Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine143-210

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 25 gennaio 2002, n. 3026 (c.c. 28 novembre 2001). Pres. Vessia - Est. Morgigni - P.M. Monetti (conf.) - Ric. Caspar e altro.

Esecuzione forzata - Opposizioni - All'esecuzione - Provvedimenti del giudice dell'esecuzione - Natura dell'istanza - Proposizione - Termini - Fattispecie.

L'opposizione ai provvedimenti del giudice dell'esecuzione prevista dagli artt. 667, comma 4, e 676, comma 1, c.p.p. non ha natura di mezzo di impugnazione, bensì di istanza diretta al medesimo giudice allo scopo di ottenere una decisione in contraddittorio. Tale istanza deve essere proposta, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, decorrenti dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza adottata de plano mediante deposito da effettuarsi, a norma dell'art. 121 c.p.p., esclusivamente nella cancelleria del giudice che ha deciso. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato inammissibile, non operando le diverse disposizioni di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p., l'opposizione presentata nei termini nella cancelleria del giudice del diverso luogo in cui si trovava l'interessato). (C.p.p., art. 667; c.p.p., art. 676) (1).

    (1) In generale, in tema di applicabilità per analogia della disciplina delle impugnazioni al procedimento di esecuzione, si vedano Cass. pen., sez. IV, 4 giugno 1998, Sciarabba, in Cass. pen. 1999, 2567 e Cass. pen., sez. I, 18 maggio 1994, Benzi, in questa Rivista 1994, 714 quali espressione della giurisprudenza prevalente che nega tale possibilità.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il 10 maggio 2000 il Giudice per le indagini preliminari di Ancona disponeva l'archiviazione del procedimento penale a carico di Ugo Duca, indagato per il reato di cui all'art. 10 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 115 (immissione di prodotti pericolosi sul mercato).

Con lo stesso provvedimento ordinava la confisca - ai sensi dell'art. 240 comma 2 n. 2 e comma 4 c.p. - dei serbatoi destinati a contenere g.p.l., avendo ritenuto che questi non erano sicuri e non potevano essere commercializzati, non essendo conformi ai requisiti, stabiliti dall'art. 1 della normativa citata e dal decreto ministeriale 31 marzo 1984.

Le società Shell Gas Italia spa e Liquigas spa, in persona dei loro rappresentanti legali pro tempore, nella qualità di proprietarie dei menzionati serbatoi, presentavano al giudice dell'esecuzione istanza di revoca, negando la sussistenza dei presupposti della confisca.

Il 5 settembre 2000 il predetto giudice rigettava la richiesta.

Il 18 settembre 2000 il provvedimento era notificato ai rappresentanti delle società di cui sopra.

Queste ultime, ex art. 667 comma 4 c.p.p., proponevano opposizione, che il 10 novembre 2000 veniva dichiarata inammissibile, perché tardiva.

Il giudice osservava al riguardo che:

1) l'opposizione doveva essere depositata entro il 3 ottobre 2000, cioè nei quindici giorni dalla notifica avvenuta il 18 settembre 2000, mentre era stata presentata in cancelleria il 4 ottobre 2000;

2) nessun rilievo aveva l'inoltro tramite fax in data 3 ottobre 2000, trattandosi di mezzo di trasmissone non equivalente al deposito in cancelleria, prescritto dall'art. 121 c.p.p.;

3) parimenti irrilevante era il deposito, compiuto il 3 novembre (n.d.r.: rectius 3 ottobre) 2000 presso la cancelleria del Tribunale di Milano (luogo nel quale si trova l'interessato), essendo questa modalità consentita soltanto per le impugnazioni e non per l'opposizione de qua;

4) in ogni caso, anche a volere ritenere applicabili analogicamente le disposizioni generali in tema d'impugnazione, dovrebbe escludersi che sia consentito avvalersi della facoltà di presentazione prevista dall'art. 582 comma 2 c.p.p. riservata espressamente solo alle «parti private» (ed ai difensori), qualifica non rivestita dalle società opponenti che hanno mera veste di «interessato».

Ricorrono le società interessate, osservando che, pur se il deposito in cancelleria fosse l'unica modalità di presentazione dell'opposizione, essa sarebbe stata rispettata, poiché il 3 ottobre 2000 ha provveduto a tale incombenza un avvocato del foro di Ancona, nominato sostituto processuale e domiciliatario del difensore, ed al quale l'atto era stato trasmesso per fax.

Evidenziano che il 2 ottobre 2000 l'atto in originale era stato presentato presso l'ufficio rogatorie del Tribunale di Milano e nel contempo spedito direttamente a mezzo raccomandata all'Ufficio Gip di Ancona.

Sostengono che negare natura d'impugnazione all'opposizione determina la sottrazione della richiesta di revoca del provvedimento di confisca alla dialettica processuale con risultato incompatibile con il quadro delle garanzie costituzionali.

Espongono che la confisca è stata disposta, inaudita altera parte, nell'ambito di un procedimento d'archiviazione e che la fase dell'esecuzione si è svolta de plano e, quindi, senza contraddittorio.

