Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 20 marzo 2002, n. 11275 (c.c. 17 gennaio 2002). Pres. Zumbo - Est. Grillo - P.M. Favalu (conf.) - Ric. Palmieri.

Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Tutela penale - Reato di cui all'art. 118 D.L.vo n. 490/ 99 - Configurabilità - Conseguenze - Provvedimenti cautelari reali - Applicabilità.

In tema di tutela penale dei beni culturali, è configurabile, quanto meno ai fini della sussistenza del fumus delicti idoneo a legittimare provvedimenti cautelari reali, il reato di cui all'art. 118 del T.U. approvato con D.L.vo 29 ottobre 1999 n. 490 allorché, in presenza di un'autorizzazione all'effettuazione di determinati interventi, accompagnata dalla prescrizione che questi vengano comunque sottoposti a verifiche in corso d'opera da parte della competente sovrintendenza, tale condizione non risulti osservata. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 321; D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 490, art. 118) (1).

    (1) Nulla in esatti termini. Per utili riferimenti in argomento, v. F. ROCCA, Introduzione alla voce Beni culturali, ne Il codice dell'ambiente, a cura di S. MAGLIA e M. SANTOLOCI, Ed. La Tribuna, Piacenza 2002, pp. 815 ss.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con provvedimento 6 agosto 2001, il Gip presso il Tribunale di Trani, accogliendo la richiesta del P.M. in data 2 agosto 2001, disponeva il sequestro preventivo dell'impianto di illuminazione installato presso la Cattedrale di Trani, con disattivazione e smontaggio immediato di esso, ipotizzando, nei confronti di Palmieri Roberto - funzionario Enel responsabile della progettazione ed esecuzione dei lavori, nonché condirettore degli stessi - i reati di cui agli artt. 635 e 733 c.p., 11 e 59 L. n. 1089/1939.

In data 13 settembre 2001, il Gip, richiesto di revocare la detta misura, o comunque di disporre la rimozione dei sigilli, accoglieva l'istanza subordinata, disponendo la temporanea rimozione dei sigilli e la sospensione dello smontaggio dell'impianto, al fine di consentire alla competente soprintendenza di compiere le necessarie verifiche sullo stesso.

Del provvedimento di sequestro preventivo il Palmieri chiedeva il riesame ed il Tribunale di Bari, con l'ordinanza indicata in premessa, pur riconoscendo l'insussistenza del fumus relativamente alla contravvenzione di cui all'art. 733 c.p., rigettava l'istanza, ravvisando l'ipotizzabilità degli altri reati, nonché la sussistenza del periculum in mora.

Ricorre per cassazione l'indagato, deducendo: 1) insussistenza del fumus commissi delicti in ordine alla contravvenzione di cui all'art. 733 c.p. ed assoluta mancanza e manifesta illogicità della motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, in quanto il tribunale, dopo aver escluso l'astratta configurabilità della stessa, avrebbe dovuto coerentemente dichiarare la nullità del decreto di sequestro, quantomeno in relazione a tale contravvenzione; 2) nullità ed illegittimità del sequestro per mancanza del fumus commissi delicti in ordine al reato di cui agli artt. 11 e 59 L. n. 1089/1939 ed assoluta mancanza e manifesta illogicità della motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, giacché per le opere in questione era stata rilasciata la prevista autorizzazione (con nota 2 agosto 2000, prot. 9195), quantunque la Soprintendenza avesse posto la condizione di verificare «ogni passaggio esecutivo» con appositi sopralluoghi; inoltre, nullità del sequestro e del provvedimento, impugnato per inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 118 D.L.vo n. 490/1999, che ha sostituito gli artt. 11 e 59 della legge del '39, in quanto la nuova formulazione normativa prevede la contravvenzione soltanto nel caso di opere realizzate «senza autorizzazione», e non anche di quelle «in parziale o totale difformità rispetto all'autorizzazione» rilasciata dalla Soprintendenza; infine, pur rientrando la contravvenzione prevista dal menzionato art. 118 nella categoria dei reati c.d. di pericolo presunto, la condotta posta in essere dall'agente deve pur sempre essere dotata del carattere dell'offensività, vertendosi altrimenti nell'ipotesi di reato impossibile; 3) nullità ed illegittimità del sequestro per mancanza del fumus commissi delicti in ordine al reato di cui all'art. 635 cpv. c.p. ed assoluta mancanza e manifesta illogicità della motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, per carenza dell'elemento soggettivo del reato (dolo), atteso che né prima né durante l'esecuzione dei lavori la Curia aveva in alcun modo manifestato dissenso alla realizzazione dell'impianto, pur informata dell'iniziativa dell'Enel a seguito della convenzione con la Regione Puglia; 4) nullità ed illegittimità del sequestro per mancanza del periculum in mora, ed assoluta mancanza e manifesta illogicità della motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, perché, non essendo i lavori proseguiti dopo la diffida della Curia, non si comprende quali altri reati potrebbero essere commessi in assenza del vincolo cautelare, né può temersi la messa in funzione dell'impianto, in quanto lo stesso non è stato ancora ultimato; 5) abnormità, nullità ed illegittimità del sequestro, nella parte concernente lo smontaggio immediato dell'impianto, ed assoluta mancanza e manifesta illogicità della motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, quantunque tale ordine sia stato successivamente sospeso dal Gip, in quanto comunque, fino alla permanenza del vincolo, l'impianto non potrebbe essere messo in funzione e «un sequestro che comportasse la distruzione della res perderebbe la sua natura e la sua finalità e si trasformerebbe in un ordine di demolizione, tanto intempestivo, quanto illegittimo», anche perché l'art. 59 L. n. 1089/1939 (ora art. 131 D.L.vo n. 490/1999) non conferisce al giudice penale il potere di ordinare, neppure in via suppletiva, rimozioni o intervento sui beni.

