Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine617-663

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 24 maggio 2001, n. 18033 (ud. 13 marzo 2001). Pres. Pisanti - Est. Colla - P.M. Iacoviello (conf.) - Ric. Gremmo.

Omissione o rifiuto di atti di ufficio - Elemento oggettivo - Richiesta o ordine di compiere l'atto - Richiesta di documenti amministrativi - Requisiti - Connessione ad una situazione giuridica di diritto soggettivo od interesse legittimo - Necessità - Fattispecie.

Ai fini della configurabilità del reato di omissione di atti d'ufficio, la richiesta presa in considerazione dall'art. 328, comma 2, c.p., è solo quella proveniente da un soggetto privato (non appartenente alla P.A.) e connessa ad una situazione giuridica di diritto soggettivo od interesse legittimo con esclusione di situazioni che attengono ad interessi di mero fatto. Ciò tanto più vale nel caso in cui la richiesta abbia ad oggetto l'accesso ai documenti amministrativi in quanto la disciplina dettata in materia dalla legge 241 del 1990 (art. 22) e dal D.P.R. di attuazione n. 352 del 1992 (art. 2) riconosce espressamente il diritto di accesso solo ai portatori di situazioni giuridicamente rilevanti, tali dovendosi intendere solo quelle di diritto soggettivo od interesse legittimo. (Nel caso di specie la S.C., ritenendo come di mero fatto l'interesse sotteso alla richiesta, ha assolto l'imputato il quale non aveva risposto ad una domanda di accesso ai documenti amministrativi avanzata da un consigliere comunale della minoranza allo scopo di ottenere documentazione utile per contestare una deliberazione assunta dal comune). (Mass. redaz.). (C.p., art. 328) (1).

    (1) Per un precedente che neghi la tutela di cui all'art. 328, comma secondo, in relazione a meri interessi di fatto, v. Cass. pen., sez. VI, 29 settembre 1998, Tulipani, in questa Rivista 1999, 602.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Milano ha confermato quella del locale tribunale del 16 aprile 1999 con la quale Lucia Gremmo era stata condannata alla pena di lire due milioni di multa per il reato di cui all'art. 328, secondo comma, c.p. perché, nella qualità di Soprintendente per i beni ambientali e architettonici per la provincia di Milano e limitrofe, ricevuta da Andrea Guglielminetti formale richiesta di rilascio di copie di relazioni di sopralluogo effettuato da funzionari del Ministero dei beni culturali e ambientali presso il «Museo setificio» in Comune di Abbadia Lariana (CO), cui il Guglielminetti aveva interesse in quanto consigliere comunale e socio fondatore dell'associazione per il medesimo museo, ometteva di provvedere e di rispondere per esporre le ragioni del ritardo.

Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione l'avv. Michele Damiani dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, nell'interesse della Gremmo, deducendo i seguenti cinque motivi.

1) «Contraddittorietà, illogicità e incongruità della motivazione in ordine all'apprezzamento delle emergenze processuali». Si duole del fatto che la Corte avrebbe omesso di apprezzare correttamente la circostanza che la Gremmo non aveva avuto conoscenza delle richieste, perché aveva goduto di un periodo di congedo ordinario, a decorrere dal 22 dicembre 1995, tanto che come risultava dagli atti, la relativa pratica era stata trattata dalla vice soprintendente.

2) «Violazione ed erronea applicazione dell'art. 328, secondo comma, c.p. - Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione» per le seguenti ragioni.

a) Il Guglielminetti, nella sua qualità di consigliere comunale, sarebbe stato carente di legittimazione a richiedere documenti presso un'amministrazione diversa da quella di appartenenza. L'art. 328, secondo comma, c.p., nel delineare il soggetto passivo del reato, accorda la tutela penale a «chi vi abbia interesse», intendendo con tale formulazione riferirsi alla titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, con esclusione di un interesse di fatto, quale era quello dell'istante, dichiaratamente rivolto all'acquisizione di quei documenti in vista di un'imminente seduta consiliare per contestare il merito e la legittimità di una delibera del consiglio riguardante il complesso immobiliare in questione, la cui destinazione era stata motivo di scontro politico in seno all'amministrazione comunale. Inoltre, l'art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241 («Nuove norme in materia di procedimento e di diritto di accesso ai documenti amministrativi») prevede che il diritto di accesso possa essere esercitato da «chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti» e il D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 («Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»), emanato in attuazione della delega di cui all'art. 24, secondo comma, della legge citata, ha ulteriormente ristretto l'ambito dei titolari del diritto di accesso, limitandolo ai soli soggetti portatori di un interesse qualificato («personale e concreto»), che deve, cioè, inerire alla sfera personale del richiedente, ovverosia a un suo interesse personale e concreto. D'altra parte, gli artt. 31 della L. 8 giugno 1990, n. 142 («Ordinamento delle autonomie locali») e 24 della L. 27 dicembre 1985, n. 816 («Aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali») consentono agli amministratori comunali di esercitare il diritto di accesso solo agli atti provenienti dall'amministrazione di provenienza.

