Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. V, 8 giugno 2001, n. 23439 (ud. 2 maggio 2001). Pres. Marrone - Est. Colonnese - Ric. P.G. c. Corte di appello di Catanzaro.

Falsità in atti - In atti pubblici - Falsità ideologica - Carta di circolazione - Falsa denuncia di smarrimento - Configurabilità del reato - Sussistenza.

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 483 c.p. è necessario che il privato abbia il dovere giuridico imposto, esplicitamente od implicitamente, dalla legge, di esporre la verità, e che una norma riconosca ai fatti attestati dal privato, una specifica efficacia giuridica. Conseguentemente, integra il reato de quo la falsa attestazione resa dal privato al pubblico ufficiale, dello smarrimento della carta di circolazione del ciclomotore, poiché detta attestazione è resa in esecuzione dell'obbligo di denuncia previsto dall'art. 95, comma 3 del codice della strada - obbligo che implica il dovere del privato di dichiarare il vero - ed è altresì destinata a produrre i peculiari effetti giuridici disciplinati dallo stesso codice della strada all'art. 95, commi 4, 5. (Nuovo c.s., art. 95; c.p. 483) (1).

    (1) Cfr. Cass. pen., sez. V, 21 ottobre 1999, Michelotti, in Riv. pen. 2000, 509, secondo cui integra il reato di cui all'art. 483 c.p. l'azione di colui che falsamente denunci agli organi di polizia lo smarrimento della carta di circolazione dell'autoveicolo, dal momento che, ai sensi dell'art. 95 comma terzo codice della strada, lo smarrimento (così come la sottrazione o la distruzione del predetto documento) deve essere denunciato entro ventiquattro ore e che, sulla scorta di tale denuncia, viene rilasciata carta di circolazione provvisoriamente valida per giorni trenta, trascorsi i quali l'interessato deve richiedere nuova immatricolazione.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - La Corte d'appello di Catanzaro con sentenza 4 febbraio 2000, in riforma della decisione del Pretore di Castrovillari in data 14 ottobre 1999 assolveva De Marco Vincenzo dal reato di cui all'art. 483 c.p. con la formula perché il fatto non sussiste.

All'imputato era stato contestato di aver falsamente attestato, nella denuncia presentata ai Carabinieri di Trebisacce il 7 marzo 1996, di avere smarrito il libretto di circolazione del ciclomotore «Piaggio» telaio n. 2440355.

La Corte territoriale osservava che la falsa affermazione del De Marco «non era finalizzata ad essere trasfusa in un atto pubblico... né aveva valore fidefaciente, cioè una particolare efficacia probatoria, a tutela della quale è assicurata tutela giuridica con la disposizione in esame».

Ricorre per cassazione il procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro denunciando violazione di legge. Deduce il ricorrente che l'obbligo del privato di dichiarare il vero sussiste (e quindi si configura il reato) ogniqualvolta una norma giuridica ricolleghi effetti specifici all'atto-documento ricevuto dal pubblico ufficiale che contiene detta dichiarazione. Nella specie la denuncia di smarrimento della carta di circolazione doveva esser veritiera trattandosi di un atto che si inserisce in un tipizzato procedimento, previsto e regolato dall'art. 95 del codice della strada, che comporta il rilascio di una carta provvisoria di circolazione ed in caso di non ritrovamento dell'originale, dichiarato smarrito, una nuova (e legittima) immatricolazione.

Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame.

Va premesso che nella norma di cui all'art. 483 c.p. vengono prese in considerazione due distinte dichiarazioni: l'attestazione del privato, che rappresenta determinati fatti, e l'atto del pubblico ufficiale, che deve esser «destinato a provare la verità» degli stessi. Il reato in ogni caso postula che il privato abbia il dovere giuridico di esporre la verità cioè si richiede che detto dovere «sia stabilito, esplicitamente o implicitamente, dalla legge, una qualsiasi legge penale, civile, amministrativa o processuale civile» (Cass., sez. un., 17 febbraio 1999). Inoltre va rilevato che la norma punisce la falsità ideologica del privato solo quando la legge riconosce ai fatti attestati una specifica efficacia giuridica. Occorre, quindi, accertare quando una norma ricolleghi un particolare effetto a determinati fatti proprio in quanto vengono attestati dal privato ad un pubblico ufficiale in un atto da qualificare pubblico.

Ciò premesso deve osservarsi che l'attestazione dello smarrimento della carta di circolazione, nel contesto normativo nel quale si inserisce, è destinata a produrre particolari effetti giuridici.

