Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine473-488

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 12 aprile 2000, n. 4468 (ud. 4 gennaio 2000). Pres. Trojano - Est. Albamonte - P.M. Albano (diff.) - Ric. Araldi

Omissione o rifiuto di atti di ufficio - Elemento oggettivo - Comportamenti punibili - Sindaco - Omessa trasmissione ed occultamento di verbale di contravvenzione - Reato configurabile - Ipotesi di cui agli artt. 328 e 490 c.p. - Sussistenza.

Sono configurabili i reati di cui agli artt. 328, comma 1, e 490 c.p. nel comportamento di un sindaco il quale, ricevuto un verbale di contestazione di un'infrazione al codice della strada redatto da un vigile urbano, con relativa nota di trasmissione approntata dal vice comandante della polizia municipale, ometta di trasmettere il tutto al prefetto competente per l'applicazione delle previste sanzioni amministrative, occultando inoltre il suddetto verbale così da far venir meno la traccia documentale dell'infrazione accertata. (Mass. redaz.). (C.p., art. 490; c.p., art. 328) (1).

    (1) Nel senso di ritenere configurabile il reato di cui all'art. 328 c.p. per la condotta omissiva del sindaco, con riferimento ad una fattispecie in parte analoga, si veda Cass. pen., sez. VI, 8 luglio 1980, D'Anselmo, in Riv. pen. 1980, 699. Per riferimenti di carattere generale in ordine alla configurabilità del reato ex art. 490 c.p. in caso di occultamento di atto pubblico, v. Cass. pen., sez. V, 3 marzo 1999, Spaziano, ivi 1999, 335.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Araldi Massimo ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia, in data 3 giugno 1999, con la quale era stato confermato il giudizio di colpevolezza a suo carico, pur con riduzione della pena inflitta, in ordine ai reati di cui agli artt. 328, comma 1, e 490 c.p., commessi nella qualità di sindaco del comune di Casalmaggiore.

Era stato cioè addebitato all'Araldi di aver omesso di trasmettere alla Prefettura di Cremona il verbale di contestazione della violazione (art. 125) del codice della strada effettuata ad Ottolini Alessandro, nonché la patente di guida ritirata a costui dal vigile municipale all'atto della contestazione stessa. Aveva, inoltre, omesso di inoltrare, sempre alla prefettura, la nota del vice comandante della polizia municipale di trasmissione di tale documentazione.

Aveva, infine - secondo l'addebito - occultato il verbale di contestazione, facendo così venir meno la traccia documentale della violazione stradale accertata.

Nei motivi il ricorrente ha dedotto l'erronea applicazione dell'art. 328 c.p., non potendosi - a suo avviso - far rientrare negli atti inerenti alla sua funzione di sindaco la trasmissione della documentazione suddetta alla prefettura; l'erronea applicazione di entrambe le norme penali di cui alla contestazione, in quanto il fatto avrebbe integrato l'ipotesi prevista dall'art. 323 comma 1 nel testo precedente alle modifiche del 1997, cioè dell'abuso di ufficio privo dell'attributo della patrimonialità.

I motivi sono infondati; ed il ricorso va rigettato.

Quanto al primo motivo, osserva questo collegio che rientra nella competenza dell'ufficio di sindaco l'esercizio dei poteri inerenti alla complessiva funzione istituzionale dell'ente locale, cioè non solo quelli che costituiscono la funzione tipica del sindaco, e che attengono alla realizzazione degli scopi dell'ente (artt. 2 e 9 L. 8 giugno 1990 n. 142), ma anche quelli che concernono la gestione delle strutture organizzative, in modo attivo o di vigilanza, con riguardo a tutta la serie di attività di spettanza del comune. Nel cui ambito figura anche lo svolgimento dei compiti di rilevanza statale, quali quelli in materia di ordine e di sicurezza pubblica, i quali comportano per il sindaco attribuzioni sia attive che di vigilanza (art. 38 L.C.). Ed in tale ultima sfera di poteri va rapportata la materia che interessa il presente giudizio.

Va osservato, al riguardo, che il D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285, nel disciplinare l'applicazione delle sanzioni amministrative specifiche in materia di circolazione stradale di spettanza del prefetto (art. 218), quali la sospensione e la revoca della patente, prevede cadenze procedimentali che trovano inizio nell'atto di impulso dell'autorità che ha rilevato la violazione del codice della strada. Tale atto è però non solo strumentale all'avviso del procedimento, ma costituisce la sola fonte di conoscenza del fatto materiale in relazione al quale va esercitato il potere sanzionatorio da parte del prefetto, non essendo a questo dato accertare aliunde l'illecito da sanzionare.

