Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 21 ottobre 2004, n. 41235 (c.c. 20 settembre 2004). Pres. Fattori - Est. Piccialli - P.M. (conf.) - Ric. P.M. in proc. Ziroldo.

Giudice di pace - Competenza penale - Archiviazione - Condizioni legittimanti - Richiesta del P.M.Necessità - Ammissione dell'imputato all'oblazione - Successiva archiviazione da parte del giudice di pace - Abnormità del provvedimento.

Anche nel procedimento per reati di competenza del giudice di pace, l'archiviazione può essere disposta, ai sensi dell'art. 17 del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, solo su richiesta del pubblico ministero. Deve, quindi, considerarsi abnorme il provvedimento di archiviazione adottato dal giudice di pace a seguito di avvenuta ammissione dell'imputato all'oblazione (nella specie, per il reato di cui all'art. 186 c.d.s.) nonostante il parere contrario del pubblico ministero. (Mass. Redaz.). (Nuovo c.s., art. 186; D.L.vo 24 agosto 2000, n. 274, art. 17) (1).

    (1) Non risultano editi precedenti in termini. In merito al potere di archiviazione del giudice di pace si evidenzia che in sede di legittimità si è recentemente formato un contrasto giurisprudenziale relativamente alla qualificazione (come abnorme o come legittimo) del provvedimento con cui il giudice di pace, respinta la richiesta di archiviazione, disponga che il pubblico ministero autorizzi la polizia giudiziaria ad emettere il decreto di citazione a giudizio. Per utili ragguagli sul punto, si vedano Cass. pen., sez. V, 10 dicembre 2003, Ben Mabrouk, in Arch. nuova proc. pen. 2004, 189 e Cass. pen., sez. IV, 23 gennaio 2004, Nobler, ibidem. In dottrina, v. il commento all'art. 17 D.L.vo n. 274/2000, contenuto ne

Il Codice del giudice di pace civile e penale di F. BARTOLINI, P. CORSO, Ed. La Tribuna, Piacenza 2005, pp. 328 e ss.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - In data 11 settembre 2002 il Giudice di pace del Tribunale di Pordenone, in funzione di Gip, disponeva l'archiviazione del procedimento a carico di Ziroldo Sebastiano, imputato della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza (art. 186 c.s.), previo versamento della somma stabilita dalla legge a titolo di oblazione, alla quale l'imputato era stato ammesso, nonostante il parere contrario del P.M.

Avverso tale provvedimento, definito abnorme, il procuratore della Repubblica ricorre per cassazione chiedendone l'annullamento, sul rilievo della palese violazione dell'art. 17 D.L.vo n. 274/2000, che prevede la pronuncia di archiviazione solo previa richiesta in tal senso del P.M.

Al ricorrente si è associato anche il P.G. presso questa Corte che ha prospettato l'«abnormità » del provvedimento impugnato, per essere stata disposta l'archiviazione, senza la richiesta del pubblico ministero (non potendo neppure per implicito ravvisarsi tale richiesta nel parere - oltretutto contrario - formulato sulla richiesta di oblazione).

Il ricorso è fondato, giacché nella specie è perfettamente applicabile la nozione di provvedimento «abnorme », come tale censurabile con il ricorso in sede di legittimità.

Trattasi, come è noto, di una categoria concettuale di costruzione giurisprudenziale, in forza della quale la Cassazione, pur a fronte della regola generale della tipicità e tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568, comma 1, c.p.p.), consente di rimuovere quei provvedimenti giudiziari che risultino affetti da vizi talmente imprevedibili (quindi atipici) per il legislatore, da dover essere considerati avulsi completamente dall'ordinamento giuridico. In tal caso, poiché proprio l'atipicità del vizio non consentirebbe il ricorso ad uno specifico e predeterminato mezzo di gravame, l'esigenza di giustizia può essere appagata, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, mediante il ricorso immediato per cassazione per violazione di legge (cfr., ex pluribus, Cass., sez. un., 9 luglio 1997, Quarantelli; Cass., sez. un., 10 dicembre 1997, Di Battista; Cass., sez. un., 24 novembre 1999, Magnani).

In una tale prospettiva, è da ritenere abnorme, e come tale dunque ricorribile per cassazione, sia il provvedimento del giudice che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, sicché il legislatore non avrebbe potuto prevederlo e, quindi, regolamentarlo - cosiddetta «abnormità strutturale » - sia quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere dell'organo che lo ha prodotto, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite, sì da determinare una stasi irrimediabile del processo con conseguente impossibilità di proseguirlo - cosiddetta «abnormità funzionale » -: in entrambi i casi la rimozione dalla realtà giuridica non può che passare attraverso la denuncia dell'abnormità davanti al giudice di legittimità (da ultimo, Cass., sez. III, 9 aprile 2002, Mondadori; Cass., sez. III, 24 aprile 2002, Proc. Rep. Trib. Palmi in proc. Oliva e Cass., sez. VI, 10 aprile 2003, Guerrato ed altri).

