Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine139-179

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 9 ottobre 2003, n. 15055. Pres. Vittoria - Est. Segreto - P.M. Consolo (conf.) - Mulas (avv. Tedde) c. Farci (avv. Di Pirro).

Prova civile - Interrogatorio - Formale - Mancata risposta - Conseguenze - Ammissione dei fatti dedotti - Condizioni e limiti.

In tema di interrogatorio formale, il giudice, ai sensi dell'art. 232 comma primo c.p.c., può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio stesso - valutando ogni altro elemento probatorio - qualora la parte non si presenti a rispondere senza giustificato motivo. L'ulteriore elemento probatorio non deve, peraltro, risultare già ex se idoneo a fornire la prova piena del fatto contestato - poiché in tal caso, risultando adempiuto aliunde il relativo onere, sarebbe superflua ogni considerazione circa la mancata risposta all'interrogatorio -, ma deve soltanto fornire elementi di giudizio integrativi, idonei a determinare il convincimento del giudice sui fatti dedotti nell'interrogatorio medesimo. (C.p.c., art. 232) (1).

    (1) Praticamente in termini, v. la citata sentenza Cass. civ. 29 aprile 1993, n. 5089, in Arch. civ. 1994, 230. Nel senso che l'art. 232 c.p.c. non ricollega alla mancata risposta all'interrogatorio formale, per quanto ingiustificata, l'effetto automatico della ficta confessio, ma soltanto attribuisce al giudice la facoltà di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare tutti gli altri elementi di prova; i quali, affinché il giudice sia tenuto a valutarli, non è necessario che siano tali da costituire da soli prova del factum probandum, evidente essendo che, in tal caso, diverrebbe irrilevante il ricorso alla mancata risposta all'interrogatorio, v. Cass. civ. 28 gennaio 2003, n. 1221, ivi 2003, 1253. In dottrina, v. T. LA ROCCA, Breve nota sulle eventuali conseguenze della mancata risposta all'interrogatorio formale del convenuto contumace in relazione all'onere della prova, ivi 1981, 961.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Farci Luigi proponeva opposizione davanti al Giudice di pace di Cagliari avverso il decreto ingiuntivo emesso da quel giudice il 22 maggio 1996 a favore di Mulas Giuliana per il pagamento della somma di lire 1.153.480, quale rimborso delle spese sostenute dalla Mulas per pagare contravvenzioni stradali relative all'auto tg. CA 303340, da lei consegnata in permuta al Farci, rivenditore di auto.

Assumeva l'opponente che la vera debitrice era Murtas Letizia, cui era stata trasferita l'auto, per quanto per suo tramite, esibendo una dichiarazione di vendita.

L'opponente chiedeva alla prima udienza di chiamare in causa la Murtas.

Si costituiva la Mulas e non si costituiva la Murtas, che era dichiarata contumace.

Solo all'udienza del 12 aprile 1999 si costituiva la Murtas, che eccepiva la nullità dell'atto di citazione nei suoi confronti per difetto di procura.

Il giudice di pace disponeva l'integrazione della procura e la rinotificazione della citazione per l'udienza del 28 maggio 1999, ma la Murtas non compariva nelle udienze successive.

Espletata l'istruttoria, il giudice di pace, con sentenza depositata il 21 gennaio 2000, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la Murtas al pagamento nei confronti della Mulas della somma domandata, nonché delle spese processuali sostenute dalla Mulas e dal Farci.

Riteneva il giudice di merito, sulla base della mancata risposta della Murtas all'interrogatorio deferito, nonché delle diffide alla stessa fatte, che il Farci, il quale aveva ricevuto in permuta dalla Mulas l'auto di questa, quale rivenditore, aveva poi consegnato detta auto alla Murtas; che quest'ultima aveva commesso le contravvenzioni, cui si riferivano le somme pagate dalla Mulas; che la Murtas non aveva consegnato i documenti dell'auto in suo possesso per permettere la trascrizione al P.R.A. del passaggio di proprietà; che, conseguentemente, la Murtas era tenuta al pagamento delle somme esborsate dalla Mulas a titolo di sanzioni.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Mulas Giuliana.

Resiste con controricorso il Farci Luigi.

Murtas Letizia resiste con controricorso ed ha proposto anche ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1.1. - Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi.

Va, anzitutto, rigettata l'eccezione contenuta al punto 9 del ricorso incidentale della Murtas, con cui si eccepisce l'inammissibilità del controricorso del Farci, per mancanza di procura specifica, poiché il ricorso a margine indica il domicilio in Cagliari, mentre nell'atto si parla di domicilio in Roma, per cui il controricorrente avrebbe sottoscritto un mandato, con il quale non intendeva incaricare il suo difensore di rappresentarlo davanti alla Corte di cassazione.

1.2. - L'eccezione è infondata.

