Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine505-547

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 20 febbraio 2004, n. 7297 (c.c. 16 gennaio 2004). Pres. Battisti - Est. Federico - P.M. D'Ambrosio (conf.)Ric. P.M. in proc. Pino.

Furto - Aggravanti - Cose esposte alla pubblica fede - Cose oggetto di custodia - Applicabilità - Esclusione.

In tema di furto nei supermercati, la predisposizione, da parte dell'avente diritto di un servizio permanente di vigilanza esclude la configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 c.p. (esposizione alla pubblica fede). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 625) (1).

    (1) Nello stesso senso Cass. pen., sez. IV, 16 luglio 1990, Milici, in questa Rivista 1991, 539, in cui si precisa che, ai fini dell'esclusione dell'aggravante in oggetto, occorre che sulla cosa venga esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente una vigilanza generica e saltuaria.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza ricorre per cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe indicata con la quale il Gip, previa riqualificazione del fatto imputato a Pino Silvestro come furto semplice, ha rigettato la richiesta di convalida dell'arresto operato nei confronti del medesimo il 15 luglio 2002 per difetto di querela, e deduce a sostegno del gravame l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 625 n. 7 c.p., avendo il Gip di Cosenza erroneamente escluso che nella specie ricorresse la suddetta aggravante, stante la predisposizione all'interno dell'ipermercato di un servizio di vigilanza associato ad un sistema antitaccheggio ed alla previsione di un percorso obbligatorio in uscita, mentre non si era tenuto conto della mancanza di quelle cautele che consentano una custodia diretta e continua da parte del proprietario e del personale addetto.

Il ricorso non è fondato.

Rileva, tra l'altro, il P.G. presso questa Suprema Corte: «rilevato che il furto in supermercati non può ritenersi aggravato a norma dell'art. 625 n. 7 c.p. a ragione dell'esistenza nei locali di un servizio di vigilanza preordinato come permanente e continuo; - ritenuto che, pertanto, va condiviso l'orientamento del Gip che, considerando il furto in questione «furto semplice», ha conseguentemente disposto la liberazione dell'arrestato non essendo il reato punibile per mancanza di querela (v. art. 624 comma 3 c.p. in rel. all'art. 381 comma 3 c.p.p.); - ritenuto che del ricorso va dunque richiesto il rigetto non potendosi accogliere la tesi, in esso sostenuta, secondo la quale l'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 non sussiste solo quando si è in presenza di un controllo diretto di tutti i reparti di un supermercato ovvero di un sistema di controllo a distanza. E ciò in quanto, alle ipotesi in questione, non è applicabile l'argomento, richiamato nella sentenza citata nel ricorso, secondo il quale l'esposizione alla pubblica fede non può essere esclusa quando si è in presenza di una sorveglianza generica di polizia o di una sorveglianza necessariamente saltuaria ed eventuale esercitata dal possessore: tipi di sorveglianza, a carattere saltuario, eventuale e generica, chiaramente incompatibili con quelli esercitati dai servizi di vigilanza presenti nei supermercati di per sè finalizzati a consentire il controllo sulle condotte illecite dei clienti e di per sè organizzati in tal senso secondo «piani» programmati la cui oggettiva idoneità concreta si sottrae al controllo del giudice».

I rilievi e le conclusioni che precedono sono in toto condivisibili, e la decisione non può che essere conseguentemente conforme alla richiesta di rigetto del ricorso. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 19 febbraio 2004, n. 7235 (ud. 18 gennaio 2004). Pres. Battisti - Est. Piccialli - P.M. Ciani (diff.) - Ric. Coniglio.

Furto - Tentativo - Sottrazione di merce da supermercato - Mancato pagamento alla cassa - Condotta del reo soggetta alla costante attenzione dell'incaricato della sorveglianza - Configurabilità del tentativo - Fondamento.

Furto - Aggravanti - Violenza sulle cose - Configurabilità - Asportazione della placca antitaccheggio.

La sottrazione di merci dai banchi di esposizione di un supermercato evitando il pagamento alla cassa costituisce non tentativo di furto, ma furto consumato, che può realizzarsi anche prima che l'agente abbia oltrepassato la barriera delle casse senza pagare il prezzo, allorché la merce sia stata da lui preventivamente occultata nelle proprie tasche o in una borsa, sempre che tale comportamento non sia posto in essere sotto la sorveglianza dell'avente diritto o di suoi incaricati, con possibilità, quindi, di interruzione in ogni momento dell'azione furtiva, rimanendo configurabile, in siffatta ipotesi, il solo tentativo. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 624) (1).

In tema di furto, sussiste l'aggravante della violenza sulle cose in caso di asportazione della placca magnetica antitaccheggio applicata su merci in esposizione sui banchi di un supermercato. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 624) (2).

