Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine177-205

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 25 febbraio 2003, n. 9027. Pres. Gianvittore - Est. Canzio - P.M. Danesi - Ric. Argentieri.

Amministratore del condominio - Attribuzioni - Rovina di parti comuni dell'edificio - Obbligo giuridico di rimuovere il pericolo - Sussistenza - Ragioni - Configurabilità del reato di cui all'art. 677, comma 3, c.p.

Negli edifici condominiali, poiché l'art. 677 c.p. prevede che anche una persona diversa dal proprietario sia tenuta alla conservazione, manutenzione o riparazione dell'edificio, l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione incombe sull'amministratore, titolare ope legis - salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari - non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni, ma anche del potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente, con obbligo di riferirne alla prima assemblea dei condomini. (C.p., art. 677; c.c., art. 1130; c.c., art. 1135) (1).

    (1) Giurisprudenza consolidata. Cfr., tra le sentenze citate in motivazione, Cass. pen., sez. I, 19 giugno 1996, Vitale, in Cass. pen. 1997, 1008; Cass. pen., sez. IV, 6 maggio 1983, Scarabelli, ivi 1984, 1655 e Cass. pen., sez. VI, 22 aprile 1980, Lavagna. Da ultimo anche Cass. pen., sez. I, 26 gennaio 2001, Di Stefano, in Studium Juris 2002, 105.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con sentenza del 31 maggio 2002 il Tribunale di Brindisi dichiarava l'Argentieri colpevole del reato di cui all'art. 677 comma 3 c.p. perché, quale amministratore dell'edificio condominiale sito in via Taranto 6, non osservava l'ordinanza sindacale con cui gli si faceva obbligo di eseguire lavori urgenti sullo stabile in imminente pericolo di crollo sulla pubblica via e lo condannava alla pena di euro 500 di ammenda. Rilevava il giudice che, accertata dalla polizia municipale la pur parziale inottemperanza a quanto disposto con l'ordinanza sindacale, era ascrivibile all'imputato la violazione contestata, poiché l'Argentieri, in qualità di amministratore del condominio, avrebbe dovuto immediatamente, nonostante l'inerzia dei singoli condomini e indipendentemente dalla risoluzione di eventuali controversie civili, attivarsi per l'esecuzione in via d'urgenza dei lavori straordinari, indispensabili per scongiurare il pericolo di crollo di parti o tratti dell'intonaco di rivestimento dell'edificio, così garantendo la pubblica incolumità degli ignari passanti.

Avverso tale sentenza ha proposto impugnazione il difensore dell'imputato, eccependo la carenza in capo all'amministratore del condominio della qualità di soggetto attivo della contravvenzione de qua (secondo i principi civilistici in materia di condominio, soltanto ai proprietari dell'edificio poteva essere rivolta l'intimazione sindacale all'esecuzione di opere edilizie urgenti a salvaguardia della pubblica incolumità), considerato altresì che dalla prodotta documentazione si rilevava che l'assemblea condominiale, pur recando all'ordine del giorno la questione, aveva omesso di adottare alcuna deliberazione in proposito nelle riunioni appositamente convocate dall'amministratore.

  1. - Ritiene il collegio che sia destituito di fondamento il motivo di gravame fondato sull'erroneo assunto del difetto, in capo all'amministratore del condominio, della qualità di destinatario dell'intimazione sindacale ad eseguire i lavori necessari per far fronte alla situazione di pericolo e, conseguentemente, di soggetto attivo del reato contravvenzionale di cui all'art. 677 comma 3 c.p.

    Il giudice di merito, con adeguato apparato argomentativo, ha fatto invero corretta applicazione nella fattispecie concreta del principio di diritto più volte affermato da questa Corte di legittimità, secondo cui negli edifici condominiali poiché l'art. 677 c.p. prevede che anche persona diversa dal proprietario sia tenuta alla conservazione, manutenzione o riparazione dell'edificio l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione incombe sull'amministratore, pur potendo esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli condomini qualora, per cause accidentali (ad esempio: indisponibilità dei fondi necessari o rifiuto dei condomini di contribuire alla costituzione del fondo spese occorrente), l'amministratore non possa adoperarsi allo scopo suindicato con la necessaria urgenza.

    L'amministratore è infatti titolare ope legis - salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari - non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130 nn. 3 e 4 c.c., ma anche del potere di «ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente» con l'obbligo di «riferirne nella prima assemblea dei condomini», ai sensi dell'art. 1135 comma 2 c.c.; di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per l'eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere (Cass., sez. I, 4 marzo 1997, Cancelliere; 19 giugno 1996, Vitale; sez. IV, 6 maggio 1983, Scarabelli, rv. 159977; sez. VI, 22 aprile 1980, Lavagna, rv. 145901; 4 maggio 1973, Parisi, rv. 125614; sez. III, 13 luglio 1962, La Marca, rv. 98901). (Omissis).

