Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 26 gennaio 2001, n. 2233 (ud. 9 gennaio 2001). Pres. Pisanti - Est. Serpico - P.M. Ciani - Ric. Bruni.

Corruzione - Istigazione alla corruzione - Promessa di denaro - Tecnico della Motorizzazione addetto alla revisione dei veicoli - Incaricato di pubblico servizio - Sussiste - Offerta di denaro finalizzata ad indurre il tecnico a non rilevare l'illeggibilità del numero di telaio del veicolo - Reato di cui all'art. 322, secondo comma, c.p. - Configurabilità - Sussistenza.

Posta la qualità di incaricato di pubblico servizio dell'operatore motoristico e meccanico dell'Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile, incorre nel reato di istigazione alla corruzione di cui all'art. 322, secondo comma, c.p., colui che offra denaro al tecnico della Motorizzazione affinché ometta un atto del proprio ufficio, soprassedendo dal rilevare che l'autovettura sottoposta a revisione ha un numero di telaio illeggibile. (Mass. redaz.). (C.p., art. 322; c.p., art. 358) (1).

    (1) Nulla in termini. La giurisprudenza condivide la necessità di accertare che l'offerta o la promessa rivolta al p.u. sia effettiva, seria ed idonea a turbare psicologicamente il p.u. In tal senso, v. Cass. pen., sez. VI, 13 aprille 1990, Destito, in Riv. pen. 1991, 198 che ha considerato inidonea l'offerta di lire cinquemila fatta dall'imputato a due agenti della polizia stradale affinché si astenessero dal contestargli una contravvenzione al codice della strada ed ha ritenuto che nella suddetta offerta, per la sua irrisorietà e per le sue modalità tendenti a dimostrare il convincimento che gli agenti si sarebbero «venduti» per un nonnulla, fosse ravvisabile un gesto di scherno, gravemente lesivo del prestigio dei pubblici ufficiali, e conseguentemente l'ipotesi di reato di cui all'art. 341, primo comma, c.p. Peraltro va rilevato che talvolta i giudici di legittimità hanno ritenuto che la tenuità della somma di denaro offerta al p.u. non solo non escluda il reato di istigazione alla corruzione, ma addirittura lo renda maggiormente lesivo del prestigio del funzionario, ritenuto persona suscettibile di venir meno ai doveri accettando un'offerta anche minima. V. in tal senso Cass. pen., sez. VI, 14 marzo 1996, Varvarito, in Riv. pen. 1996, 591.


(Omissis). - Sull'appello proposto da Bruni Fernando avverso la sentenza del Tribunale di Modena del 20 febbraio 1996 che, dichiaratolo colpevole del reato di cui all'articolo 322 comma 2, c.p., per avere offerto a Volpe Antonio, incaricato di pubblico servizio, quale operatore motoristico e meccanico dell'Ufficio provinciale della Motorizzazione, la somma di 30.000 lire acciocché omettesse un atto del suo ufficio, soprassedendo dal rilevare che la vettura dell'imputato, sottoposta a revisione, aveva un numero di telaio illeggibile, in Modena il 21 aprile 1994, previa concessione delle attenuanti generiche e di quella di cui all'articolo 323 bis c.p., lo aveva condannato alla pena di mesi sette e giorni dieci di reclusione, concedendo entrambi i benefici di legge, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 26 giugno 2000 confermava il giudizio di primo grado, ribadendo la provata colpevolezza dell'imputato, anche in punto di logica avuto riguardo alle modalità dei fatti ed alle precise e circostanziate deposizioni testimoniali del Volpe, del quale andava riaffermata la qualità pubblicistica della sua attività, così integrando il requisito soggettivo del destinatario della corruzione propria.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Bruni, deducendo, a mezzo del proprio difensore ed a motivi del gravame:

1) Violazione dell'articolo 606 lett. e) c.p.p. per mancanza ovvero manifesta illogicità della motivazione, non avendo i giudici della Corte territoriale correttamente individuato i caratteri di «effettività» e di «serietà» dell'offerta corruttiva ex articolo 322 c.p., deducendo l'esistenza di tale offerta non da fatti o comportamenti, ma presupponendola sulla base dell'interpretazione di comportamenti fondata sul travisamento dei fatti. Segnatamente, ad avviso del ricorrente, difettava nella decisione impugnata, un'effettiva, seria ed idonea indagine tesa alla verifica dei caratteri di rilevanza penale del comportamento dell'imputato, affatto casualmente collegato alla presenza della somma nel libretto di circolazione, peraltro preso direttamente dal Volpe, come dallo stesso dichiarato in dibattimento e non già esibitogli dal ricorrente, come erroneamente asserito in sentenza.

2) Violazione dell'articolo 606 lett. b) ed e) c.p.p. per avere erroneamente ritenuto che in testa al Volpe ricorressero gli estremi della qualifica di «incaricato di pubblico servizio che rivesta la qualità di pubblico impiegato», come espressamente richiesto dall'art. 322 c.p., posto che risultava pacificamente agli atti, secondo l'assunto del ricorrente, che il Volpe predetto, svolgente una mansione di operatore motoristico e meccanico, aveva un compito meramente esecutivo, con una qualifica incompatibile con il requisito soggettivo della persona destinataria dell'azione corruttiva, difettando sul punto, adeguata risposta motivazionale.