Pertanto, appare di tutta evidenza l'importanza che va ad assumere il rapporto trasmesso dall'autorità competente in ordine alla trasgressione accertata; autorità da identificarsi, con riguardo all'attività di vigilanza in materia di circolazione stradale che ha la rappresentanza esterna dell'amministrazione, e che è capo dell'amministrazione, cioè nel sindaco.

Sicché non può porsi in dubbio sotto l'aspetto giuridico e fattuale che ogni condotta del sindaco, che interferisca con la legale e regolare instaurazione del procedimento in esame, costituisce una turbativa della continuità della funzione repressiva, soprattutto quando, come nella specie, è volta ad arrestare la fase di iniziativa.

La suddetta condotta costituisce violazione dei principi di legalità, di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione.

Principi, i suddetti, che presiedono l'attività ingenerale della pubblica amministrazione, ma che richiedono una avanzata tutela in una materia, come quella sanzionatoria, nella quale all'amministrazione viene conferito un potere ove è massima la valenza autoritativa, e che, in tanto trova giustificazione giuridica e consenso nella comunità amministrata, in quanto è diretto all'esclusivo scopo della tutela degli interessi pubblici primari ed al ripristino della legalità.

Pertanto, in vista dell'interesse tutelato, correttamente è stato contestato ed addebitato il reato di cui all'art. 328, con riguardo alla condotta che ha recato turbamento alla continuità dell'esercizio del potere autoritativo in questione, e che va apprezzata penalmente nella sua portata di arrestoPage 474 del procedimento sanzionatorio, senza poter subire dilatazione fattuale e giuridica secondo la fattispecie dell'abuso; e, così pure, il reato di cui all'art. 490 (occultamento di atto pubblico) con riguardo all'attività posta in essere dal ricorrente, per impedire definitivamente l'applicazione della sanzione amministrativa da parte del prefetto.

Né è dato ontologicamente e giuridicamente sussumere i fatti nell'abuso di ufficio come descritto nella precedente formulazione dell'art. 328, comma 1, in quanto essi rappresentano lesione di distinti interessi tutelati (quello inerente alla legalità dell'azione della pubblica amministrazione, e quello attinente alla conservazione dei documenti, nel loro contenuto autentico e nella stessa materialità, in quanto volti a formare oggetto della pubblica fede, quale presidio e stimolo della solidarietà sociale, economica e politica, e strumento per un corretto adempimento dei doveri sottesi alle regole della convivenza civile) (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 11 aprile 2000, n. 4603. Pres. Grossi - Est. Segreto - P.M. Russo (parz. diff.) - Soc. Geas Assicurazioni (avv.ti Lo Sardo e Signorello) c. Soc. Calcestruzzi Belice (avv.ti Aloisio e Benedetto) ed altri

Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni - Azione diretta nei confronti dell'assicuratore - Sinistro verificatosi in area privata - Esperibilità - Condizioni - Apertura dell'area ad un numero indeterminato di persone - Portata della prescrizione - Accertamento relativo - Giudice di merito - Devoluzione - Insindacabilità in Cassazione - Limiti - Fattispecie.

Il danneggiato da un sinistro stradale ha azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 e 18 legge n. 990 del 1969 soltanto per i sinistri cagionati da veicoli posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate, per tali ultime dovendosi intendere quelle aree che, ancorché di proprietà privata, sono aperte ad un numero indeterminato di persone, ossia sussista la possibilità, giuridicamente lecita, di accesso ad esse da parte di soggetti diversi dai titolari di diritti sulle stesse, non venendo meno l'indeterminatezza dei soggetti che hanno possibilità di accedere lecitamente alle suddette aree per il fatto che essi appartengano tutti ad una o più categorie determinate o che il loro accesso avvenga per particolari finalità e sotto specifiche condizioni; costituisce oggetto di apprezzamento di fatto, come tale devoluto al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione, l'accertamento in ordine alla concreta accessibilità dell'area al pubblico, come sopra intesa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ammesso l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore in relazione ad un incidente provocato da un'autobetoniera all'interno di un cantiere al quale avevano accesso tutti quelli che vi lavoravano, nonché quelli che avevano rapporti commerciali con l'impresa). (C.c., art. 1882; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18) (1).

    (1) Sulla nozione di area privata aperta alla circolazione, v. Cass. civ. 12 febbraio 1996, n. 1062, in questa Rivista 1996, 748; Cass. civ. 12 agosto 1995, n. 8846, ivi 1996, 547 e Trib. civ. Nocera Inferiore 5 agosto 1998, n. 268, ivi 1999, 136.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato il 6 aprile 1979, Gianmarinaro Salvatore, premesso che svolgeva l'attività di imprenditore edile e che il 25 giugno 1977 durante lavori di costruzione di un fabbricato in Mazara del Vallo, veniva colpito in cantiere da un grosso pezzo di ferro staccatosi dall'autobetoniera della Spa Calcestruzzi Belice, mentre scaricava calcestruzzo...

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