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    @CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 3 febbraio 2003, n. 4844 (ud. 13 dicembre 2002). Pres. Fattori - Est. Atripaldi - P.G. Mura - Ric. Ciancaleoni.

    Circolazione stradale - Guida in stato di ebbrezza - Cortile condominiale - Condomino colto nell'atto di spostare l'auto all'interno di area recintata di pertinenza del condominio - Accesso privo di chiusura - Area ad uso pubblico - Esclusione - Configurabilità del reato ex art. 186, comma 2, nuovo c.s. - Esclusione.

    Poiché l'ambito di operatività dell'art. 186, comma 2, nuovo c.s., deve ritenersi limitato - alla stregua dell'art. 2, comma 1, dello stesso codice - alle sole aree ad uso pubblico di destinazione alla circolazione, non risponde del reato di guida in stato di ebbrezza il condomino colto nell'atto di spostare l'auto all'interno di un'area recintata - sebbene con l'accesso privo di chiusura - di pertinenza esclusiva dello stabile condominiale, senza circolare sulla strada. (Nuovo c.s., art. 2; nuovo c.s., art. 186) (1).

      (1) Curiosa fattispecie in ordine alla quale non constano precedenti.


    (Omissis). MOTIVI DELLA DECISIONE. - Ciancaleoni William ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Perugia, che gli ha ridotto ad euro 520 di ammenda la pena inflittagli dal tribunale per il reato di guida in stato di ebbrezza.

    Il ricorrente adduce l'inapplicabilità dell'articolo 186 comma 2 del codice della strada, atteso che si era limitato a spostare l'auto all'interno del parcheggio condominiale, senza circolare sulla strada.

    Sostiene, inoltre, che l'ebbrezza riconosciutagli era stata determinata da un superalcolico ingerito dopo l'incidente. Si duole, poi, che il giudice di merito aveva utilizzato le dichiarazioni rese dallo zio, il quale non era stato avvisato della facoltà di astenersi dal deporre. In via preliminare, inoltre, eccepisce l'amena modifica del capo d'imputazione, che erroneamente lo voleva alla guida di una Fiat Panda, anziché della Bmw del padre.

    Rilevata l'assoluta irrilevanza e conseguente manifesta carenza d'interesse in ordine all'eccezione preliminare, si osserva, in relazione al primo ed assorbente motivo concernente l'asserita in operatività dell'articolo 186 comma 2 del codice della strada, che, in effetti, la norma in questione, come tutte quelle del codice della strada attinenti alla circolazione dei veicoli, alla stregua dell'articolo 2 comma primo del codice della strada, ha il suo ambito di applicazione limitato alle aree «ad uso pubblico di destinazione alla circolazione».

    Nella verificatasi ipotesi, invece, il parcheggio, dal quale l'imputato in stato di ebbrezza tentava di uscire, pertinenza recintata, esclusiva del suo stabile condominiale, sebbene con l'accesso privo di chiusura, essendo riservato all'uso esclusivo dei condomini, non può in alcun modo considerarsi area di pubblico uso; concretizzando la sua ipotetica utilizzazione da parte di terzi con illecito e non certo un comportamento abitualmente tollerato dai proprietari. Evenienza, questa, comunque non riscontrata ed, anzi, da escludersi per l'essenzialità del servizio in questione.

    Né è legittima l'estensione analogica, in base alla ratio, di detta norma effettuata dalla corte di merito, ostando a ciò il dettato dell'articolo 14 delle disposizioni preliminari del codice civile.

    Pertanto l'impugnata sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. (Omissis).

    @CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 20 gennaio 2003, n. 742. Pres. Calfapietra - Est. Mensitieri - P.M. Russo (conf.)Soc. Elva (avv. Braschi) c. Foccoli ed altri (avv. Romanelli).

    Proprietà - Limitazioni legali della proprietà - Rapporti di vicinato - Norme di edilizia - Piani regolatori - Norme urbanistiche integrative del codice civile - ViolazioneConseguenze - Lesione di un diritto soggettivo - Risarcimento del danno - Ammissibilità.

    In tema di proprietà edilizia, la disposizione di cui all'art. 869 c.c. - secondo la quale i proprietari d'immobili «nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti» - va coordinata con quella di cui al successivo art. 872, che attribuisce al privato la tutela risarcitoria del proprio diritto soggettivo a seguito della violazione delle norme urbanistiche integrative del codice civile, senza subordinarla all'annullamento di provvedimenti amministrativi. (C.c., art. 869; c.c., art. 872) (1).

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