Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine533-550

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 24 maggio 2005, n. 10924. Pres. Spadone - Est. Bucciante - P.M. Marinelli (conf.) - Narduzzi (avv. Prosperini) c. Comune di Roma (n.c.).

Notificazioni in materia civile - Alla residenza, dimora, domicilio - Consegna al portiere - Non preceduta dalla ricerca, con esito negativo, di persona di famiglia o addetta alla casa, ufficio o azienda del destinatario - Necessaria menzione nella relata di notificazione - Omissione - Nullità della notifica.

La notificazione mediante consegna al portiere è nulla, se non sia preceduta dalla ricerca (con esito negativo, del quale occorre dare atto nella relazione) di una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda del destinatario. (C.p.c., art. 139) (1).

    (1) Così anche Cass., 20 giugno 1999, n. 5706, in Giust. civ. Mass. 1999, 1314 e Cass., 11 maggio 1998, n. 4739, ivi 1998, 996.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Stefania Narduzzi ha impugnato davanti al Giudice di pace di Roma una cartella esattoriale emessa nei suoi confronti, per la riscossione di somme da lei dovute come sanzione amministrativa, per aver posto in circolazione un veicolo senza copertura assicurativa; ha dedotto che la violazione non le era stata mai contestata. Il Comune di Roma, nel costituirsi in giudizio, ha negato la fondatezza dell'assunto dell'opponente, producendo il verbale che a costei era stato notificato, mediante consegna al portiere dello stabile di sua abitazione.

Con sentenza del 29 gennaio 2002 il Giudice di pace ha respinto il ricorso, rilevando che il portiere, sentito come testimone, aveva riconosciuto come propria la firma apposta in calce alla relazione di notificazione del verbale. Contro tale sentenza Stefania Nardelli ha proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. Il Comune di Roma non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il motivo addotto a sostegno del ricorso Stefania Nardelli lamenta che il Giudice di pace si è limitato a constatare che la notificazione del verbale in questione era avvenuta mediante consegna al portiere, senza verificare se fosse stata effettuata validamente, previa ricerca di quelle altre persone, che nell'art. 139 c.p.c. sono indicate in ordine tassativamente preferenziale: ricerca della quale, nella specie, la relazione dell'ufficiale giudiziario non conteneva alcuna attestazione.

La censura è fondata, poiché la giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che la notificazione mediante consegna al portiere è nulla, se non sia stata preceduta dalla ricerca (con esito negativo, del quale occorre dare atto nella relazione) di una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda del destinatario: v., per tutte, Cass., 10 giugno 1999 n. 5706; 11 maggio 1998, n. 4739.

Accolto pertanto il ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione dell'Ufficio del Giudice di pace di Roma, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 29 marzo 2005, n. 6574. Pres. Pontorieri - Est. Bognanni - P.M. Russo (diff.)De Stefano A. ed altre (avv. Procaccini) c. De Stefano M. ed altri (avv. Acone).

Successioni mortis causa - Accettazione dell'eredità - Tacita - Desumibilità - Compimento di atti al contempo di natura fiscale e civile - Voltura catastale - Sussiste.

L'accettazione tacita di eredità, che si ha quan do il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o siano concludenti e significativi della volontà di accettare; pertanto l'accettazione tacita dell'eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato all'eredità che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione di per sè sola inidonea a comprovare l'accettazione tacita, ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale che rileva non solo dal punto di vista tributario ma anche sotto il profilo civile per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi. (C.c., art. 476) (1).

    (1) Nello stesso senso v. Cass. 7 luglio 1999, n. 7075, in Giust. civ. Mass. 1999, 1593 e Cass. 22 marzo 1999, n. 2663, in Riv. notariato 1999, 1538 con nota BARBAGALLO.


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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato in data 7 novembre 1991 Antonia De Stefano e le figlie Giovanna ed Adriana Ferraro convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Torre Annunziata i coniugi Caterina Cuomo e Michele De Stefano, e premesso: che la prima era stata proprietaria di un appezzamento di terreno, sito in territorio del Comune di Agerola, frazione Bomerano, località Tuoro o Punta Fenile, esteso are 17,90, e riportato in catasto al foglio 21, particella 162, per averlo acquistato per usucapione, avendolo posseduto animo domini sin dal 1934; che ella l'aveva donato alle figlie germane Ferraro suindicate con atto pubblico a rogito del notaio Valentino Varone di Gragnano in data 24 agosto 1971; che esse avevano appreso che lo stesso stacco di terreno era stato oggetto di vendita ai coniugi De Stefano-Cuomo con atto rogato dal notaio Francesco D'Orsi di Castellammare di Stabia il giorno 3 agosto 1989; che questa situazione cagionava incertezza e danno nei loro riguardi; tutto ciò premesso, le attrici chiedevano che il tribunale accertasse e dichiarasse che il fondo in questione fosse di proprietà delle sorelle Ferraro, per averlo legittimamente acquistato dalla loro genitrice; dichiarasse nullo l'atto di compravendita stipulato dai convenuti, e condannasse i medesimi al risarcimento del danno.

