Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 7 novembre 2003, n. 16714. Pres. Olla - Est. Genovese - P.M. Gambardella (conf.)Marmina (avv. Sinagra) c. Prefettura di Reggio Calabria.

Depenalizzazione - Ordinanza-ingiunzione - Opposizione - Domanda riconvenzionale di risarcimento dei danniInammissibilità. Patente - Revoca e sospensione - Sospensione - Ritiro da parte degli organi di polizia ex art. 218, primo e secondo comma, c.s. - Adozione del provvedimento da parte del prefetto - Notificazione - Termine - Individuazione. Depenalizzazione - Accertamento delle violazioni amministrative - Contestazione - Non immediata - Pattuglia situata a distanza rispetto ad altra pattuglia munita di autovelox con display luminoso - Correttezza - Affermazione - Acquisizione di elementi integrativi - Fotografia - Necessità - Esclusione.

Nel giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione, avuto riguardo al suo oggetto limitato all'accertamento della pretesa punitiva fatta valere dall'amministrazione nei confronti del destinatario ed alla sua struttura processuale (poteri istruttori ufficiosi, inappellabilità delle decisioni etc.) non possono essere introdotte domande fondate su titoli diversi da quello tipico configurato dalla legge (quale una domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni proposta dall'opponente). (L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22; L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23) (1).

In tema di violazioni del codice della strada, l'art. 218 c.s. esige (comma 2) che l'ordinanza di sospensione della patente da parte del prefetto, adottata a seguito del suo ritiro da parte dell'agente od organo di polizia che ha accertato la violazione (comma 1), venga notificata «immediatamente» all'interessato. Tale prescrizione comporta che il provvedimento deve essere notificato all'interessato nel rispetto del termine massimo complessivo di venti giorni, quale risulta dalla somma dei due termini indicati nei citati due commi e, comunque, ove questo sia già decorso, «immediatamente» dopo l'adozione del provvedimento prefettizio, ossia, in tal caso, al massimo, il giorno dopo. (Nuovo c.s., art. 218) (2).

In tema di accertamento e prova della violazione dei limiti massimi di velocità, il secondo comma dell'art. 385, reg. esec. c.s., stabilisce che l'ufficio o comando da cui dipende l'organo accertatore provvede alla notifica a norma dell'art. 386, «acquisiti gli altri elementi necessari per procedere». Fra tali elementi può annoverarsi anche l'acquisizione della fotografia (che presuppone l'attività dello sviluppo e della stampa del negativo), la quale rafforza la fonte di prova costituita dalle risultanze dello strumento elettronico di rilevazione della velocità, quand'anche queste fossero già conoscibili da parte degli agenti (nella specie: componenti di una pattuglia posta a distanza dall'altra che procedeva al fermo del veicolo) preposti al funzionamento dell'apparecchio autovelox a mezzo della lettura del diplay dello strumento al momento stesso del passaggio del veicolo. Pertanto, la mancata acquisizione della fotografia da parte del giudice non comporta un deficit della prova dell'illecito; né l'accertamento della violazione per mezzo di pattuglia situata a distanza dal nucleo di presidio del misuratore della velocità comporta una violazione delle regole probatorie o delle disposizioni codicistiche sul corretto iter procedimentale da seguire nell'accertamento della violazione. (Nuovo c.s., art. 201; D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 385) (3).

    (1) In termini, v. Cass. civ. 29 ottobre 1999, n. 12190, in Arch. civ. 2000, 915.


    (2) Nulla che affronti l'esatta fattispecie.


    (3) Sull'acquisizione fotografica quale strumento rafforzativo della fonte di prova costituita dalle risultanze dell'autovelox, v. Cass. civ. 18 maggio 2000, n. 6475, in questa Rivista 2000, 753; Cass. civ. 20 marzo 1998, n. 2952, ivi 1998, 659 e Cass. civ. 2 agosto 1995, n. 8461, ivi 1996, 483.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - La polizia stradale di Brancaleone contestava all'avv. Giovanni Marmina, in data 27 ottobre 1997, la violazione dell'art. 142, comma 3, codice della strada, per aver superato i limiti di velocità mentre percorreva la strada statale n. 106, e procedeva anche al ritiro della patente. L'avv. Marmina presentava ricorso amministrativo presso la Prefettura di Reggio Calabria l'11 novembre 1997, con la quale contestava il presupposto della violazione e chiedeva di essere ascoltato ai sensi dell'art. 18 della legge n. 689 del 1991 prima dell'adozione di qualsiasi provvedimento. Il 29 ottobre 1997 la Prefettura di Reggio Calabria emanava il decreto di sospensione della patente (restituitagli in data 9 dicembre 1997), per mesi uno (dal 27 ottobre al 27 novembre 1997), il 27 febbraio 1998 invitava il ricorrente all'audizione personale, il 15 dicembre 1998 riceveva l'ordinanza-ingiunzione (pur datata 10 settembre 1998) di pagamento della sanzione amministrativa e il 26 febbraio 1999 gli perveniva il provvedimento (datato 29 ottobre 1997) di sospensione della patente di guida.

