Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1067-1118

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 27 agosto 2004, n. 35576 (ud. 30 luglio 2004). Pres. Vitalone - Est. Genovese - P.G. Mura (conf.) - Imp. Giovinazzo.

Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità - Ragioni di igiene - Ordinanza sindacale contingibile ed urgenteInottemperanza protratta per un notevole lasso di tempo - Configurabilità del reato ex art. 650 c.p. - Esclusione - Fattispecie.

Un'ordinanza contingibile e urgente a suo tempo emanata dal sindaco ai sensi dell'art. 38 della legge n. 142 del 1990 non può più considerarsi operativa e dar luogo, quindi, in caso di perdurante inottemperanza, alla configurabilità del reato di cui all'art. 650 c.p. quando, a cagione del notevole lasso di tempo trascorso dalla sua emanazione, la situazione di urgenza debba ritenersi necessariamente venuta meno, ferma restando la possibilità che la condotta anzidetta, in quanto comunque costituente violazione di specifici obblighi, risulti sanzionabile in via amministrativa ai sensi, attualmente, dell'art. 7 bis del T.U. sull'ordinamento degli enti locali emanato con D.L.vo n. 267/2000 e, in precedenza, dell'art. 106 del R.D. n. 383 del 1934. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato in un caso in cui, a distanza di circa sei anni, era stata accertata l'inottemperanza ad un'ordinanza con la quale il sindaco aveva ingiunto al destinatario la immediata cessazione dell'utilizzo di uno scaldabagno a gas considerato pericoloso per l'insufficiente tiraggio della canna fumaria e per la scarsa aerazione del locale in cui l'apparecchio era posto). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 650; L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 38; R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 106; D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267) (1).

    (1) In ordine alla natura delle ordinanze sindacali in materia di igiene, si veda Cass. pen., sez. III, 9 ottobre 1997, Felice, in questa Rivista 1998, 527, secondo cui, le ordinanze extra ordinem c.d. di necessità, disciplinate in via generale dall'art. 38, comma 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, sono provvedimenti che si riferiscono ad evenienze di carattere eccezionale, determinate da un fatto imprevisto, per le quali sarebbe impossibile l'utilizzazione dei normali mezzi predisposti dall'ordinamento. La loro adozione, quindi, è giustificata e legittimata dal verificarsi di una situazione sopravvenuta che presenti inoltre il carattere dell'eccezionalità - come un evento naturale straordinario (terremoto, inondazione, incendio, epidemia, ecc.) - per cui s'impone di provvedere con "urgenza", incompatibile con i tempi connaturali alla rigorosa osservanza della normativa in materia, scanditi da tappe burocratiche tutt'altro che snelle: tale deroga alle disposizioni vigenti, però, proprio perché consegue ad una situazione eccezionale, non può permanere sine die, ma deve essere necessariamente limitata nel tempo, cioè alla persistenza della menzionata situazione. Cfr., inoltre, Cass. pen., sez. I, 17 novembre 1995, D'Agostino, ivi 1996, 645. In dottrina, si veda C. M. GRILLO, Tutela dell'ambiente: ordinanze contingibili e urgenti e potere di controllo del giudice, in Rivistambiente 2001, 1134.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Il signor Antonino Giovinazzo proponeva rituale opposizione a decreto penale di condanna, con il quale era stato chiamato a rispondere, davanti al Tribunale di Milano, del reato di cui all'art. 650 c.p., per l'inottemperanza all'ordinanza del Sindaco di Milano n. 1088 del 13 aprile 1994, adottata per ragioni di igiene e sicurezza pubblica.

Tale opposizione faceva seguito ad altra, identica, in ordine alla quale il predetto era stato condannato, per lo stesso reato, dal Pretore di Milano, con sentenza del 18 aprile 1996, divenuta definitiva il 26 marzo 1997.

All'esito del giudizio di merito, il Tribunale condannava l'opponente al pagamento di euro 206,00 di ammenda, oltre alle spese processuali.

Secondo il Giudice di merito, il provvedimento contingibile ed urgente, emanato ai sensi dell'art. 38 della legge n. 142 del 1990, riguardava l'ingiunzione della «immediata "cessazione" dell'utilizzo dell'impianto scaldabagno a gas installato nella cucina dell'abitazione del Giovinazzo», a causa dell'inserimento dello scarico dello scaldaacqua a gas di proprietà del Giovinazzo in una canna fumaria con tiraggio insufficiente e per la mancanza di aerazione del locale in cui era posto l'impianto, con serio pregiudizio per la salute pubblica e con pericolo di vita, derivanti dalle riscontrate esalazioni di monossido di carbonio.

In data 17 febbraio 2000, a seguito di un accesso presso l'abitazione del Giovinazzo il personale dell'ASL di Milano constatava la perdurante inottemperanza dell'ordinanza sindacale e provvedeva al sequestro giudiziario dello scaldabagno, mediante il bloccaggio dell'erogatore del gas, poiché l'apparecchio, del tipo (c.d. a camera aperta), doveva considerarsi come vietato dalla legge, potendo dar luogo ad esalazioni di monossido di carbonio.

