Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 16 febbraio 2001, n. 2301. Pres. Garofalo - Est. Pivetti - P.M. Pivetti (diff.) - Parenti (avv. Brozzi) c. Condominio via S. Spirito 29 in Firenze

Assemblea dei condomini - Deliberazioni - Provvedimenti per le spese - Nullità o annullabilità - Presupposti relativi.

Riguardo alle delibere aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di ripartizione ai sensi dell'articolo 1123 codice civile, ovvero sono modificati i criteri fissati in precedenza, per le quali è necessario, a pena di nullità, il consenso unanime dei condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni previste dall'articolo 1135 numero 3 codice civile, l'assemblea in concreto ripartisce le spese medesime, atteso che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'articolo 1137, ultimo comma, codice civile. (C.c., art. 1123; c.c., art. 1135; c.c., art. 1137) (1).

    (1) Principio non inedito. Cfr. negli stessi termini Cass. 9 febbraio 1995, n. 1455, in questa Rivista 1995, 622; Cass. 1 febbraio 1993, n. 1213, ivi 1993, 529 e Cass. 5 agosto 1988, n. 4851, ivi 1989, 66.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato il 5 giugno 1995 Antonella Parenti Gigli proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Firenze e relativo al pagamento in favore del Condominio di via S. Spirito 29, in Firenze, della somma di lire 3.173.771.

A fondamento della opposizione Antonella Parenti Gigli deduceva la nullità della delibera assunta a maggioranza dalla assemblea condominiale dell'8 settembre 1993 e relativa alla ripartizione in parti uguali tra i condomini, e non in base ai millesimi, della spesa relativa all'adeguamento dell'impianto elettrico alla normativa in tema di sicurezza ed alla automazione del portone.

Il condominio, costituitosi, resisteva alla opposizione, che veniva rigettata dal Pretore di Firenze con sentenza in data 10 luglio 1996.

Antonella Parenti Gigli proponeva appello, che veniva rigettato dal Tribunale di Firenze con sentenza del 7 dicembre 1997, in base alla considerazione che le delibere con le quali una tantum si ripartiscono le spese condominiali in misura diversa da quanto previsto dalle tabelle millesimali sono semplicemente annullabili e non nulle e quindi devono essere impugnate nel termine di cui all'articolo 1137 codice civile che nella specie non era stato rispettato.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, Antonella Parenti Gigli.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo del ricorso sostanzialmente si deduce che la distinzione tra delibere con le quali si deroga in via generale ai criteri legali di ripartizione delle spese (nulle) e delibere con le quali tali criteri vengono derogati una tantum (annullabili) sarebbe priva di fondamento giuridico.

La doglianza è fondata. La decisione impugnata, infatti, non ha bene compreso il senso di alcune pronunce di questa Suprema Corte le quali hanno affermato che riguardo alle delibere aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di ripartizione ai sensi dell'articolo 1123 codice civile, ovvero sono modificati i criteri fissati in precedenza, per le quali è necessario, a pena di nullità, il consenso unanime dei condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni previste dall'articolo 1135 numero 3 codice civile, l'assemblea in concreto ripartisce le spese medesime, atteso che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'articolo 1137, ultimo comma, codice civile (confronta sentenza 9 gennaio 1995 n. 1455; 1 febbraio 1993 n. 1213; 5 agosto 1988 n. 4851).

Le decisioni in questione hanno inteso semplicemente affermare che la erronea ripartizione delle spese comporta la annullabilità della relativa delibera, ma non che tale annullabilità sussiste anche con riferimento ad una consapevole deroga (che non rientra nei poteri dell'assemblea) una tantum ai criteri legali di ripartizione delle spese.

L'accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l'assorbimento del secondo, con il quale si denuncia la contraddittorietà in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, che, dopo avere rigettato l'appello incidentale del condominio (che si era lamentato della compensazione delle spese del giudizio di primo grado), ha poi affermato che la soccombenza dell'attuale ricorrente comportava la condanna della stessa al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado.

In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte di appello di Firenze, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 12 febbraio 2001, n. 1959. Pres. Spadone - Est. Elefante - P.M. Maccarone (conf.) - Valentino ed altra c. Condominio via G. Leopardi 18 Napoli.