  1. - Avverso questi due provvedimenti, l'avv. Marmina proponeva opposizione ai sensi dell'art. 22 della legge n. 689 del 1991. Con lo stesso si lamentava del fatto che: a) il provvedimento di sospensione della patente era stato preso soli due giorni dopo il verbale della Polizia, senza attendere il suo ricorso, come previsto dall'art. 18 della legge n. 689 del 1981; b) nel verbale e nel decreto di sospensione della patente non era indicato il luogo ove era posto il misuratore autovelox né l'ora della violazione; c) fosse difettoso il funzionamento delle apparecchiature; d) il decreto di sospensione della patente di guida era stato notificato ben 15 mesi dopo la sua adozione, in violazione dell'art. 218 codice della strada che ne dispone l'emanazione entro quindici giorni dal ritiro della patente al trasgressore. Chiedeva inoltre alcuni mezzi istruttori.

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  2. - Con sentenza in data 15 dicembre 1999 il Tribunale di Locri, riuniti i procedimenti, rigettava le opposizioni rilevando che nessuna irregolarità era ravvisabile sia nel verbale di contestazione che nella procedura di adozione dei provvedimenti impugnati (mentre l'audizione personale dell'opponente aveva avuto luogo, con riferimento all'adozione del provvedimento pecuniario, in relazione al provvedimento di sospensione della patente di guida lo stesso incombente non era previsto).

  3. - Contro tale sentenza ha proposto ricorso l'avv. Marmina, affidato a quattro motivi di impugnazione e illustrato con memoria. L'intimata Prefettura non ha presentato difese.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con il primo motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione degli artt. 18 L. n. 689 del 1981 e 7 legge n. 241 del 1990) il ricorrente deduce che la previsione del diritto all'audizione dell'interessato, stabilita dall'art. 18 della legge n. 689 del 1991, non è limitata né in rapporto alla sanzione né in ordine al tipo di procedimento. In ogni caso, il provvedimento di sospensione della patente, inflitto solo due giorni dopo l'accertamento della violazione, sarebbe inesistente perché reso senza attendere il deposito di un ricorso amministrativo, in violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990.

  4. - Con il secondo motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 23, secondo e dodicesimo comma, L. n. 689 del 1981 e 112 e 221 c.p.c., 2699 e 2700 c.c.) il ricorrente deduce che nel giudizio di merito sarebbe mancata la prova, ricadente sull'amministrazione, della responsabilità dell'opponente, non essendosi acquisita agli atti la fotografia attestante la misurazione della velocità del veicolo. Né, nella specie, si potrebbe opporre il valore probatorio dell'atto pubblico proprio del verbale di polizia, atteso che il riscontro attraverso l'autovelox sarebbe avvenuto in località diversa da quella ove l'altra pattuglia avrebbe proceduto all'arresto del veicolo del violatore e alla contestazione del fatto in via verbale, presumibilmente a seguito di comunicazione radio dell'esistenza dell'infrazione (con la possibilità dell'errore e dell'equivoco insita in tale procedura). Infine, sarebbe palese la contraddizione del provvedimento istruttorio reso per acquisire la prova dell'esistenza del limite di velocità e la motivazione della sentenza che ad esso avrebbe soprasseduto, sempre in base alla presunzione stabilita dall'atto pubblico.

  5. - Con il terzo motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione degli artt. 2 e 7 della L. n. 241 del 1990 e 204 e 216 della legge n. 285 del 1992 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) il ricorrente deduce che la lunghezza del procedimento amministrativo, abbondantemente sopra il termine di novanta giorni, violando le norme indicate, comporterebbe l'annullamento sia dell'ordinanza-ingiunzione che del decreto di sospensione della patente di guida. Il provvedimento di sospensione della patente era stato notificato il 26 febbraio 1999, l'ordinanza-ingiunzione il 15 dicembre 1998, mentre la violazione era avvenuta il 27 ottobre 1997.

  6. - Con il quarto motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione dell'art. 2043 c.c.) il ricorrente deduce l'erroneità della pronuncia, per aver disatteso la richiesta risarcitoria, per i danni subiti alla professione forense in conseguenza dei danni da limitazione al suo diritto di circolazione.

  7. - I quattro motivi di impugnazione vanno trattati congiuntamente, per comodità di esposizione, ma organizzando il ragionamento in relazione ai due provvedimenti sanzionatori oggetto della discussione, diversi per tipologia e procedimento applicativo: la sospensione della patente di guida e la sanzione amministrativa pecuniaria.

    Entrambi, certo, hanno la loro radice nell'unico fatto illecito contestato al ricorrente (il superamento dei limiti di velocità e la violazione dell'art. 142 del codice della strada), ma diverse sono le ragioni giuridiche portate - quale critica al...

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