Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine543-598

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 30 agosto 2002, n. 12709. Pres. Calfapietra - Est. Colarusso - P.M. Cafiero (parz. conf.) - Trifilò c. Vita.

Contributi e spese condominiali - Mancato pagamento - Azione giudiziaria per il recupero - Legittimazione passiva - Effettivo proprietario - Sussiste - Principio della c.d. apparenza del diritto - Inapplicabilità.

In caso di azione giudiziale per il recupero delle spese condominiali di spettanza dell'unità immobiliare di proprietà singola, questa deve essere promossa contro colui che sia effettivamente individuato come proprietario esclusivo di detta unità, non potendo l'azione stessa essere promossa contro colui il quale, con dichiarazioni e comportamenti, anche univoci, abbia ingenerato nell'amministratore il ragionevole convincimento che si tratti dell'effettivo condomino (c.d. condomino apparente). (C.c., art. 1123; att. c.c., art. 63) (1).

    (1) La sentenza in epigrafe aderisce al recente orientamento giurisprudenziale espresso da Cass., Sez. un., 8 aprile 2002, n. 5035, in questa Rivista 2002, 273, intervenuta a dirimere il contrasto insorto relativamente all'applicabilità (o meno) del principio dell'apparenza del diritto nell'individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle spese processuali.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato il 28 dicembre 1996, Trifilò Salvatore proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Giudice di pace di Messina, con il quale all'istanza dell'amministratore del condominio «Largo Arcipeschieri» di Messina gli era stato ingiunto il pagamento della somma di lire 3.313.000 per oneri condominiali, oltre accessori e spese.

Il Trifilò deduceva, a motivo della opposizione, di avere con atto di donazione del 5 giugno 1989, ceduto alla moglie Malara Lucia la metà indivisa dell'appartamento facente parte del cennato condominio.

Il giudice di pace rigettava l'opposizione ed, avendo la Malara Lucia provveduto nelle more del giudizio al pagamento della sorta capitale, condannava l'opponente alle spese del provvedimento monitorio, del precetto e del giudizio di opposizione.

Avverso la sentenza proponeva appello il Trifilò deducendo di non essere legittimato passivo non essendo suo obbligo pagare le spese condominiali non essendo più proprietario dell'immobile e sostenendo che erroneamente il giudice di pace aveva fondato la sua pronuncia sul principio dell'apparenza di diritto, inapplicabile nella specie.

Il Tribunale di Messina, con sentenza in data 19 gennaio - 22 aprile 1999, ha rigettato l'appello osservando:

a) che il principio dell'apparenza di diritto era nella specie pienamente applicabile, avendo il Trifilò preso parte alle assemblee personalmente o per deleghe conferite, pagato le spese, ricevuto la corrispondenza dell'amministratore e sollevato contestazioni;

b) che nessuna comunicazione della cessione era stata inviata al condominio e che questa non poteva desumersi da una lettera datata 29 novembre 1996 a firma della Malara.

Avverso detta sentenza il Trifilò propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il condominio resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Nel primo motivo il ricorrente deduce difetto di motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, con riferimento alla mancata considerazione di elemento di prova attestante la conoscenza da parte dell'amministratore del vero proprietario della unità immobiliare. Il ricorrente censura la motivazione sulla base dell'assunto che la lettera inviata dalla Malara in accompagnamento dell'assegno corrispondente alle spese oggetto dell'ingiunzione, se valutata unitamente all'incasso da parte dell'amministratore di altro assegno della Malara per lire 1.656.500 in epoca anteriore all'emissione del decreto ingiuntivo, doveva indurre a ritenere come fatto noto che costei era divenuta l'unica proprietaria dell'immobile.

Nel secondo motivo si deduce falsa applicazione del principio dell'apparenza di diritto erroneamente ritenuto ricorrente nella specie, pur essendo esso posto a tutela dei terzi e non mai delle parti di un rapporto e dovendo tale principio ritenersi superato dalla legittimazione passiva, rispetto alle pretese del condominio, del vero proprietario.

Il condominio, nel resistere al ricorso, propone eccezione di invalidità della procura speciale rilasciata dal ricorrente al difensore su foglio separato e del tutto avulsa dal contenuto del ricorso nonché priva di data certa.

Questa eccezione non è fondata. Può ritenersi, infatti, che la procura conferita per il giudizio di legittimità costituisca parte integrante del ricorso cui accede allorché, conformemente al disposto dell'articolo 83 comma 3 c.c., come novellato dall'articolo 1 della legge 141/97, essa risulti (come nel caso di specie) apposta in calce al ricorso su foglio separato che, tuttavia, è materialmente congiunto al ricorso e precede la relazione di notifica dello stesso, che si trova nello stesso foglio. Quanto, poi, alla sua specificità, essa è riferita al «presente giudizio instaurato innanzi alla Suprema Corte di Cassazione» e contiene l'elezione di domicilio in Roma sicché è possibile escludere ogni dubbio che essa si riferisca al giudizio di legittimità e che sia stata rilasciata prima della notifica del ricorso la cui copia notificata risulta sottoscritta dal procuratore nominato avvocato Gullo.