Il comma 3 dell'art. 95 del codice della strada dispone che, nel caso di smarrimento, sottrazione o distruzione della carta di circolazione, l'intestatario «deve, entro quarantotto ore dalla constatazione, farne denuncia agli organi di pubblica sicurezza che ne prendono formalmente atto e ne rilasciano ricevuta». Inoltre la Direzione generale della M.C.T.C. «previa presentazione della ricevuta... rilascia la carta provvisoria di circolazione» (comma 4) mentre, «trascorsi trenta giorni dalla presentazione della denuncia... senza che la carta di circolazione sia stata rinvenuta...», deve procedersi a nuova immatricolazione (comma 5).

Non può non concludersi che, laddove la legge impone, come primo atto del procedimento indicato, l'obbligo di denuncia di smarrimento, esige, al contempo, il dovere del privato di dichiarare la verità, riconnettendo a detta attestazione una specifica efficacia in funzione della finalità che la norma di legge intende perseguire.

Il giudice di rinvio dovrà, pertanto, riesaminare la questione alla luce della considerazione in precedenza svolte. (Omissis).

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 25 maggio 2001, n. 7103. Pres. Reale - Est. Forte - P.M. Russo (parz. diff.) - Comune di Fagnano Olona (avv.ti Tosatti e Sica) c. Croci (n.c.).

Velocità - Limiti fissi - Apparecchi rilevatori - Autovelox - Motivazione contenuta nel verbale di accertamento notificato, circa l'impossibilità di contestazione immediata della violazione - Sindacato del giudice di merito - Limiti.

In tema di violazioni del codice della strada, ove non si sia proceduto a contestazione immediata dell'illecito, il giudice dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione legittimamente dispone l'annullamento del provvedimento sanzionatorio emesso dal prefetto allorché il verbale di accertamento notificato difetti della indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata o sia corredato di una motivazione meramente apparente, ma non può annullare il provvedimento sanzionatorio in base ad una illegittimità non desunta dall'atto, non essendo egli abilitato a censurare l'organizzazione del servizio di vigilanza né a sindacare le modalità organizzative del servizio di rilevamento delle infrazioni da parte della pubblica amministrazione. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del pretore, che, in un caso di sanzione per eccesso di velocità accertato mediante autovelox, aveva ritenuto non giustificata la contestazione differita, considerando «generico e poco credibile» il richiamo all'impedimento dell'altro accertatore - quello non addetto alla verifica del buon funzionamento dell'apparecchiatura di rilevazione della velocità - che, secondo il verbale, era impegnato in altre contestazioni immediate della stessa violazione ad altri automobilisti). (Nuovo c.s., art. 200; nuovo c.s., art. 201; reg. nuovo c.s., art. 384; L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14) (1).

    (1) Analogamente nel senso che il giudice di merito non può sindacare le modalità organizzative del servizio di rilevamento da parte della P.A. in termini di impiego di uomini e mezzi, v. Cass. civ., 21 febbraio 2001, n. 2494, in questa Rivista 2001, 372.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza del 17 novembre 1997 il Pretore di Busto Arsizio, compensando le spese di causa, ha accolto l'opposizione di Edoardo Croci al verbale di contestazione della violazione dell'art. 142 D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 (da ora c.d.s.), per avere superato i limiti di velocità consentiti, ritenendo illegittimo l'atto impugnato, essendo precostituiti e non provati i motivi indicati dell'impossibilità della contestazione immediata costituiti dal fatto che gli accertatori erano «impegnati nel funzionamento dell'apparecchiatura e nella contestazione di analoghe violazioni».

Il Croci aveva dedotto con l'opposizione, tra l'altro, l'omessa indicazione nel verbale della sua facoltà di proporre immediata opposizione al pretore e la mancata allegazione del fotogramma comprovante l'infrazione e il comune aveva chiesto il rigetto dell'opposizione.

Il pretore ha ritenuto illegittima, ai sensi degli artt. 200 e 201 c.d.s., la contestazione differita con la notifica successiva del verbale, perché l'altro verbale di accertamento, che avrebbe impedito di contestare subito la violazione, era stato redatto alle 18,15 e quindi non era incompatibile con una verbalizzazione dell'infrazione del Croci avvenuta alle 18,35.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso con tre motivi il Comune di Fagnano Olona.

Il Croci non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con il primo motivo di ricorso il comune censura la sentenza di merito per violazione degli artt. 142, commi 8 e 6, e 201 c.d.s., 2700 c.c., 384 lett. e) D.P.R. 12 dicembre 1992 n. 495, Regolamento di attuazione del c.d.s. (da ora Reg.es.), in rapporto all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere il pretore annullato l'atto opposto, ritenendo non provati i fatti che per i verbalizzanti avevano impedito la contestazione immediata e precostituiti i motivi per i quali era stata impossibile quest'ultima.

Non essendosi contestata dall'opponente la violazione del superamento dei limiti di velocità in centro urbano, accertato con apparecchio rilevatore Videomatic 512 omologato ai sensi dell'art. 142, comma 6, c.d.s...

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