Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine679-708

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 24 aprile 2003, n. 19293 (c.c. 26 febbraio 2003). Pres. Marzano - Est. De Biase - P.M. Martusciello (parz. diff.) - Ric. P.M. in proc. Converso

Guida in stato di ebbrezza - Trattamento sanzionatorio - D.L.vo n. 274/2000 - Applicabilità - Sentenza di patteggiamento - Impugnata limitatamente alla mancata applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente.

La sentenza di patteggiamento emessa per i reati di cui all'art. 186 comma 2 e comma 6, che sia stata impugnata limitatamente all'omessa applicazione di sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, non è irrevocabile e, pertanto, non preclude l'applicazione, ai sensi degli artt. 64 D.L.vo n. 274/2000 e 2 c.p., comma 3, delle nuove sanzioni più favorevoli introdotte dal D.L.vo predetto ai reati commessi precedentemente la sua entrata in vigore. (Mass. Redaz.). (Nuovo c.s., art. 186; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 61) (1).

    (1) In tema di applicazione della nuova disciplina introdotta dal D.L.vo n. 274/2000, recante disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, v. Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2003, Reja, in questa Rivista 2003, 193; Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2003, n. 1017, ibidem e Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2003, n. 1007, ibidem. Inoltre, per un commento articolo per articolo del D.L.vo n. 274, v. F. BARTOLINI, P. CORSO, Il codice del giudice di pace, Ed. La Tribuna, Piacenza 2003.

(Omissis). MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il P.G. della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa il 5 giugno 2002, ex art. 444 c.p.p., dal Tribunale di Venezia, sez. distaccata di Chioggia, nei confronti di tal Giovanni Converso, per il reato di cui all'art. 186, secondo comma, codice della strada, nonché per il reato di cui all'art. 186, sesto comma, della medesima normativa (fatti avvenuti in Cavarzere, il 13 gennaio 2001). Deduce il ricorrente che alla condanna (giorni 8 di arresto ed Euro 200 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva, così in totale Euro 472,44 di ammenda) andava aggiunta anche la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, che segue di diritto all'accertamento della responsabilità per il reato de quo.

Il rilievo è fondato.

La sentenza di patteggiamento, pur non potendosi considerare sentenza di condanna, è tuttavia equiparata espressamente (art. 445, comma 1, c.p.p.) ad una sentenza di condanna. Secondo l'orientamento ormai consolidato di questa Suprema Corte (Cass. 27 marzo 1997, 3254; Cass. 6 dicembre 1995, 1633) confermato anche dalle sezioni unite (Cass., S.U. 27 maggio 1998, Bosio), il giudice che procede con il rito del patteggiamento è tenuto ad applicare anche l'eventuale sanzione amministrativa accessoria, trattandosi di provvedimento sanzionatorio previsto da leggi speciali che non postula un giudizio di responsabilità ma consegue di diritto alla sentenza di patteggiamento.

Si impone dunque l'annullamento dell'impugnata sentenza che non ha provveduto nel senso ora considerato.

L'annullamento va poi pronunciato anche sotto altro profilo.

Rileva infatti il Collegio che a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274 sulla competenza penale del giudice di pace, il reato previsto dall'art. 186, comma VI, codice della strada è stato attribuito alla competenza di detto giudice e per esso, a norma dell'art. 52, sono state introdotte nuove sanzioni, essendosi previsto, per quanto qui interessa, che quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto si applica la pena pecuniaria da uno a cinque milioni o la permanenza domiciliare da 15 a 45 giorni o il lavoro di pubblica utilità da 20 giorni a sei mesi.

Le nuove sanzioni, che meno pesantemente incidono sulla situazione del condannato, sono sicuramente più favorevoli delle precedenti e pertanto ai sensi dell'art. 64 comma 1 della medesima legge e del richiamato art. 2, comma 3, c.p. devono trovare immediata applicazione nei procedimenti a carico anche per i reati commessi precedentemente.

Rileva in particolare nel presente caso l'art. 2, comma 3, del codice penale in base al quale se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e quella posteriore sono diverse, si applica quella più favorevole salvo che sia pronunciata sentenza irrevocabile di condanna. Si pone dunque il quesito se la sentenza che viene in considerazione nella presente fattispecie, in cui l'impugnazione del pubblico ministero ha riguardato solo la mancata applicazione della sanzione amministrativa accessoria, debba o meno considerarsi irrevocabile.