Infatti, ai fini della specialità della procura, ex art. 365 c.p.c., allorché essa sia apposta in calce o a margine del ricorso o del controricorso, venendo a costituire un corpus inscindibile con esso ed escludendo ogni dubbio sulla volontà della parte a proporre quell'impugnazione o a resistere alla stessa, la specialità è garantita dal tenore delle espressioni usate nella redazione dell'atto, anche se la procura sia stata rilasciata in termini generici o siano stati utilizzati timbri predisposti per altre evenienze (Cass., S.U., 17 dicembre 1998, n. 12615).

  1. - Va, anzitutto, esaminato per priorità logica il ricorso incidentale del Murtas, soccombente.

    Con il primo motivo di ricorso la Murtas lamenta la nullità della sentenza e del procedimento a norma dell'art. 360 n. 4 c.p.c.

    Assume la ricorrente che è stato violato l'art. 269 c.p.c. per avere la Murtas omesso di chiedere lo spostamento della prima udienza, ai sensi dell'art. 269 c.p.c., allo scopo diPage 140 consentire la citazione del terzo; che vi sarebbe stata la violazione dell'art. 101 c.p.c. per aver il giudice provveduto all'audizione personale delle altre parti alla prima udienza, pur non essendo stata citata la Murtas; che sarebbero stati violati gli artt. 83 e 106 c.p.c. perché il giudice di pace, invece di prendere atto dell'eccezione di difetto di procura e dichiarare la nullità dell'atto di citazione, aveva disposto l'integrazione della procura e la rinnovazione della citazione.

    3.1. - Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che lo stesso vada rigettato.

    La previsione della decadenza dalla possibilità di chiamare in causa il terzo, se il convenuto non ne manifesti l'intenzione nella comparsa di risposta, di cui all'art. 167 c.p.c., e non provveda a norma dell'art. 269 c.p.c., non risulta applicabile nel procedimento innanzi al giudice di pace, qual è quello in oggetto, che pure è retto - ma in quanto applicabili - dalle regole del procedimento davanti al tribunale, ove non diversamente previsto dalla sua particolare ed autonoma disciplina (art. 311 c.p.c.).

    La disciplina del procedimento innanzi al giudice di pace, quand'anche manchi di speciali disposizioni in ordine alla chiamata in causa del terzo, è invero caratterizzata da una così elevata semplificazione delle forme, quanto appunto alla fase introduttiva della lite, da risultare incompatibile con le preclusioni e le decadenze, che il rito innanzi al tribunale connette agli atti introduttivi di lite, e, in particolare, con la soprandicata decadenza dalla possibilità di chiamare in causa il terzo se il convenuto non ne dichiari l'intenzione nella comparsa di risposta, ma in prima udienza (cfr. Corte cost. sent. n. 154 del 1997).

    Tale caratterizzazione è segnatamente rappresentata dalla mancanza di termini di costituzione in giudizio delle parti anteriormente alla prima udienza e dalle stesse particolari modalità di costituzione del convenuto, il quale, al pari dell'attore, ha facoltà di proporre le sue difese in forma orale, così che alla prima udienza e non a termine o difesa anteriore è ricollegabile l'eventuale decadenza dalla possibilità di fare la dichiarazione di chiamata in causa del terzo (Cass. 1 dicembre 2000, n. 15370).

    3.2. - Egualmente è infondata la censura, secondo cui illegittimamente sarebbe stata chiamata in causa la Murtas, dopo la prima udienza, a seguito di ordinanza del giudice di pace del 26 aprile 1999, che ordinava l'integrazione della procura, mentre in effetti l'opponente era ormai decaduto dalla facoltà di chiamare in causa un terzo.

    Il mandato ad litem conferisce al difensore il potere di chiamare in causa un terzo, ove ciò non implichi l'introduzione di un rapporto diverso rispetto alla causa principale (come, invece, nel caso di chiamata in garanzia propria o impropria). Il difensore del convenuto, pertanto, è abilitato in forza dell'originaria procura, alla chiamata in causa di un terzo, allorché detta chiamata sia stata effettuata individuando nel chiamato il soggetto direttamente ed effettivamente tenuto alla prestazione pretesa dall'attore, per effetto dell'estensione dell'originaria domanda (Cass. n. 3928/ 2000; Cass. 14 aprile 1984, n. 2415; Cass. 6 febbraio 1982, n. 682).

    3.3. - Pertanto nella fattispecie, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di pace, per la chiamata in causa della Murtas, indicata come unica responsabile per il pagamento di quanto preteso dall'attrice opposta, il procuratore dell'opponente non aveva necessità di nuova procura.

    Ciò comporta che la richiesta di chiamata in causa della stessa, avanzata dal procuratore dell'opponente in sede di prima udienza, era valida, non necessitando una diversa procura; che la chiamata in causa della Murtas fu, quindi, validamente effettuata; che la successiva ordinanza del giudice di pace del 26 aprile 1999 (emessa a seguito di eccezione della Murtas costituitasi all'udienza del 12 aprile 1999), con cui si ordinava l'integrazione della procura e la rinnovazione della chiamata in causa, era priva di effetti, proprio per la validità della prima chiamata e della già avvenuta costituzione della Murtas.

  2. - Inammissibile, per carenza di interesse, è l'assunta...

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