Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, Ord. 24 luglio 2001, n. 10086. Pres. Grossi - Est. Segreto - P.M. Napoletano (diff.) - Soc. CEAM c. Condominio Arcobaleno.

Contratti in genere - Contratti del consumatore - Clausole vessatorie - Disciplina ex art. 1469 bis c.c. - Contratto avente ad oggetto il servizio di manutenzione di ascensore installato in un condominio - Applicabilità.

Al contratto di manutenzione dell'impianto elevatore stipulato con il professionista dall'amministratore condominiale quale mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, si applicano, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, gli artt. 1469 bis ss. c.c., posta la qualità di «consumatori» dei condomini, trattandosi di persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Conseguentemente, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 19, c.c. si presume vessatoria, sino a prova contraria, la clausola che stabilisce «come sede del foro competente sulle controversie, località diversa da quella di residenza o domicilio eletto del comminatore», e, quindi, dalla sede del condominio. (C.c., art. 1469) (1).

    (1) Si rinvia a Trib. Bologna 3 ottobre 2000, n. 2539, in questa Rivista 2001, 453.

(Omissis). 1. - La Ceam Srl ha proposto regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di Bologna, depositata, il 6 novembre 2000, con la quale detto giudice dichiarava la propria incompetenza per territorio nella causa tra la Ceam ed il Condominio Arcobaleno, via Meli 2, di Ferrara, sul rilievo che l'art. 1469 bis c.c., comma 3, n. 19, avrebbe introdotto un foro esclusivo in favore del consumatore nei contratti stipulati tra il professionista ed il consumatore.

Rileva preliminarmente questa Corte che la decisione del presente regolamento di competenza dipende dall'applicabilità alla fattispecie in esame dell'articolo 1469 bis c.c. (introdotto con legge 6 febbraio 1996, n. 52) sia ratione temporis, sia alla qualificabilità del soggetto contraente (un condominio), quale consumatore, nonché dell'esclusività o meno del foro di residenza del consumatore, di cui al predetto articolo 1469 bis, n. 19, c.c.

  1. - Quanto alla prima questione va, anzitutto, osservato che i nuovi articoli 1469 bis ss. c.c., non sono applicabili ai contratti stipulati prima della loro entrara in vigore in virtù del principio generale dell'irretroattività della legge (articolo 11 prel.) (Cass. 29 novembre 1999, n. 13339).

    Sennonché in caso di rinnovazione del contratto, se essa è avvenuta successivamente all'entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che con l'articolo 25 ha introdotto agli articoli 1469 bis ss., dette norme si applicano al contratto rinnovato.

    Infatti, in caso di rinnovazione tacita del contratto, si verifica pur sempre una nuova regolmentazione tra le parti dei loro rapporti, sia pure configurata per relationem sulla base delle precedenti clausole contrattuali, fondata su un reciproco consenso espresso tacitamente, ma in maniera inequivoca.

    3.1. - Quanto alla seconda questione va osservato che il contratto di manutenzione dell'impianto elevatore installato nell'immobile del condominio venne sì stipulato dall'amministratore del condominio, ma in rappresentanza dei condomini.

    Infatti il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass. n. 826/1997; Cass. n. 12204/1997; Cass. n. 7544/1995). In particolare il rapporto contrattuale oggetto di causa, relativo ad una prestazione di servizi, non vincola l'amministratore in quanto tale, ma i singoli condomini e l'amministratore opera come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini.

    Ne consegue che, poiché i condomini vanno senz'altro considerati consumatori, essendo persone fisiche che agiscono, come nella specie, per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, anche al contratto concluso dall'amministratore del condominio con il professionista, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, si applicano gli articoli 1469 bis ss. c.c.

    3.2. - Ne consegue che, ai sensi dell'articolo 1469 bis, comma 3, n. 19, c.c. si presume vessatoria, fino a prova contraria, la clausola che stabilisca «come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio eletto del consumatore» e cioè, nell'ipotesi che il consumatore sia un condominio, dalla sede del condominio.

    4.1. - Con riferimento alla terza questione, va osservato, quanto alle conseguenze della vessatorietà di tale clausole, che all'accertamento della stessa consegue solo l'inefficacia della clausola vessatoria, mentre il contratto rimane efficace (articolo 1469 quinquies c.c.).

    Non può invece condividersi l'assunto della sentenza impugnata secondo cui l'articolo 1469 bis, comma 3, n. 19, non solo individui un'ipotesi di clausola vessatoria presunta nei contratti con il consumatore, ma fissi anche un foro esclusivo per lo stesso, con la conseguenza che, espunta detta clausola vessatoria, non troverebbero applicazione né i fori generali di cui agli articoli 18 e 19 c.p.c., né il foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione (articolo 20).