b) Il richiedente non era legittimato alla richiesta neppure nella sua qualità di socio fondatore dell'Associazione per il museo setificio (sul punto l'impugnata decisione era del tutto silente), in quanto un tale diritto sarebbe stato semmai esercitabile da parte del titolare dell'organo avente rappresentanza esterna (e non da un associato) unico legittimato a instaurare il procedimento cognitivo di accesso (come desumibile dagli artt. 2 e 4 del D.P.R. 352/1992).

c) La richiesta di accesso si sarebbe dovuta considerare irrituale e comunque infondata, in quanto l'istanza per ottenere la relazione conseguente al sopralluogo effettuato nel febbraio del 1995 si sarebbe dovuta indirizzare al Ministe-Page 618ro, in quanto quel sopralluogo era stato effettuato dall'Ispettore centrale tecnico del Ministero dei beni culturali e ambientali, mentre la seconda richiesta si sarebbe riferita a un documento di cui non era certa l'esistenza, mancando la prova della redazione di una relazione a seguito del sopralluogo effettuato il 20 aprile 1995 dal funzionario di zona della soprintendenza e, in ogni caso, si sarebbe trattato di un'attività endoprocedimentale dell'amministrazione richiesta, di carattere riservato e meramente preparatorio (relativa, cioè, ad atti preordinati alla apertura di un eventuale procedimento amministrativo), cui l'accesso è espressamente escluso dall'art. 24, comma sesto, della L. 241/1990.

d) In ogni caso, il richiedente era stato informato telefonicamente dall'arch. Garufi, funzionario della soprintendenza, delle ragioni ostative al rilascio della documentazione richiesta.

e) Sarebbe, comunque, mancato il dolo, difettando la coscienza e volontà di omettere o ritardare un atto dell'ufficio, essendo mancati la conoscenza della richiesta (v. sub 1) e i presupposti per una risposta.

3) «Violazione ed erronea applicazione dell'art. 328, secondo comma, c.p. in relazione all'art. 25 della L. 241/1990: non configurabilità del reato in presenza dell'intervenuto silenzio-rifiuto a norma dell'art. 25, quarto comma, della L. 241/1990, impugnabile ex se di fronte al giudice amministrativo».

4) «Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 74 c.p.p. in relazione all'art. 185 c.p. - Inammissibilità della costituzione di parte civile Guglielminetti». In capo a quest'ultimo sarebbe, infatti, mancata una posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo suscettibile di tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., stante la titolarità, da parte del richiedente, di una situazione di mero fatto.

5) «Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 523, secondo comma, c.p.p. e dell'art. 82, secondo comma, c.p.p.», in quanto la sentenza non avrebbe considerato, erroneamente, che la costituzione di parte civile si sarebbe dovuta ritenere revocata, non avendo assunto il Guglielminetti conclusioni scritte.

Osserva la Corte come debba essere trattato per evidenti ragioni di priorità il secondo motivo di ricorso che - negando, in radice, l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 328 c.p. - precede logicamente la questione se la Gremmo abbia avuto o meno conoscenza del provvedimento.

Il secondo motivo di ricorso è fondato. È incontroverso in fatto - come si desume dalle sentenze di primo e di secondo grado - che il Guglielminetti, consigliere comunale di Abbadia Lariana, ha sempre sostenuto di aver inteso esercitare il diritto di accesso ai documenti in questione per due ragioni: la prima, per così dire, di carattere politico, in quanto, nella sua indicata qualità intendeva contestare, basandosi su argomenti documentalmente confortati, quale capogruppo di minoranza, una deliberazione riguardante la ristrutturazione che il comune intendeva effettuare dell'immobile del «Museo setificio» denominato «ex filatoio Monti» - sottoposto al vincolo di cui alla L. 1° giugno 1939 n. 1089, in quanto di interesse storico, per il quale era necessario il parere del Ministero dei beni culturali e ambientali, cui erano preordinati i sopralluoghi e le relazioni di cui al presente procedimento - questione in ordine alla quale si era aperto un procedimento amministrativo in ambito comunale; la seconda, in quanto socio fondatore della associazione per il Museo della seta.

Orbene, il primo interesse non è compreso tra quelli per i quali possa...

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