Il primo motivo del ricorso non merita accoglimento. Non può, infatti, essere censurato il ragionamento del giudice di pace il quale, nel compiere l'apprezzamento dei dati di fatto sottoposti al suo esame, ha escluso che essi fossero sicuramente sintomatici del fatto (e dovessero condurre alla conclusione) che la Malara era divenuta, da comproprietaria, unica proprietaria del quartino. Si tratta di un apprezzamento di merito del tutto congruo e sorretto adeguatamente sul piano logico sicché non può essere censurato in sede di legittimità.

È, invece, fondato il secondo motivo dovendosi ritenere che il tribunale abbia fatto malgoverno, applicandolo alla specie, del principio dell'apparenza di diritto.

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Il principio dell'apparenza di diritto, che normalmente designa una situazione di fatto non corrispondente allo stato di diritto e che, tuttavia, in presenza di determinate circostanze, può produrre gli stessi effetti giuridici corrispondenti allo stato di diritto, è stato applicato dalla giurisprudenza anche in materia di individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle spese condominiali. E tale applicazione ha dato luogo a pronunzie contraddittorie. È stato, infatti, deciso che se un determinato soggetto abbia tenuto comportamenti corrispondenti a quelli propri del condominio, lo stesso condominio è stato ritenuto legittimato passivo rispetto all'azione di recupero delle spese condominiali promossa dall'amministratore (Cass. 907/81; 5818/84; 9079/90; 2617/99). In senso contrario, e nella giurisprudenza più recente, si è ritenuto che nella materia condominiale nella individuazione dei soggetti da convocare per l'assemblea o tenuti al pagamento delle spese di gestione del condominio, non possa operare il principio dell'apparenza del diritto poiché esso, nella materia contrattuale, è applicabile a tutela della buona fede dei terzi che, in presenza di circostanze obiettive ed univoche, abbiano fatto ragionevole affidamento in una situazione di fatto risultata non corrispondente allo stato di diritto mentre nella materia della proprietà (condominiale) non può ravvisarsi una relazione di terzietà tra il condominio ed il condomino, che non ha una soggettività giuridica diversa da quella dei singoli condomini, e, quando si tratti di intraprendere azioni giudiziarie per il recupero delle spese debbano prevalere i principi della pubblicità e delle effettività che superano ogni apparenza (Cass. 4866/01; 7849/00; 6653/98; 5122/00).

Il collegio ritiene di dovere aderire, condividendone la maggiore aderenza ai principi generali, il secondo e più recente indirizzo giurisprudenziale che, da ultimo, ha ricevuto l'autorevole avallo delle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza 5035/02.

In definitiva, in materia di azioni giudiziarie per il recupero della spesa condominiale, non può farsi ricorso all'istituto, di natura sostanziale e non processuale, dell'apparenza di diritto ed essendo immobiliare inadempiente, non essendo ammissibile che una sentenza di condanna venga emessa nei confronti di chi sia stato accertato essere condomino apparente e, quindi, solo apparente debitore, introducendo nel processo l'anomalo principio della legittimazione apparente.

Il giudice di rinvio, che si individua in altra sezione del Tribunale di Messina, si atterrà al seguente principio: «in caso di azione giudiziale per il recupero delle spese condominiali di spettanza della unità immobiliare di proprietà singola questa deve essere promossa contro colui che sia effettivamente individuato come proprietario esclusivo di detta unità, non potendo l'azione stessa essere promossa contro colui il quale con le sue dichiarazioni e comportamenti, anche univoci, abbia ingenerato nell'amministratore il ragionevole convincimento che si tratti dell'effettivo condomino (cosiddetto condomino apparente).

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. trib., 30 luglio 2002, n. 11213. Pres. Finocchiaro - Est. Monaci - P.M. Nardi (parz. diff.) - Ministero delle finanze (Avv. gen. Stato) c. Soc. Vallarno Inpex (n.c.).

Obbligazioni del locatore - Riparazioni - Straordinarie - Costi - Spettanza - Derogabilità - Espressa previsione.

La disposizione contenuta nell'art. 1621 c.c., secondo cui nel contratto di affitto di cosa produttiva le riparazioni straordinarie sono a carico del locatore (come, del resto, la regola analoga stabilita in via più generale dal primo comma dell'art. 1576 c.c. in materia di locazione) ha carattere meramente dispositivo, e può essere derogata convenzionalmente....

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