Precisano che l'opposizione è l'unico rimedio per introdurre il dibattito processuale e la negazione del carattere d'impugnazione penalizza in modo irragionevole la tutela di diritti garantiti dalla Carta Fondamentale in contrasto con il principio del favor impugnationis.

Assumono, infine, che le società ricorrenti sono parti nel procedimento instaurato davanti al giudice dell'esecuzione.

Con successiva memoria difensiva, in replica alla requisitoria del procuratore generale che ha concluso per il rigetto del ricorso, hanno auspicato che non sia accolta un'interpretazione formalistica delle norme vigenti in materia, atteso che già il regime dell'opposizione non assicura la terzietà del giudice dell'opposizione, il quale è la stessa persona fisica di colui che ha emesso il provvedimento in contestazione.

In ordine al deposito nella cancelleria del giudice dell'esecuzione, da un lato rilevano l'errore materiale compiuto da quest'ultimo nell'ordinanza, in quanto la data nonPage 144 è 4 ottobre 2000 ma 3 ottobre 2000 (cioè l'ultimo giorno utile) e dall'altro contrastano l'assunto del procuratore generale presso la Corte di cassazione nella parte in cui il medesimo ha rilevato che detto deposito è avvenuto presso la procura della Repubblica di Ancona e non nell'ufficio del Gip, constatando che il Gip nel suo provvedimento ha dato atto del deposito presso la cancelleria.

Il ricorso veniva assegnato alla terza sezione penale, che il 10 luglio 2001 rimetteva il ricorso alle sezioni unite, rilevando l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza con riferimento «all'applicabilità delle disposizioni in tema di presentazione e spedizione dell'impugnazione all'opposizione ai sensi dell'art. 667 quarto comma c.p.p.».

Successivamente il procuratore generale ha integrato la precedente requisitoria, insistendo nella richiesta di rigetto. Nell'occasione, ha esposto che le sentenze, con le quali è stata accolta la tesi dell'applicabilità analogica dell'art. 568 comma 5 c.p.p. all'ipotesi di ricorso per cassazione erroneamente proposto in luogo dell'opposizione, sono limitate a questo profilo, senza ulteriori estensioni analogiche in relazione alla disciplina stabilita dagli artt. 582 e 583 in materia di presentazione e spedizione dell'atto d'impugnazione.

Il primo presidente trasmetteva gli atti all'ufficio del ruolo e del massimario, che il 12 novembre 2001 redigeva la relazione.

La questione sottoposta all'esame delle sezioni unite è la seguente:

se l'opposizione all'ordinanza de plano, emessa dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 667 comma 4 c.p.p., costituisca impugnazione o rimedio analogo, con riferimento alle modalità di presentazione, e se, conseguentemente, possano trovare applicazione le modalità di presentazione del gravame previste dagli artt. 582 e 583 ovvero soltanto quelle del deposito della cancelleria dello stesso giudice ai sensi dell'art. 121 c.p.p.

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MOTIVI DELLA DECISIONE. - In fatto l'opposizione:

1) è stata depositata il 3 ottobre 2000 presso l'ufficio della procura della Repubblica di Ancona (come risulta dal timbro);

2) è stata spedita per raccomandata il 2 ottobre 2000 all'ufficio Gip di Ancona;

3) è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale di Milano il 2 ottobre 2000.

Il ricorso è fondato.

La legislazione in materia.

Come è noto, sulla confisca, in virtù dell'art. 676 c.p.p. «il giudice dell'esecuzione procede a norma dell'art. 667 comma 4».

L'art. 667 comma 4 così recita:

Il giudice dell'esecuzione provvede in ogni caso senza formalità con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato. Contro l'ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l'interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell'art. 666. L'opposizione è proposta, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza

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L'art. 666 citato regola il «procedimento d'esecuzione».

Al comma 2 prevede che: «Se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge... il giudice, sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato, che è notificato entro cinque giorni all'interessato. Contro il decreto può essere proposto ricorso per cassazione».

Nel caso in esame l'opposizione è stata ritenuta tardiva e, quindi, inammissibile.

La giurisprudenza.

Sulla questione specifica innanzi indicata, invero, non solo non esiste alcun contrasto di giurisprudenza ma non vi sono precedenti specifici.

L'ordinanza di rimessione si riferisce al tema più generale dell'applicabilità per analogia della disciplina generale delle impugnazioni al procedimento d'esecuzione, argomento sul quale è stata rilevata l'esistenza d'un contrasto, tra la prevalente giurisprudenza,che esclude tale possibilità (sez. I, sent. 01738 del 18 luglio 1990 c.c. 14 giugno 1990 rv. 184952 ric. Cona; sez. I sent. 01744 del 18 maggio 1994 c.c. 15 aprile 1994 rv. 197631 ric. Benzi; sez. I ord. 00739 del 25 marzo 1995 c.c. 7 febbraio 1995 rv. 200501 ric. Caternicchia...

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