Nonostante tale provvedimento, l'imputato ammetteva di continuare ad utilizzare lo scaldabagno e il giudice concludeva per la sua colpevolezza, non ravvisando nelle giustificazioni addotte alcuna scriminante.

  1. - Contro tale pronuncia il Giovinazzo ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con l'unico motivo di ricorso (con il quale si duole dell'erronea applicazione della legge penale circa il destinatario dell'ordine contenuto nell'ordinanza emessa dal Sindaco del Comune di Milano in data 13 aprile 1994, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p.), il signor Giovinazzo deduce che l'ordine impartito dal Sindaco non lo riguardava, avendo come destinatari i Vigili Urbani addetti al settore Igiene e Sanità; mentre, sul piano oggettivo, l'obbligo consisteva nell'ordine di apposizione dei sigilli all'apparecchiatura, presente nell'alloggio del Giovinazzo. Tanto più che, non avendo il giudice accertato se i sigilli fossero stati effettivamente apposti dai vigili,Page 1068 il comportamento dell'imputato non sarebbe passibile di alcuna censura (che, ove mai accertata, sarebbe ascrivibile alla diversa figura di reato di cui all'art. 335 c.p.).

  2. - Nel chiedere l'annullamento della sentenza di merito, il ricorso sollecita un esame di legalità dell'ordinanza sindacale, sia pure limitandolo, con la richiesta di una verifica circa il suo destinatario (i vigili sanitari in luogo dell'imputato) e il contenuto di tale obbligo (apposizione di sigilli in luogo della eliminazione effettiva dello stato di pericolo grave ed attuale).

    Prima di esaminare il contenuto dell'atto integrativo del precetto penale, questa Corte, ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità di cui all'art. 650 c.p., non avendovi provveduto il giudice del merito, deve (Cass., sent. n. 7954 del 1996, Soave) verificare previamente e complessivamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato poiché, ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno dei possibili profili, l'inosservanza di quello non integra il reato contestato giacché, per la sua sussistenza, è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia «legalmente dato».

    2.1. - Infatti, in occasione delle ripetute censure di legittimità costituzionale prospettate al Giudice delle leggi, questo ha avuto modo di ammonire che la fattispecie dell'art. 650 c.p. richiede il collegamento con un provvedimento «legalmente dato»; locuzione che va riferita alla legalità non soltanto formale, ma anche sostanziale del provvedimento: il dictum deve essere dato dall'autorità competente e nelle forme previste, e deve altresì trovare, in una o più norme dell'ordinamento giuridico il suo titolo di intrinseca legittimità (sent. n. 59 del 1958).

    Secondo la Consulta, infatti, nel caso dell'art. 650 c.p., spetta al giudice penale di indagare, volta per volta, se il provvedimento sia stato legittimamente emesso nell'esercizio di un potere-dovere previsto da una legge che determini con «sufficiente specificazione» le condizioni e l'ambito di applicazione del provvedimento (sent. n. 168 del 1971).

    Quella Corte, così, ha potuto negare che la fattispecie incriminatrice in esame contrasti con gli artt. 2, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 23 della Costituzione, proprio perché al giudice penale è consentito di escludere l'arbitrio dell'autorità, attraverso la concessione di un potere ampio di sindacato, che va operato sulla legittimità del provvedimento non osservato e che è esteso al vizio di eccesso di potere, ed alla rispondenza dell'atto a ragionevoli motivi di giustizia, sicurezza, ordine pubblico ed igiene, previsti con «sufficiente specificazione» da singole leggi dello Stato.

    2.2. - Nel caso di specie, l'esame dell'ordinanza contingibile ed urgente del 13 aprile 1994 rivela preliminari profili di inefficacia, risaltanti ictu oculi, che impongono, più che la sua disapplicazione, l'inoperatività e, conseguentemente, la difettosità del presupposto dello stesso reato contestato.

    Infatti, l'ordinanza sindacale è stata adottata il 13 aprile 1994 e la verifica della sua inottemperanza, da parte della forza pubblica, è stata eseguita, per quel che qui rileva (dopo una prima volta, a cui è seguita la condanna del ricorrente con sentenza passata in giudicato il 26 marzo 1997), il 17 febbraio del 2000, e cioè a circa sei anni di distanza dal rilascio del provvedimento d'imperio.

    Al momento della verifica effettuata il 17 febbraio 2000, deve escludersi che l'atto esplicasse ancora i suoi effetti tipici (che, pure, originariamente aveva) in quanto essi sono legati al carattere urgente e contingibile del provvedimento, in relazione ai quali soltanto la disobbedienza del suo destinatario giustifica la sanzione penale. Quel verbale, infatti, può - al più - atteggiarsi ad accertamento della violazione d'un obbligo giuridico e regolamentare, di natura...

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