Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 19 novembre 2002, n. 38809 (ud. 5 giugno 2002). Pres. Trojano - Est. Gramendola - P.M. De Sandro (diff.)Ric. Tambasco.

Favoreggiamento - Personale - Elemento oggettivo - Estremi - Reato presupposto - Configurabilità - Elemento materiale della fattispecie - Momento della commissione - Successive modifiche normative incidenti sul reato - Rilevanza - Esclusione.

In tema di favoreggiamento personale (realizzabile anche con il semplice mendacio), il reato presupposto costituisce elemento materiale della fattispecie, la cui configurabilità va quindi apprezzata con riferimento al momento della commissione, nulla rilevando le eventuali successive modifiche normative incidenti sul reato anzidetto. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto la permanente configurabilità del favoreggiamento personale a carico di soggetto il quale aveva falsamente dichiarato all'autorità inquirente di essere stato alla guida di un'autoveicolo allo scopo di scagionare dall'addebito di guida senza patente, all'epoca costituente reato, colui dal quale il medesimo autoveicolo era stato invece condotto). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 378; c.s., art. 116) (1).

    (1) In tema di mendaci dichiarazioni ad un'autorità inquirente, si veda Cass. pen., sez. VI, 18 dicembre 1998, Forni M., in questa Rivista 1999, 34, secondo cui, fra il delitto previsto dall'art. 378 c.p. e quello di cui all'art. 371 bis dello stesso codice esiste un rapporto di specialità unilaterale per specificazione, che esclude il concorso giacché alla norma generale dettata dall'art. 378, che prevede una fattispecie a forma libera, se ne accosta un'altra che, tra le molteplici condotte potenzialmente idonee a pregiudicare il regolare svolgimento delle indagini, incrimina soltanto quella che si materializza in dichiarazioni false o reticenti rese al pubblico ministero. Ancora, Cass. pen., sez. VI, 23 settembre 1993, Darmanin, ivi 1994, 1057, ha stabilito che la reticenza e il mendacio sulla identità di chi ha compiuto un delitto, oggettivamente idonee a sviare e rallentare le indagini integrano il reato di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.), essendo irrilevante che la polizia sia già a conoscenza della identità e della partecipazione al delitto della persona di cui fu sottaciuto il nome. Le investigazioni di polizia giudiziaria, infatti, sono finalizzate sia a prendere notizia dei reati e identificarne l'autore (ed una pluralità di fonti concorre ad una indiscutibile identificazione), sia a «raccogliere quant'altro possa servire all'applicazione della legge penale» (artt. 219 c.p.p. del 1930 e 55 c.p.p.), cioè una compiuta ricostruzione dell'episodio criminoso. Sulla questione del rapporto tra il reato di cui all'art. 378 c.p. e la falsa testimonianza, da segnalare Cass. pen., sez. I, 26 giugno 1986, Parpalia, ivi 1987, 360, secondo cui non sussiste rapporto di specialità tra il delitto di falsa testimonianza e quello di favoreggiamento personale stante la diversità dell'elemento oggettivo dei due reati. Pertanto, nel caso di mendacio, diretto a favorire l'autore di un delitto, e compiuto avanti agli organi di polizia giudiziaria, si configura il delitto di favoreggiamento personale, mentre sussiste il delitto di falsa testimonianza quando le dichiarazioni, false e reticenti, siano rese avanti all'autorità giudiziaria in sede testimoniale. Di altro avviso Cass. pen., sez. III, 10 maggio 1973, Scarlata ed altro, in ..... secondo cui, quando le mendaci dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria per aiutare l'autore di un reato siano ripetute in una testimonianza all'autorità giudiziaria, si ha concorso dei delitti di favoreggiamento personale e di falsa testimonianza, trattandosi di fatti che violano diverse obiettività giuridiche. Ricorre invece soltanto il delitto di falsa testimonianza, e non anche quello di favoreggiamento personale, quando il mendacio sia limitato alla deposizione testimoniale resa all'autorità giudiziaria, e ciò perché la falsa testimonianza è ipotesi speciale di reato rispetto al favoreggiamento personale.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con sentenza in data 28 aprile 2000 il Tribunale di Nuoro in composizione monocratica dichiarava Tambasco Rosaria colpevole del reato di cui all'art. 378 c.p. e con la concessione delle attenuanti generiche la condannava alla pena di lire 500.000 di multa.

Con la medesima sentenza il medesimo tribunale assolveva Vargiu Francesco, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, dalla contravvenzione di cui agli artt. 116 comma 1 e 13 del codice della strada, adottando i provvedimenti conseguenziali.

Era ascritto alla Tambasco di avere aiutato il Vargiu, che aveva commesso il reato di guida senza patente, affermando, contrariamente al vero, che a guidare l'autovettura era lei e non l'uomo ed in tale modo eludendo le investigazioni dell'autorità.