Il Collegio ritiene che la risposta debba essere negativa, a tale conclusione dovendosi pervenire sulla base dei principi autorevolmente affermati dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 19 gennaio 2000, n. 1, Tuzzolino. Con tale pronuncia è stato chiarito che, in caso di impugnazione, la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza (cioè in sostanza con riferimento alle distinte imputazioni contestate ad uno stesso imputato, o, nel caso di processo cumilativo, a più imputati), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all'effetto devolutivo del gravame e pertanto che, in caso di condanna, la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell'imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di cose giudicata, quando per quello stesso capo l'impugnante abbia devoluto al giudice l'indagine riguardante la sussistenza di altri punti (quali nella specie le circostanze e la quantificazione della pena), sicché la res judicata si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relativePage 680 decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame.

La conseguenza che le sezioni unite hanno tratto da tale articolata ricostruzione del sistema è stata quella di ritenere che l'eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finché il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce.

Sulla base di tali principi, e ritenuto altresì che anche la statuizione sulla sanzione amministrativa accessoria, in quanto facente parte del trattamento sanzionatorio, costituisce punto della decisione che impedisce la formazione del giudicato, ritiene il Collegio di doversi porre in ufficio la questione della natura della pena inflitta nel presente procedimento alla luce delle disposizioni introdotte con la legge del Giudice di pace.

Poiché tali sanzioni sono più favorevoli delle precedenti e poiché deve trovare applicazione, per espressa previsione legislativa, l'art. 2, comma 3, c.p., si impone dunque l'annullamento della sentenza impugnata. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 19 aprile 2003, n. 18794 (ud. 9 gennaio 2003). Pres. Battisti - Est. De Biase - P.M. Febbraro - Ric. Zatelli

Veicoli - Ciclomotore - Conduzione a mano - Inclusione nella nozione di guida - Sussistenza - Fattispecie in tema di guida in stato di ebbrezza.

Rientra nella nozione di guida anche la semplice conduzione a mano di ciclomotore da parte del conducente, risolvendosi pur sempre in una sua deliberata movimentazione e potendo creare rischi alla circolazione e alla pubblica incolumità. (Nella specie l'imputato in stato di ebbrezza aveva condotto a mano il ciclomotore sulla pubblica via). (Mass. Redaz.). (Nuovo c.s., art. 186) (1).

    (1) Non risultano editi precedenti che affrontino l'esatta fattispecie.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECI-SIONE. - Marco Zatelli era imputato, con recidiva specifica infraquinquennale, del reato di guida in istato di ebbrezza di un ciclomotore (fatto del 18 giugno 1999), e il Tribunale di Bolzano, con sentenza del 28 giugno 2001 n. 920/01, lo aveva condannato alla pena di un mese di arresto e lire 2.000.000 di ammenda.

Il reato era consistito nel fatto che lo Zatelli aveva portato da tale Saltini Ugo un ciclomotore per farlo ispezionare, ma dopo un primo controllo in un recinto privato, lo Zatelli, continuando a tenere il mezzo per il manubrio, si era accinto ad avviarne il motore e a spingere il veicolo verso una vicina via pubblica quando questo gli era sfuggito al controllo ed era andato ad attraversare il pubblico marciapiedi fiancheggiante la via Rosia in Bolzano nel momento in cui alla guida di altro consimile veicolo era giunto tale Roberto Sinibaldi il quale solo a fatica era riuscito ad evitare l'ostacolo. A seguito di appello del difensore dell'imputato, la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza n. 5/2002 del 14 gennaio 2002, ha rigettato il gravame e condannato l'appellante alle spese.

Avverso tale provvedimento ricorre, tramite il difensore, lo Zatelli con un solo motivo: erronea applicazione della legge penale anche come conseguenza di illogicità di motivazione. Art. 606, lett. b) c.p.p. in relazione all'art. 186, comma 1 e 2 del codice stradale. Contesta il ricorrente, in particolare, l'affermazione della Corte, contenuta in motivazione, secondo cui anche la semplice «movimentazione» del mezzo da parte del conducente, anche se costui non vi sia a cavalcioni, cioè non lo inforchi, costituisce guida; riconosce peraltro come pacifica la circostanza che l'imputato si trovava in istato di ebbrezza.

Osserva questa Corte di legittimità come il ricorso sia infondato: per converso le affermazioni della sentenza gravata appaiono ineccepibili, in particolare laddove si pone l'accento sulla circostanza che la guida di un ciclomotore non postula che il conducente lo inforchi, ovvero vi si ponga a cavalcioni, essendo fin troppo evidente come il condurre a mano un tale veicolo si risolva pur sempre in una sua deliberata movimentazione e finisca (come nel caso) per creare alla circolazione e alla pubblica...

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