    Infatti, anzitutto, la norma in questione si limita a regolamentare un'ipotesi di vessatorietà presunta della clausola contrattuale e non a statuire su un foro esclusivo per il consumatore.

    Quando il legislatore ha inteso istituire fori esclusivi per le cause del consumatore, come con l'articolo 12 del D.L.vo n. 50/1992, per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, e con l'articolo 10 D.L.vo n. 427/1998, in materia di multiproprietà, lo ha fatto espressamente.

    In ogni caso è giurisprudenza pacifica che la norma in questione è una norma di diritto sostanziale e come tale si applica solo ai rapporti sorti successivamente alla sua entrata in vigore (Cass. 29 novembre 1999, n. 13339). Page 648

    Se la norma in questione istituisse anche un foro esclusivo per il consumatore, in questa parte costituirebbe norma processuale e, come tale, sarebbe di immediata applicazione (Cass. 21 aprile 2000, n. 5244; Cass. n. 5235/2000).

    4.2. - Non si può, pertanto condividere, se non parzialmente in relazione all'operatività della legge, l'orientamento espresso da Cass. 22 novembre 2000, n. 15101, citata dal P.G. nelle sue conclusioni, secondo cui «in tema di contratti tra consumatori e professionisti, la regola iuris dettata in tema di competenza territoriale dall'articolo 1469 n. 19 c.c., secondo la quale la competenza a conoscere della controversia insorta tra le parti si radica presso l'autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore, non si applica ai procedimenti instaurati in epoca precedente all'entrata in vigore della norma citata, attesane la natura sostanziale e non meramente processuale».

    Infatti è vero che la norma in questione non trova applicazione ai rapporti sorti precedentemente all'entrata in vigore della legge 52/1996, ma ciò proprio perché non introduce un foro esclusivo per il consumatore e quindi è norma sostanziale e non processuale.

    4.3. - Inoltre, a norma dell'articolo 1469 ter, comma 3, c.c. «non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge».

    Ne consegue che se la clausola contrattuale relativa al foro competente, riproducesse il dettato dell'articolo 20 c.p.c., in tema di foro facoltativo certamente non potrebbe ritenersi vessatoria, indipendentemente dalla circostanza che essa sia stata oggetto di trattativa individuale.

    Se il legislatore, nel silenzio sul punto del contratto, avesse ritenuto che il codice di rito tuttavia preveda una disposizione (articolo 20 c.p.c.) in ogni caso gravosa per il consumatore, avrebbe dovuto prevederne una diversa.

    L'interpretazione proposta dalla sentenza impugnata e da parte della dottrina, secondo cui la norma in questione prevede un foro esclusivo per i contratti del consumatore, ancorché derogabile consensualmente a seguito di trattative finisce per essere un'interpretazione abrogante, in siffatte ipotesi, degli articoli 18-20 c.p.c., in contrasto con i principi in tema di interpretazione e di abrogazione della legge (articoli 12 e 15 prel.).

    4.4. - Infatti, anzitutto, quanto sostenuto dalla tesi che qui si contrasta non è previsto espressamente dalla lettera dell'articolo 1469 bis c.c., come è pacificamente riconosciuto.

    4.5. - Inoltre non può ritenersi che questo principio di diritto processuale (foro esclusivo del consumatore) si possa ricavare dalla ratio della norma o dall'intenzione del legislatore.

    È vero che la determinazione del contenuto di una norma può essere tratta dal fine che il legislatore abbia voluto perseguire con essa (Cass. n. 1697/1981). Sennonché, poiché la norma in questione mira ad individuare ipotesi di clausole vessatorie poste nel contratto tra il professionista ed il consumatore, e poiché la norma successiva dichiara che non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge, il legislatore si è proposto il fine di evitare «vessazioni» da parte del professionista nei confronti del consumatore e contemporaneamente ritiene che le norme, che già si trovano nell'ordinamento, non possono mai integrare detta situazione.

    4.6. - Né può ritenersi, conseguenzialmente, come pure ritiene parte della dottrina, che nella fattispecie si verserebbe in un'ipotesi di abrogazione per incompatibilità implicita ovvero per nuova regolamentazione dell'intera materia.

    Infatti la prima sussiste quando risulti un obiettivo contrasto fra la norma successiva e la norma precedente tale da rendere impossibile la loro contemporanea applicazione, mentre nella fattispecie, come si è detto, le norme in questione (da una parte l'articolo 1469 bis, comma 3, n. 19, c.c. e dall'altra gli articoli 18-20 c.p.c.) operano su piani diversi ed hanno diversi oggetti.

    La seconda si ha quando la legge successiva costituisca un sistema normativo...

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