decreto impugnato, sostenendo l'inscindibilità tra cautela e provvedimento ablatorio, sicché anche il limite temporale previsto quale termine di efficacia del sequestro (art. 2 ter comma 3 legge cit.) costituisce condizione di validità della confisca; con la conseguenza che la reiterazione della misura disposta oltre il termine perentorio è nulla.

Con successiva memoria il difensore fa leva sul principio del giusto processo presidiato dall'art. 111 della Costituzione, che tra l'altro impone una durata ragionevole anche del procedimento di prevenzione, in armonia col principio stabilito dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Nel merito, il ricorrente censura la mancanza di motivazione sul collegamento tra beni confiscati e attuale pericolosità del prevenuto o accrescimento della stessa, nonché sul ritenuto non superamento della presunzione della provenienza illegittima degli stessi beni.

Il ricorso è stato assegnato alla V sez. pen., la quale ha rilevato un contrasto di giurisprudenza sul termine entro il quale può essere disposta la confisca. E, aderendo all'orientamento minoritario (sez. V, 20 novembre 1997, Laudani e sez. I, 28 novembre 1986, Nava), afferma di condividere la risposta interpretativa del giudice delle leggi (sentenza n. 465/93), che ancora l'avvio del procedimento di prevenzione patrimoniale alla misura personale in corso di esecuzione, utilizzando per la sua definizione il termine più lungo fraPage 246 quello previsto dal terzo comma e quello pevisto dal sesto comma dell'art. 2 ter.

L'orientamento di segno opposto (sez. I, 15 febbraio 1988, Molè; 7 marzo 1989, Stelitano e 11 giugno 1999, Vernengo), che fa leva sulla natura unitaria del procedimento di prevenzione patrimoniale che vede inscindibilmente connessi sul piano tecnico-giuridico e su quello operativo gli strumenti del sequestro e della confisca, afferma che la previsione del limite temporale si pone sia come requisito di efficacia della cautela che come condizione essenziale per la validità della successiva confisca. In particolare, la sentenza Vernengo dà un'interpretazione opposta alla sentenza Laudani sul suggerimento ermeneutico contenuto nella sentenza n. 465/93, propendendo per l'esclusione dell'autonomia tra le disposizioni di cui al terzo ed al sesto comma dell'art. 2 ter, sicché la norma va letta nel senso che il termine di cui al terzo comma ha natura perentoria e ultima di efficacia della cautela, condizionando contemporaneamente i limiti temporali dell'adozione del provvedimento di confisca.

Il P.G. presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, assumendo che il sequestro eseguito nel 1993, che scandisce il decorso del termine di cui al citato terzo comma, è autonomo rispetto a quello perentorio; e le vicende di quest'ultimo restano ininfluenti per il nuovo procedimento di prevenzione, non derivando alcuna preclusione dalla caducazione della misura originaria per vizi di forma, poiché la logica del sistema, che pur garantisce la ragionevole durata del sequestro, non tollera la permanenza nel circuito criminale di beni di provenienza illegittima nella disponibilità del soggetto pericoloso.

Il primo presidente aggiunto ha assegnato il ricorso alle sezioni unite fissando per la trattazione l'odierna udienza camerale.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - In ordine logico, la questione principale oggetto del ricorso attiene alla preclusione che sarebbe conseguita alla perenzione del primo procedimento di prevenzione nei confronti del Madonia per la nullità dichiarata dalla Corte di appello di Caltanissetta col decreto in data 6 maggio 1991.

L'assunto difensivo si basa sul carattere di mera reiterazione del secondo decreto di sequestro, cui conseguirebbe l'illegittimità del provvedimento per una sorta di giudicato che travolgerebbe anche la confisca, pur se adottata entro l'anno dal provvedimento di cautela: sarebbe stato violato, dunque, il principio del ne bis in idem.

  1. - Osserva la Corte che il sistema prevede come regola - salvo due eccezioni - il collegamento tra misura di prevenzione personale e misura di prevenzione patrimoniale. Una serie di disposizioni (artt. 1, 2, 2 bis, 2 ter, 3 ter L. n. 575/65 e succ. modif.) evidenzia la stretta dipendenza fra i due strumenti previsti per neutralizzare la pericolosità di tipo mafioso (o equiparato) tendendo a prevenire condotte illecite; sicché, nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni criminali il tribunale competente che ha emesso la misura di prevenzione personale ordina, anche di ufficio, il sequestro dei beni dei quali il «proposto» risulta poter disporre direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulti sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta, ovvero quando sulla base di sufficienti indizi si abbia motivo di ritenere ch'essi siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

    La confisca segue all'indimostrata legittima provenienza dei beni oggetto del sequestro da parte dell'interessato, sia quando la misura patrimoniale sia applicata contestualmente a quella personale, che quando sia adottata successivamente, purché prima della sua cessazione. Le sole eccezioni riguardano...

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