Azioni giudiziarie del condominio - Legittimazione dell'amministratore - Passiva - Condominio parziale - Danno subito da un terzo - Per carente manutenzione di un bene comune solo ad alcuni dei condomini - Risarcimento condanna del condominio in persona dell'amministratore - Ripartizione interna tra i condomini.

Nel caso in cui vi sia stata sentenza definitiva di condanna del condominio, in persona dell'amministratore, al risarcimento del danno che un terzo abbia subito per carente manutenzione di un bene che si assume comune soltanto ad alcuni Page 216dei proprietari dei piani o appartamenti siti nell'edificio (cosiddetto condominio parziale), non è preclusa al singolo condomino l'azione diretta all'accertamento in suo favore delle condizioni di cui all'art. 1123, secondo e terzo comma, c.c. ai fini dell'applicazione del criterio ivi previsto per la ripartizione degli oneri derivanti dalla sentenza di condanna del condominio. (C.c., art. 1123) (1).

    1) La sentenza in epigrafe ribadisce il principio della restrizione degli effetti della sentenza di condanna al risarcimento danni dell'intero condominio ai soli condomini interessati. Cfr. in tal senso la citata Cass. 21 gennaio 2000, n. 651, in questa Rivista 2000, 234, a tenore della quale, con riguardo alle controversie attinenti a cose, impianti o servizi appartenenti, per legge o per titolo, soltanto ad alcuni dei proprietari dei piani o degli appartamenti siti nell'edificio (cosiddetto condominio parziale), non sussiste difetto di legittimazione passiva in capo all'amministratore dell'intero condominio, quale unico soggetto fornito, ai sensi dell'art. 1131 c.c., di rappresentanza processuale in ordine a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio (salva, eventualmente, la restrizione degli effetti della sentenza, nell'ambito dei rapporti interni, ai soli condomini interessati).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione 11 luglio 1989, Mario Valentino e Anna Zimbardi, condomini del fabbricato sito in Napoli alla via G. Leopardi n. 18, convenivano in giudizio davanti al tribunale di quella città il condominio e proponevano opposizione avverso la delibera dell'assemblea in data 18 maggio 1989, relativamente al punto 2) dell'ordine del giorno, nella parte in cui aveva deciso di non proporre ricorso per cassazione e di eseguire il pagamento della somma di 45 milioni 435 mila 50 lire a titolo di risarcimento danni a favore dei genitori del minore Pier Paolo Nicolella, il quale, in data 22 febbraio 1977, era precipitato dal ballatoio del secondo piano dell'edificio riportando lesioni personali.

Gli opponenti deducevano l'illegittimità della delibera, per violazione dell'art. 1123, terzo comma, c.c., in quanto aveva disposto la ripartizione di detta somma a carico di tutti i condomini secondo la tabella «A» e non a carico dei soli comproprietari ed effettivi utenti del ballatoio con ringhiera, la cui insufficiente manutenzione aveva causato la caduta del minore.

Costituitosi il condominio resisteva alla domanda, deducendo che mai gli attori avevano chiesto di separare la propria responsabilità nei confronti degli altri condomini o di essere estromessi dal giudizio di risarcimento danni, dovendosi in ogni caso commisurare la proprietà comune al titolo piuttosto che all'uso o misura di godimento da parte di ciascun condomino.

Il tribunale rigettava la domanda e tale decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Napoli che, con sentenza 2511/97 del 22 ottobre-18 novembre 1997, respingeva l'impugnazione del Valentino e della Zimbardi.

Premesso che il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, ma un semplice ente di gestione nel quale la rappresentanza processuale spetta ex lege all'amministratore, e che i singoli condomini hanno il potere di agire personalmente a tutela delle proprie ragioni e quindi di intervenire nel giudizio assunto dall'amministratore nonché di proporre impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti dell'amministratore, rilevava la corte d'appello che il Valentino e la Zimbardi non erano intervenuti nel giudizio di risarcimento danni promosso dal Nicolella contro il condominio, né avevano impugnato le sentenze emesse a carico dell'ente di gestione per contestare la propria responsabilità nell'evento dannoso occorso al minore e denunciare la addebitabilità dello stesso ai soli condomini proprietari degli appartamenti serviti dal passetto-balcone dal quale era precipitato il ragazzo. Pertanto la corte d'appello riteneva irrilevante l'accertamento della titolarità del suddetto passetto-balcone, se cioè comune ai soli condomini proprietari degli appartamenti servito dallo stesso...

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