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All'odierna udienza, il difensore propone un nuovo motivo di ricorso, ex art. 311, comma 4, e 325, comma 3, c.p.p.: inosservanza di disposizioni processuali previste a pena di nullità (artt. 309, commi 9 e 10, 322, 324, comma 7, c.p.p. in relazione agli artt. 178, lett. c, e 606, comma 1, lett. c ed e c.p.p.), nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto. Assume, invero il ricorrente che, tra gli atti utilizzati dal Gip per l'emissione della misura cautelare e trasmessi al tribunale del riesame, non era stata inserita la copia del progetto esecutivo, approvata dalla Soprintendenza, sebbene potesse avere valore decisivo ai fini della pronunzia, donde la nullità dell'ordinanza impugnata.

Indi il P.G. e la difesa concludono come sopra riportato. Il ricorso merita accoglimento nei limiti appresso indicati.

La prima doglianza è inammissibile per carenza di interesse.

Infatti il tribunale ha escluso l'astratta configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 733 c.p., e proprio per le ragioni poste a base del ricorso dell'indagato. Ciò nondimeno ha ritenuto di respingere la richiesta di riesame, finalizzata all'annullamento della misura cautelare, ritenendo quest'ultima giustificata in relazione agli altri due reati ipotizzati dal Gip.

Il provvedimento del tribunale quindi è, sul punto, correttamente e congruamente motivato, né comporta alcuna nullità il fatto che nel dispositivo non vi sia traccia di tale argomentazione, giacché questo ha ad oggetto soltanto la conferma o meno del sequestro preventivo, determinazione in ordine alla quale non rileva se una delle ragioni per cui venne adottata la misura sia stata poi ritenuta insussistente, ferma restando la fondatezza delle altre.

La seconda doglianza, relativa alla configurabilità del reato previsto dagli artt. 11 e 59 L. n. 1089/1939 si articola, come sopra ricordato, in tre censure.

Rileva, innanzi tutto, il collegio che, per quanto concerne il caso in esame, la nuova formulazione della norma ad opera del testo unico in materia di beni culturali ed ambientali (D.L.vo n. 490/1999) - contrariamente all'assunto del ricorrente - nulla ha innovato rispetto alla vecchia disciplina; infatti anche l'art. 11 L. n. 1089/1933 vietava - come l'attuale art. 118 - gli interventi, sui beni vincolati, non preceduti dalla prescritta autorizzazione, senza prevedere il caso di esecuzione delle opere in difformità dall'autorizzazione regolarmente rilasciata, per cui la nuova disciplina non incide sulla fattispecie in esame.

Ma la questione è un'altra. Non si tratta, invero, di stabilire se, in presenza di autorizzazione, sussista la contravvenzione de qua qualora le opere realizzate non siano conformi alla stessa, bensì di verificare se possa considerarsi sussistente un'autorizzazione «condizionata», nell'ipotesi in cui la condizione non si verifichi, e cioè quale sia la sorte - tornando al caso in esame - di un'autorizzazione subordinata ad un determinato comportamento del destinatario di essa, quando questo non venga posto in essere.

Secondo il tribunale, l'autorizzazione ottenuta dall'Enel deve considerarsi inefficace, in quanto, in sede di approvazione del progetto esecutivo, la Soprintendenza l'aveva sottoposta a specifica condizione, e cioè quella di verificare «prima di procedere alla definitiva collocazione di linee di alimentazione e/o corpi illuminanti, ... l'effettiva necessità, sia in termini quantitativi che di compatibilità formale rispetto alle anzi dette peculiarità monumentali», ribadendo successivamente, in occasione di sopralluoghi, che «ogni fase dell'intervento doveva essere preventivamente concordata con questa Soprintendenza».

Pertanto, non avendo l'Enel ottemperato a tale obbligo condizionante, l'autorizzazione deve ritenersi inefficace, donde l'ipotizzabilità del reato.

Ricorda il collegio che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del...

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