    (1) Per identica fattispecie, risolta in modo analogo, si rimanda a Cass. pen., sez. II, 9 dicembre 2003, Monaco, pubblicata per esteso in questa Rivista 2004, 407 ed alla nota relativa.


    (2) Secondo la richiamata sentenza, Cass. pen., sez. V, 15 marzo 1993, Bonsignori, in questa Rivista 1994, 1383 in tema di furto, l'aggravante della violenza sulle cose si configura ogni qualvolta gli strumenti materiali predisposti per una più efficace difesa del patrimonio siano manomessi, sicché, per poter assolvere nuovamente alla loro funzione essi, richiedano una più o meno complessa attività di ripristino. Integra, pertanto, l'aggravante in questione lo strappo dell'etichetta magnetica inserita su alcuni capi di mercePage 506 offerti in vendita nei grandi magazzini e destinata ad attivare i segnalatori acustici ai varchi d'uscita, poiché essa costituisce mezzo di difesa approntato per quegli oggetti maggiormente esposti al rischio di essere prelevati dai banchi, senza essere presentati alla cassa per il pagamento.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECI-SIONE. - Coniglio Maria ricorre avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza resa dal pretore della stessa città, concedendole la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità equivalente alla contestata aggravante, le riduceva la pena per il reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose di un giubbotto commesso in un grande magazzino (artt. 624, 625, n. 2, del c.p.).

Vengono articolati cinque motivi di ricorso. Con il primo, si sostiene che erroneamente sarebbe stata ritenuta la fattispecie consumata, anziché quella tentata, perché nella specie l'imputata, pur essendo passata per il luogo ove si trovavano le casse, non avrebbe mai acquisito la disponibilità autonoma della cosa.

Con il secondo si contesta come erronea la ritenuta sussistenza dell'aggravante prevista dall'art. 625, n. 2, del c.p., sostenendosi che questa potrebbe ritenersi solo se la violenza fosse esercitata direttamente sulla cosa sottratta, non potendola integrare il danneggiamento della placca antitaccheggio apposta sulla cosa medesima.

Con il terzo motivo, si duole della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche che, si sostiene, unitamente alla concessa attenuante di cui all'art. 62, n. 4, del c.p. avrebbero potuto consentire di pervenire ad un giudizio di prevalenza delle attenuanti rispetto all'aggravante contestata.

Con il quarto motivo, si deduce l'illogicità della motivazione relativamente al diniego di applicazione della continuazione tra il furto sub iudice ed una precedente sentenza ex art. 444 del c.p.p. relativa a reato omologo.

Con il quinto motivo, infine, si ritiene parimenti viziata la motivazione relativamente al trattamento sanzionatorio adottato, ritenuto incongruo in eccesso.

Con motivi nuovi presentati in cancelleria, la ricorrente, pur insistendo sui motivi «principali», insta ex art. 5, comma 3, legge 12 giugno 2003 n. 134 per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria da determinare «nel minimo assoluto», «attese le pessime condizioni economiche della ricorrente (ammessa al patrocinio a spese dello Stato in quanto titolare di reddito pari a zero)».

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

Quanto al primo motivo, la sentenza gravata ha fatto corretta applicazione di un principio assolutamente pacifico, quale quello secondo cui costituisce furto consumato e non tentato il sottrarre merce dai banchi di esposizione di un supermercato ove si pratichi il sistema del c.d. self service evitando il pagamento alla cassa. Il momento consumativo del reato, in tal caso, è ravvisabile nel momento dell'apprensione della merce, che si realizza certamente quando l'agente abbia superato la barriera delle casse senza pagare il prezzo, ma addirittura anche, prima, allorché la merce venga dall'agente nascosta in tasca o nella borsa, sì da predisporre le condizioni per passare dalla cassa senza pagare; salvo che, in quest'ultima evenienza, l'avente diritto o persona da lui incaricata abbia sorvegliato tutte le fasi dell'azione furtiva, sì da poterla interrompere in ogni momento, ravvisandosi allora solo la fattispecie tentata (da ultimo, Cass., sez. V, 9 ottobre 2002, Gullà; nonché, sez. V, 4 luglio 2002, Barranco).

Principio esattamente applicato nel caso in esame, risultando dalla motivazione della sentenza che l'imputata, avendo indossato il capo di vestiario oggetto di impossessamento, era stata sorpresa dopo che aveva varcato la cassa e solo perché si era attivato il segnale d'allarme installato nel magazzino.

Quanto al secondo motivo, correttamente è stata ritenuta l'aggravante della violenza sulla cosa, emergendo dalla motivazione della sentenza impugnata che l'imputata, per realizzare la condotta di impossessamento, aveva rotto la piastra metallica di controllo apposta sul capo di abbigliamento.

È...

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