Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 12 dicembre 2001, n. 44515 (c.c. 19 aprile 2001). Pres. Frangini - Est. De Grazia - P.M. Monetti (conf.).

Misure di sicurezza - Patrimoniali - Confisca - Ex art. 12 sexies D.L. n. 306/1992 - Applicazione della pena su richiesta - Estensione della confisca anche a somme costituenti provento o profitto del reato - Rapporto con l'art. 240 c.p.

La confisca «del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza», prevista come obbligatoria dall'art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, conv. con modif. in legge 7 agosto 1992 n. 356, nel caso non solo di condanna ma anche di applicazione della pena su richiesta per taluno dei delitti indicati in detta norma, deve trovare applicazione, verificandosi detta seconda ipotesi, anche quando il danaro, i beni o le altre utilità non siano qualificabili come «prezzo» del reato (e, come tali, soggetti comunque a confisca per il combinato disposto degli artt. 445, comma 1, c.p.p., e 240, comma 2, n. 1, c.p.), ma siano invece qualificabili come «prodotto» o «profitto» del reato medesimo. (Fattispecie attinente a confisca di denaro ritenuto provento del reato di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti). (Mass. redaz.). (C.p.p., art. 444; c.p.p., art. 445; c.p., art. 240; D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies) (1).

    (1) Per utili riferimenti in tema di applicabilità della confisca di cui all'art. 12 sexies D.L. n. 306/92 alle ipotesi previste dall'art. 73 D.P.R. n. 309/1990, v. Corte cost., ord. 28 marzo 2000, n. 88, in questa Rivista 2000, 572 e Cass. pen., sez. IV, 5 aprile 2000, De Santis, ivi 2000, 1078. Nel senso che la confisca obbligatoria predetta può essere disposta dal giudice dell'esecuzione al momento della condanna o del patteggiamento, v. Cass. pen., sez. un., 17 luglio 2001, ivi 2001, 718.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con sentenza del 2 dicembre 1999 il Gip del Tribunale di Firenze applicava la pena concordata ex art. 444 c.p.p. di anni due di reclusione e lire 12.000.000 di multa nei confronti di Del Sordo Marco, imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 c.p., 73, quarto comma, e 80, comma 2, D.P.R. per avere detenuto al fine di cessione a terzi, in concorso con Fiasconi Ilario, kg. 44,780 di hashish e individualmente ulteriori kg. 3,996 della stessa sostanza, oltre a minor quantitativi di marjuana e di cocaina.

Nulla in sentenza disponeva circa l'avvenuto sequestro da parte della P.G. della somma di lire 7.100.000, appartenente al Del Sordo.

Questi presentava istanza di restituzione della somma di denaro che il Gip con ordinanza de plano del 3 aprile 2000 rigettava, disponendo la confisca del denaro ex art. 12 sexies, primo comma, D.L. 8 giugno 1992 n. 306, conv. nella legge 7 agosto 1992 n. 356, aggiunto dall'art. 2 D.L. 20 giugno 1994 n. 393, conv. nella legge 8 agosto 1994 n. 501.

Norma questa che prevede a carico della persona condannata o nei confronti della quale sia stata emessa sentenza di applicazione di pena - per il delitto di cui all'art. 73 citato - la confisca delle somme di cui essa non giustifichi la provenienza.

Avverso detta ordinanza il 21 aprile 2000 il Del Sordoproponeva opposizione ex art. 667, comma 4, c.p.p. al Gip quale giudice dell'esecuzione.

Il G.E. confermava il proprio provvedimento di confisca del 3 aprile 2000 rigettando l'opposizione.

Il Del Sordo ricorre in Cassazione censurando l'ordinanza del G.E. laddove questi aveva ritenuto che il ricorrente in relazione alla somma confiscatagli non aveva dimostrato il suo ius possidendi giustificandone la legittima provenienza, il che non corrispondeva al vero avendo egli indicato la provenienza della somma di denaro, per altro modesta di lire 7.100.000 dalla co-gestione dell'esercizio «discopub» denominato «Il Papero nero» in Gambarsi o dalla gestione del circolo «Arci» della località Sant'Andrea di Empoli.

Deduce, inoltre, che l'ordinanza andava annullata sotto altro profilo e precisamente per la ragione che non aveva ricondotto la locuzione contenuta nell'art. 12 sexies «e sempre disposta la confisca del denaro... di cui il condannato non può giustificare la provenienza» alla nozione di cosa ovvero denaro costituente «prezzo del reato», in quanto se non così interpretata ed applicata la norma speciale finirebbe per contrastare e disattendere completamente la disciplina generale prevista dall'art. 240 c.p. con riferimento all'art. 445, primo comma, c.p.p.

Le prospettate censure non hanno pregio, valendo le considerazioni che quindi di seguito si espongono.