Or bene, nessun dubbio che il provvedimento de quo debba essere considerato abnorme, essenzialmente sotto il profilo funzionale. Page 210

Infatti, la mancanza della richiesta del pubblico ministero, oltre a porsi in contrasto con la disciplina di settore (cfr. art. 17 D.L.vo n. 274/2000), finisce con il determinare una stasi irrimediabile del procedimento, siccome archiviato senza che in proposito il titolare dell'azione penale abbia potuto interloquire.

È questa la ragione che consente di qualificare il provvedimento gravato come «abnorme » per rimuovere una situazione di stallo altrimenti irrimediabile. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 29 settembre 2004, n. 19547. Pres. Losavio - Est. Ragonesi - P.M. De Augustinis (conf.) - G. (avv. Fogliani) c. Prefettura di Firenze (n.c.).

Segnaletica stradale - Isola pedonale - Incrocio con strada a traffico veicolare - Obbligo di apporre segnale indicante l'unica direzione di marcia consentita - Configurabilità - Esclusione - Transito nell'isola pedonale di persona con bicicletta alla mano - Ininfluenza.

In tema di segnaletica nella disciplina della circolazione stradale, nel punto in cui un'isola pedonale sbocca su una strada a transito veicolare non v'è obbligo di apporre un segnale indicante il flusso del traffico nell'unica direzione consentita, posto che tale segnale non ha alcuna rilevanza nei confronti dei pedoni, avendola solo per i veicoli. Né la configurabilità di un obbligo di tal fatta può derivare dalla circostanza che in un'isola pedonale può anche transitare una persona con un velocipede alla mano che si immetterà successivamente nel flusso del traffico veicolare, e ciò in quanto i ciclisti con la bicicletta alla mano sono equiparati ai pedoni ai sensi dell'art. 182, quarto comma, del codice della strada, e devono pertanto usare la comune diligenza e la comune prudenza, verificando, prima di salire in bicicletta di procedere con tale mezzo lungo una strada transitata da veicoli, il senso di marcia di questi ultimi. (Nuovo c.s., art. 182; D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 492, art. 122) (1).

    (1) Questione singolare risolta dalla S.C. confermando quanto deciso precedentemente dal giudice di pace con motivazione adeguata e logicamente ineccepibile.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso ex art. 22 L. 689/81 G.G. proponeva opposizione avversa all'ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto di Firenze il 17 marzo 2000 con la quale gli veniva imposto il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione al codice della strada.

L'opponente asseriva che il giorno della contestazione della violazione, dopo aver percorso, alla guida della propria bicicletta una pista ciclabile, giunto al Piazzale degli Uffizi, imboccava la via pedonale, procedendo col veicolo spinto a mano, e si inseriva poi sul Lungarno dei Medici. Dopo aver lasciato il marciapiede, si poneva alla guida del velocipede, percorrendo il Lungarno suddetto in direzione del Ponte Vecchio e veniva fermato dai Vigili Urbani che gli contestarono la violazione dell'art. 7 c.s. perché transitava in senso contrario alla segnaletica stradale.

Il G. proponeva pertanto opposizione alla Prefettura di Firenze contro il verbale della polizia municipale lamentando l'assenza di segnali indicanti il senso di circolazione da tenersi sul Lungarno.

Con provvedimento del 17 marzo 2000 il Prefetto respingeva l'opposizione.

Il G. adiva quindi il Giudice di pace di Firenze chiedendo la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato e l'annullamento dell'ordinanza prefettizia.

Con sentenza del 27 ottobre 2000 numero 2143 il Giudice di pace di Firenze respingeva il ricorso e compensava le spese.

Per la cassazione della suddetta sentenza propone ricorso il G. sulla base di cinque motivi cui non resiste il Prefetto di Firenze.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorrente deduce con il primo motivo che erroneamente il Giudice di pace ha ritenuto che non potesse essere fondatamente lamentata la carenza di segnaletica stradale all'uscita dalla zona a transito pedonale.

Con il secondo motivo assume che erroneamente il Giudice ha ritenuto che essendo la via pedonale non era necessario apporvi un segnale che indicasse la direzione che i veicoli devono tenere nella strada in cui la via pedonale va a confluire.

Con il terzo motivo deduce che erroneamente il giudice di pace ha ritenuto che non fosse necessaria l'apposizione di un cartello con l'indicazione della zona pedonale in quanto tale destinazione non risultava di per sé evidente.

Con il quarto motivo di ricorso lamenta che erroneamente il giudicante ha ritenuto che esso ricorrente avrebbe dovuto rendersi conto che aveva imboccato una via a transito vietato ai velocipedi.

Con il quinto motivo lamenta che erroneamente è stato ritenuto il comportamento colposo di esso ricorrente.

I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente.

Con essi il ricorrente assume sotto diversi profili che erroneamente il...

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