Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine39-67

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 14 novembre 2002, n. 16024. Pres. Corona - Est. Elefante - P.M. Cafiero (conf.) - Soc. Collina del sole Srl (avv. De Belvis) c. Masi B. (avv. Campegiani) ed altra.

Vendita - Promessa di vendita (contratto preliminarecompromesso) - Promissario venditore - Domanda di risoluzione - Promissario acquirente - Eccezione di inadempimento - Mancanza del certificato di abitabilità - Conoscenza della situazione da parte del promissario acquirente - Possibilità di stipulare il contratto definitivo - Sussistenza - Proponibilità dell'eccezioneEsclusione - Fattispecie.

In tema di preliminare di compravendita, l'eccezione di inadempimento basata sulla mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile non può essere proposta qualora risulti che il promissario acquirente era a conoscenza di tale situazione (nella specie, in forza di una clausola secondo la quale non avrebbe potuto rifiutarsi di prendere in consegna il bene e di stipulare il rogito pur in difetto di detto certificato) e la mancanza del certificato non è di ostacolo alla stipulazione del definitivo. (C.c., art. 1460) (1).

    (1) Per soli riferimenti, v. Cass. 28 marzo 2001, n. 4513, in Riv. notariato 2001, 1223 e Cass. 31 ottobre 1989, n. 4554, in Arch. civ. 1990, 727.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato il 9 maggio 1993, i coniugi Bruno e Lucia Masi convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Velletri la Soc. Collina del Sole s.r.l. ed esponevano che in data 22 marzo 1993 Bruno Masi aveva stipulato con la società contratto preliminare di compravendita di un locale sito in Albano Laziale, via Vivaldi n. 5/15, per il prezzo di lire 295 milioni, di cui lire 80 milioni versati a titolo di caparra confirmatoria al momento del preliminare; lire 80 milioni da pagarsi in data 31 marzo 1993 all'immissione in possesso e il saldo di lire 135 milioni alla stipula del contratto definitivo entro il 5 giugno 1993; che il Masi, ottenuta l'iscrizione all'esercizio dell'attività commerciale, aveva comunicato in data 25 marzo 1993 di essere pronto a riceversi il locale, indicando contemporaneamente il notaio per la stipula dell'atto pubblico e chiedendo in visione gli atti amministrativi di regolare costruzione; che la Soc. Collina del Sole aveva trasmesso la documentazione riguardante un locale limitrofo, informando altresì che il mancato rilascio del certificato di agibilità non avrebbe impedito la stipula del contratto definitivo e il rilascio della licenza commerciale; che di fronte a tale comportamento inadempiente della società per la non regolarità della costruzione, il Masi aveva sospeso di eseguire le proprie obbligazioni; che non valeva in contrario la clausola di cui all'art. 5 del preliminare, secondo cui l'acquirente non avrebbe potuto rifiutarsi di prendere in consegna l'immobile e di stipulare l'atto pubblico pur in assenza del certificato di agibilità, trattandosi di clausola limitativa della facoltà di opporre eccezioni che non era stata approvata specificamente dal promissario. Gli attori chiedevano che venisse emessa sentenza costitutiva, ex art. 2932 c.c., dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, offrendo contestualmente di adempiere alle proprie obbligazioni, con condanna della convenuta al risarcimento dei danni; in subordine al pagamento del doppio della caparra.

Costituitasi, la Soc. Collina del Sole resisteva alla domanda, deducendo che la licenza commerciale avrebbe potuto essere rilasciata così come era avvenuto per il locale adiacente e che il mancato rilascio del certificato di agibilità non avrebbe comunque impedito la stipula dell'atto pubblico essendo sufficiente la concessione edilizia. Sosteneva la validità della clausola n. 5 del preliminare e faceva presente che successivamente alla ricezione della notifica dell'atto di citazione aveva invitato il Masi innanzi al notaio per la stipula e deposito dei documenti, ma gli attori non avevano aderito, per cui aveva comunicato che il contratto doveva ritenersi risolto. Pertanto la convenuta proponeva domanda riconvenzionale, chiedendo dichiararsi risolto il preliminare e legittimo l'incameramento della caparra, con condanna degli attori al risarcimento degli ulteriori danni.

Il Tribunale di Velletri, ritenuta la validità della clausola di cui all'art. 5 del preliminare, trattandosi di contratto non per adesione, osservava che, in base a detta clausola, il Masi non avrebbe potuto rifiutarsi di prendere in consegna l'immobile e di stipulare l'atto pubblico, saldando il prezzo, benché la società fosse ancora sprovvista del certificato di agibilità. Inoltre alla data della notifica dell'atto di citazione (9 maggio 1993), anteriore al termine entro il quale si sarebbe dovuto stipulare l'atto definitivo (5 giugno 1993), non poteva configurarsi un inadempimento della convenuta trattandosi di obbligazioni ancora eseguibili e, per quanto riguardava il certificato di agibilità, da potersi consegnare anche successivamente all'atto definitivo. Il Tribunale riteneva, quindi, che il Masi non avrebbe potuto sospendere i pagamenti e rifiutare la stipula dell'atto pubblico; conseguentemente era inadempiente e la società legittimamente aveva esercitato il recesso (così qualificata la domanda riconvenzionale) e incamerato la caparra.

La Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 2524/99 del 9 luglio 1999/6 agosto 1999, accoglieva l'appello principale del Masi, rigettava quello incidentale della società e, in riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava legittimo il recesso dal preliminare esercitato dal Masi e condannava la società al pagamento del doppio della caparra, cioè lire 160 milioni, con gli interessi legali dalla domanda.

Dopo aver osservato che la richiesta di incameramento della caparra implicava di per sé l'esercizio del diritto di recesso, al di là dell'espressione usata dalla società, e che il preliminare non poteva configurarsi come contratto per adesione, onde era da escludere che la clausola di cui all'art. 5 doveva essere approvata specificamente per iscritto, potendo il certificato di agibilità sopravvenire alla stipula delPage 40 rogito notarile, riteneva la Corte romana che giustamente il Masi, prima di aderire alla stipula dell'atto definitivo, aveva preteso che venissero esibiti i documenti e gli atti amministrativi assertivi della regolarità dell'immobile compromesso, come da richiesta di cui alla missiva del 25 marzo 1993, sottolineando con nota successiva del 19 luglio 1993, in replica a quella della società sul deposito dei documenti presso il notaio, come le questioni non erano state risolte, anche perché la costruzione veniva ad essere regolarizzata soltanto con concessione edilizia in variante del 24 marzo 1995 rispetto a lavori da ultimare entro il 24 marzo 1998. Pertanto tale situazione, quanto meno di incertezza, rendeva legittimo il rifiuto del Masi di non aderire alla stipula dell'atto pubblico definitivo e al pagamento della somma residua non potendosi acquistare un immobile del quale non era chiara la legittimità. La Corte d'appello riteneva, quindi, legittima l'eccezione d'inadempimento, ex art. 1460 c.c., sollevata dal Masi e altresì legittimo l'esercitato recesso per essere rimasta la società inadempiente, opponendo la risoluzione del preliminare alla legittima eccezione dell'acquirente. Conseguentemente la società andava condannata alla restituzione del doppio della caparra.

Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Soc. Collina del Sole in base a un solo motivo.

Bruno Masi ha resistito con controricorso. Lucia Masi non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con unico articolato motivo la società ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione nonché violazione dell'art. 1460 c.c. per non avere la sentenza impugnata verificato se il comportamento del Masi era giustificato in base al principio inadimplenti non est adimplendum, non sussistendo da parte della promittente venditrice alcuna violazione dei suoi obblighi contrattuali. Al riguardo la ricorrente deduce che l'unico impegno assunto dalla società era quello dell'espletamento di tutte le pratiche necessarie per ottenere il certificato di abitabilità (agibilità) e l'accatastamento dell'immobile a proprie spese. Non era previsto che tale documentazione dovesse essere conseguita prima della stipula dell'atto pubblico né la società si era mai rifiutata o aveva omesso di eseguire la prestazione dovuta.

Malgrado ciò la Corte d'appello ha ritenuto di individuare la responsabilità della società per mancata stipula dell'atto definitivo nel fatto di non aver dimostrato la regolarità amministrativa e costruttiva dell'immobile compromesso, basandosi sul contenuto di due missive provenienti dallo stesso promissario acquirente. Sostiene la ricorrente che, anche a prescindere dal fatto che per i negozi adiacenti erano già stati stipulati regolari contratti di compravendita e i relativi acquirenti avevano ottenuto la licenza commerciale e che il notaio indicato dal Masi nessuna obiezione aveva sollevato in ordine ai documenti trasmessigli, in ogni caso risultava evidente che nessuna valenza poteva avere, ai fini dell'individuazione di un inadempimento, la conclamata situazione di incertezza, ossia lo stato meramente soggettivo del Masi, non rispondente alla realtà ed affidato, sotto il profilo probatorio, a due note provenienti dallo stesso promissario e ad una concessione in variante sopravvenuta due anni dopo. In altri termini è mancata una precisa e sicura individuazione dell'inadempimento della società e quindi della fondatezza dell'eccezione di inadempimento sollevata dal Masi.

Il motivo è fondato.

In tema di preliminare di compravendita, l'eccezione di inadempimento basata su mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile, non può essere proposta qualora risulti che il promissario acquirente era a conoscenza di tale situazione e la mancanza del certificato non è di...

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