Fondava il giudice di prime cure il suo convincimento di colpevolezza alla stregua delle risultanze dell'istruttoria dibattimentale e specificamente della testimonianza del verbalizzante, che aveva proceduto alla contestazione della contravvenzione al Vargiu e al sequestro del mezzo e successivamente aveva ricevuto la dichiarazione della Tambasco che a guidare l'autovettura nella circostanza era lei e non il Vargiu.

Avverso tale sentenza propone appello l'imputato a mezzo del suo difensore, il quale nei motivi a sostegno denunzia: la mancanza di motivazione in punto di affermazione di responsabilità della imputata, non essendo chiara la deposizione accusatoria del verbalizzante, e non essendo la presunta ammissione di colpa dell'imputata idonea ad ostacolare o intralciare le indagini; nonché l'inosservanza o erronea applicazione dell'art. 378 c.p., che presuppone la commissione di un delitto o di una contravvenzione e non un mero illecito amministrativo; in subordine la mancata applicazione dell'esimente di cui all'art. 384 c.p.

La Corte territoriale, qualificata l'impugnazione come ricorso, trasmetteva con ordinanza gli atti a questa Corte, applicando il principio del tempus regit actum, giacché alla data dell'impugnazione l'art. 593 comma 3 c.p.p., modificato dall'art. 18 legge 24 novembre 1999 n. 468, prevedeva l'inappellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria.

Il ricorso è inammissibile.

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Ed invero, quanto al primo motivo, il ricorrente introduce una mera censura in fatto, inammissibile in sede di legittimità, essendo il percorso argomentativo, seguito dal giudice di merito, per ritenere idonea la condotta, posta in essere dall'imputata, ad integrare l'elemento oggettivo della fattispecie criminosa contestata, congruo, coerente, ed in linea con la giurisprudenza di legittimità, a mente della quale, la fattispecie de quo appartiene alla categoria dei reati a condotta libera, in quanto il comportamento integrante il reato ex art. 378 può essere costituito da qualunque fatto umano, teso ad influire sulla conoscenza della autorità pubblica, onde anche il mendacio costituisce condotta punibile (Cass., sez. VI, n. 1401 del 15 febbraio 1982). Nel caso in esame è più che evidente che l'affermazione dell'imputata, in quanto intesa a far risultare come conducente una persona diversa da quella risultante dal verbale di contravvenzione, comportando una indagine sull'autenticità dell'atto, era senza dubbio idonea alla elusione delle investigazioni.

Quanto al secondo motivo, rileva questa Corte, analogamente a quanto si verifica per la calunnia, che il reato presupposto costituisce elemento materiale della fattispecie, e come tale va apprezzato al momento consumativo di esso, senza che sulla sua configurabilità possano influire modifiche legislative incidenti sulla definizione del reato presupposto, che nulla hanno a che vedere con il principio stabilito dall'art. 2 c.p. (Cass., sez. VI, n. 8827 del 21 maggio 1999). Nel caso in esame quindi la depenalizzazione del reato di guida senza patente, siccome intervenuta in epoca successiva alla commissione del fatto, poco rileva ai fini della configurabilità della fattispecie criminosa contestata.

Quanto infine al terzo motivo, non è affatto ravvisabile la violazione dell'art. 384 c.p., giacché, a parte il fatto che l'ipotesi della convivenza, per giurisprudenza costante, non realizza l'esimente prevista dalla cit. norma, non è ravvisabile in una contravvenzione, quale è quella di guida senza patente, quell'inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore, alla cui tutela è posta la norma medesima.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 18 novembre 2002, n. 38498 (ud. 11 settembre 2002). Pres. Santacroce - Est. Morgigni - P.M. De Sandro (conf.) - Ric. P.G. in proc. Lenoci.

Abuso d'ufficio - Altrui danno ingiusto - Mera conseguenza accessoria - Inevitabilità - Certezza di realizzare una pubblica finalità - Esclusione.

In tema di abuso d'ufficio dal quale sia derivato un danno ingiusto, la necessaria intenzionalità di tale risultato, non potendo consistere nella mera consapevolezza del suo prodursi per effetto della condotta posta in essere in violazione di leggi o regolamenti, viene meno qualora il pubblico ufficiale agisca nella certezza di realizzare una finalità pubblica e, pur avvedendosi del risultato dannoso per l'interessato, adotti ugualmente il provvedimento, considerando come prioritaria la suddetta finalità, rispetto alla quale, quindi, il danno ingiusto viene a raffigurarsi come conseguenza soltanto indiretta ed inevitabile. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata esclusa, per difetto dell'elemento soggettivo, la configurabilità del reato de quo a carico di un provveditore agli studi il quale, per ritenute, imprescindibili esigenze di...

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