Il ricorso è infondato e va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente a pagare le spese processuali.

Ed invero, quanto al motivo sub 1), a prescindere da non isolati caratteri di censura in punto di fatto, come tale inammissibile in questa sede di legittimità, non v'è motivo di ritenere fondato il denunciato vizio motivazionale della decisione, supportata, per contro, come risulta dal relativo testo, da argomentazioni di stringente portata logica, nella valutazione complessiva della vicenda in rapporto al comportamento dell'imputato ed alle circostanze del suo manifestarsi.

Non è tanto il conferire l'opportuno credito al detto del teste Volpe che supporta in termini risolutivi l'accusa, quanto il fatto, pacifico in atti, che al predetto, attraverso l'immissione nel libretto di circolazione del veicolo sottoposto in quel mentre a revisione, fu offerta la disponibilità della somma di lire 30.000 lire che assume inequivoca portata penalmente rilevante agli effetti della contestazione in parola ove si accompagni, come lo è stato nel caso in specie, dall'invito all'incaricato di pubblico servizio in merito alla cennata revisione, di «chiudere un occhio per il telaio».

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Ogni disquisizione circa l'effettività e serietà dell'offerta ai fini dell'ipotesi di cui all'articolo 322 c.p. a fronte di tale eloquente dato fattuale, non contestato dal ricorrente, assume toni di modesto spessore difensivo che l'impugnata sentenza ha avuto cura di logicamente, correttamente e sufficientemente contrastare, con motivazione immune da censure di legittimità.

Parimenti infondato è il motivo sub 2), pacifico essendo, come esattamente rilevato e confermato dai giudici di merito, che l'attività del Volpe non si risolve affatto in termini di mera manualità, ma vale a rappresentare espressione di competenza tecnico-intellettuale al servizio dell'attività di certificazione pubblicistica in tema di revisione dei veicoli, così inequivocabilmente conferendo al soggetto operatore motoristico e meccanico presso l'Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile il carattere di incaricato di pubblico servizio, ex articolo 358 c.p. nuovo testo, temporalmente applicabile al fatto commesso il 21 aprile 1994, nello svolgimento del suo compito di rilevare lo stato di revisionabilità del motoveicolo sottoposto al suo esame.

Il ricorso, pertanto, stante la sua infondatezza, va rigettato, con le conseguenze di legge. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 7 dicembre 2000, n. 12789 (ud. 18 ottobre 2000). Pres. Pioletti - Est. Colarusso - P.M. Galgano (conf.) - Ric. Cerato.

Precedenza - Incroci stradali - Regolamentazione semaforica - Attraversamento di pedone - Automobilista procedente con luce verde - Obbligo di cautela - Sussistenza - Obbligo di accertarsi dell'assenza di pedoni in fase di attraversamento - Assolutezza del diritto di precedenza - Esclusione.

Risponde per colpa delle lesioni provocate, l'automobilista che, nell'accingersi ad attraversare un incrocio molto ampio subito dopo che la luce semaforica verde gli abbia consentito la ripresa della marcia, abusi del diritto di precedenza omettendo, per ciò stesso, qualsiasi cautela, tanto più quando non abbia la visuale completamente libera da entrambi i lati e dovendosi comunque accertare se qualche pedone, anche colpevolmente, non sia riuscito a completare l'attraversamento ed essendo suo obbligo, in tal caso, di consentire al pedone attardatosi di guadagnare la sicurezza del marciapiedi opposto. Il diritto di precedenza, infatti, non è mai assoluto e non autorizza una condotta di guida negligente ed oggettivamente pericolosa per la sicurezza degli altri utenti della strada che, anche eventualmente per colpa, possano interferire nella direttrice di marcia del veicolo privilegiato. (Mass. redaz.). (Nuovo c.s., art. 145) (1).

    (1) A conferma del carattere non assoluto del diritto di precedenza, si vedano Cass. pen., sez. IV, 23 settembre 1988, Carlini, in questa Rivista 1989, 396, secondo cui tutti gli utenti della strada, in qualsiasi situazione vengano a trovarsi, e quindi anche nel caso godano di precedenza, debbono comportarsi con prudenza e diligenza, e debbono adottare tali cautele da essere in grado di dominare il mezzo condotto, anche a fronte di altrui imprudenza, non potendo tale eventualità rimanere fuori dell'ordinaria prevedibilità e quindi della diligenza e prudenza del buon utente della strada. Tale regola vale anche nel caso in cui l'automobilista impegni un incrocio semaforicamente regolato usufruendo del segnale di consenso a luce verde. Pure nel senso che il diritto di precedenza non esonera dall'osservanza di prudenza e diligenza il conducente che si accinge ad impegnare un incrocio stradale. Cfr. Cass. pen., sez. IV, 12 maggio 1983, Chiara, ivi...

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