Invero, precisato che la confisca è stata disposta in base alla normativa specifica sopra indicata - art. 12 sexies - dall'ordinanza impugnata non risulta che il giudice dell'esecuzione, nel rigettare l'opposizione, non abbia correttamente e adeguatamente motivato.

Questi ha ritenuto nella sua valutazione in punto di fatto che il Del Sordo in relazione al denaro sequestratogli non aveva offerto validi elementi per ritenerne la legittima provenienza; e, a supporto del suo convincimento, ha indicato circostanze di rilievo acquisite alla sua cognizione e, sul piano logico, non assolutamente irragionevoli.

Di certo non basta (dovendone egli, in base al disposto normativo, giustificarne la provenienza) che l'istante abbia fatto riferimento come fonte di reddito alla co-gestione dell'esercizio «Il Papero nero» e del circolo Arci, senza allegare alcuna documentazione a comprova di tale assunto.

Argomentazione questa di rilievo, tanto più - come osservato nell'ordinanza - che lo stesso Del Sordo, in evidente contrasto con tale assunto, nell'interrogatorio reso al P.M. il 5 febbraio 1999, aveva affermato di essersi deciso a commettere l'operazione illecita - acquisizione dell'ingente quantitativo di hashish per la susseguente rivendita - «proprio perché in difficoltà economiche» ed essendosi poi acquisita la prova che uno dei locali, «Il Papero nero», era piuttosto utilizzato per detenervi l'hashish - 16 panetti vennero ivi rinvenuti -.

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Né può avere rilievo sul punto l'affermazione che, esigendosi dall'imputato la dimostrazione della liceità di provenienza del bene, in tal modo si opererebbe da parte dell'interprete un'inversione dell'onere della prova che, in base all'ordinamento, deve gravare invece sull'accusa.

È stato il legislatore e non l'interprete, infatti, che per ragioni di politica criminale, per determinati reati di maggiore allarme sociale e in relazione ai quali non agevole è la prova circa la illiceità della formazione di redditi, che ha imposto al giudicabile o al condannato tale onere e ciò lo si desume dal testo letterale della norma sopra menzionata.

In relazione a tale onere probatorio non può, quindi, sostenersi che il Del Sordo, con la mera indicazione della fonte, all'indicato onere abbia assolto.

Infondata è di poi l'altra censura nei termini come sopra prospettata.

È pur vero e non si contesta infatti che, con l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., è solo consentita la confisca obbligatoria ex art. 240, secondo comma, c.p. e tale misura di sicurezza deve riguardare tutto ciò che è prezzo del reato e in tale accezione non è riconducibile il provento o il profitto, oggetto semmai di confisca facoltativa in caso di condanna.

Se ciò è vero, pure nel contempo va evidenziato che il legislatore, sempre per ragioni di politica criminale, ha codificato altre ipotesi, specifiche, di confisca obbligatoria, fra le quali quella prevista per l'appunto dall'art. 12 sexies, da ultimo modificato ex art. 24 legge 13 febbraio 2001 n. 45.

Il testo di tale norma prevede che nei casi di condanna o di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. «per taluno dei delitti previsti dagli artt. 73, esclusa la fattispecie di cui al quinto comma, e 74 D.P.R. n. 309/90 - è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini della imposta sul reddito e alla propria attività economica».

Dal surriferito testo della norma emerge in tutta evidenza che il legislatore ha inteso togliere con la confisca tutto ciò che può essere ricondotto sottoforma di prezzo, profitto o provento al traffico della droga, ovviamente alla condizione che il giudicabile o il condannato non sia stato in grado di giustificare la provenienza del denaro, beni ed altre utilità sequestrati.

E per rendere più incisivo l'intervento dello Stato nello specifico settore, date le allarmanti dimensioni del fenomeno, fermo il disposto di cui al secondo comma dell'art. 445 c.p.p. ne ha ampliato, infatti, l'ambito di intervento, tant'è che nella locuzione adoperata dal legislatore è fatto il riferimento per lo spacciatore a qualsiasi utilità non giustificata ed addirittura è fatto riferimento a quanto costituisce sproporzione tra il reddito dichiarato e l'attività economica espletata.

Se questa è la lettera e nel contempo la ratio della norma, art. 12 sexies, dopo la sua entrata in vigore e con la modifica di cui all'art. 24 legge 13 febbraio 2001 n. 45, è evidente che la misura di sicurezza della confisca obbligatoria non può, nello specifico settore, riguardare unicamente il prezzo del reato bensì qualsiasi altra utilità, ivi compresi, prodotto e profitto, qualsiasi altra diversa interpretazione sul collegamento tra la norma di cui al secondo comma dell'art. 240 c.p. e la sopraggiunta norma particolare sopra menzionata risultando anomala e ingiustificatamente riduttiva.

Il ricorso va, quindi, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 10 dicembre 2001, n. 44153 (ud. 19 ottobre 2001). Pres. Toriello - Est. Novarese - P.M. De Nunzio (diff.). - Ric. Bertoni.

Prostituzione - Aggravan...

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