Questi si costituivano con comparsa di risposta, contestando gli assunti ex adverso dedotti. In particolare eccepivano che essi erano divenuti proprietari dell'appezzamento di che trattasi in modo regolare, per averlo acquistato dal legittimo proprietario John Thomas Criscuolo junior, al quale il bene era pervenuto per successione ereditaria del padre, John Thomas senior, che a sua volta era succeduto al nonno, Nicola Criscuolo, deceduto il 2 gennaio 1928, e che l'aveva acquistato dal di lui fratello germano Alfonso Criscuolo con atto di compravendita del 25 giugno 1920 redatto dal notaio Andrea Coppola. Di conseguenza, l'unico proprietario del bene altri non poteva essere che John Thomas junior, e ciò per successione ereditaria, il quale ne aveva disposto legittimamente nel 1971, mediante l'alienazione ad essi coniugi De Stefano-Cuomo. Peraltro il convenuto marito già da molti anni aveva la detenzione del bene, per averlo coltivato.

Chiedevano quindi il rigetto delle domande delle attrici, e in particolare che fosse dichiarato nullo l'atto di donazione del notaio Varone nel mese di agosto 1971. A loro volta proponevano domanda riconvenzionale, con cui chiedevano che l'atto di acquisto a rogito del notaio D'Orsi del 1989, rettificato con altro successivo del 16 febbraio 1990, fosse ritenuto pienamente valido ed efficace, e per l'effetto fossero dichiarati gli unici proprietari del fondo, e le prime condannate al risarcimento dei danni, oltre che alle spese.

Nel corso del processo John Thomas Criscuolo interveniva per sostenere le ragioni dei convenuti.

Il tribunale, definito il giudizio, dichiarava ammissibile l'intervento adesivo operato da Criscuolo; rigettava le domande delle attrici; dichiarava nullo e di nessun effetto l'atto di donazione del 1971, e invece regolare quello di acquisto del 1989 dei convenuti, e condannava le prime al rimborso delle spese in favore di questi e dell'interventore.

Quanto alla posizione di quest'ultimo il giudice osservava che egli aveva interesse ad intervenire, atteso che dall'esito del processo non favorevole agli adiuvati sarebbe potuto scaturire pregiudizio a suo carico.

Nei confronti delle altre parti rilevava che la sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli il 25 febbraio 1976, che peraltro faceva stato tra le stesse, aveva stabilito che nessun contratto di comodato era stato mai stipulato tra le medesime, e che la dedotta usucapione da parte di Antonella De Stefano non era mai maturata. Peraltro tale punto della sentenza non era stato mai impugnato dall'interessata, sicché si era definitivamente formato il giudicato interno, per il quale nessuna censura in proposito poteva più essere mossa da lei, atteso che con l'appello della sentenza ella non aveva impugnato anche quest'ultima diversa statuizione.

Inoltre i coniugi De Stefano-Cuomo avevano acquistato regolarmente dal legittimo proprietario nel 1989, anche perché mai Antonia De Stefano aveva avuto il possesso del fondo, essendo stata semmai solo amministratrice dei proprietari che si erano succeduti nel tempo.

Avverso tale sentenza le attrici proponevano appello dinanzi alla competente Corte territoriale di Napoli, la quale, con pronuncia dell'8 giugno 2001, lo ha rigettato, condannandole alle spese del grado.

In particolare quanto alla questione pregiudiziale attinente all'intervento adesivo di Criscuolo il giudice del riesame ha osservato esattamente che egli, ancorché non direttamente, tuttavia ha un interesse nella presente causa, atteso che da un esito sfavorevole agli adiuvati sarebbe potuto scaturire pregiudizio per la sua posizione.

Quanto al merito ha messo in evidenza che mai Antonia De Stefano era divenuta proprietaria del fondo, per il quale la dedotta usucapione non era mai maturata. D'altronde sul punto della sentenza con cui il tribunale nel 1976, dopo avere accolto il primo motivo di impugnazione della sentenza del Pretore di Gragnano, in virtù del quale aveva escluso l'esistenza del contratto di comodato del terreno, omise di provvedere sul secondo...

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