Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. un., 4 febbraio 2005, n. 2207. Pres. Carbone - Est. Berruti - P.M. Iannelli (conf.)Unipol spa (avv.ti Tonucci, Frignani e Irti) c. Ricciardelli (avv. De Pascale).

Concorrenza lecita - Disciplina - L. n. 287/90 - Divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza - Violazione - Cartello di imprese assicuratrici - Azione risarcitoria ex art. 33 L. n. 287/90 - Legittimazione attiva - Singoli consumatoriCompetenza per materia - Corte d'appello.

Il consumatore che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione «a monte», lesiva della struttura concorrenziale del mercato, posta in essere dagli imprenditori aderenti al cartello, ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli autori della collusione, l'azione di nullità e di risarcimento del danno prevista dall'art. 33 della legge antitrust n. 287 del 1990. La competenza per materia a conoscere della relativa controversia appartiene, in un unico grado, alla corte d'appello. (Mass. redaz.). (L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33) (1).

    (1) La S.C. interviene a tutela dei consumatori contro i cartelli delle imprese assicuratrici. A distanza di due anni dalla precedente contraria sentenza sull'argomento le SS.UU., con la pronuncia in epigrafe, hanno stabilito che anche i consumatori e non solo le imprese possono ricorrere alla normativa antitrust per tutelare i loro diritti e per ottenere questo devono rivolgersi alla corte d'appello, non più al giudice di pace. Le SS.UU. disattendono, dunque, quanto affermato da Cass. civ., sez. I, 9 dicembre 2002, n. 17475, in questa Rivista 2003, 105, ritengono che «la legge antitrust non è la legge degli imprenditori soltanto, ma è la legge dei soggetti del mercato, ovvero di chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere». «Il consumatore - si legge ancora nella motivazione delle SS.UU. - è l'acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene. La funzione illecita di una intesa si realizza per l'appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente». Questa rivalutazione del singolo consumatore, ovvero di colui che conclude il contratto «a valle» sbocco naturale dell'intesa, «essenziale a realizzarne gli effetti», è tuttavia in parte controbilanciata dal radicarsi delle controversie dinanzi alle corti d'appello, con il salto di un grado di giudizio, tempi di decisione più lunghi e obbligo di assistenza legale. La vicenda delle intese fra le Compagnie di assicurazione e dei premi rca illegittimamente pagati dai singoli consumatori è ormai nota. Per un'ampia panoramica sull'argomento v. R. CAFARO, Premi assicurativi illegittimamente versati: rimborsi e tutele, Ed. La Tribuna, Piacenza 2003.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato il 18 febbraio 2002 Mario Ricciarelli conveniva davanti al Giudice di Pace di Avellino la spa Unipol Assicurazioni per sentirla condannare al pagamento delle somme corrispondenti al 20% di quanto da lui versato a titolo di premio relativamente alla polizza assicurativa r.c.a. n. 30/728795339, per il periodo settembre 1998-settembre 1999. Chiedeva in subordine che fosse il giudice adito a determinare in via equitativa quanto a lui spettante. Sosteneva che tale somma, comunque determinata, gli era dovuta giacché la polizza suddetta era stata stipulata secondo le condizioni determinate dal cartello delle società Assicuratrici, il cui effetto era stato di maggiorare i prezzi in modo uniforme per tutto il mercato nazionale, in violazione della legge n. 287 del 1990, dei principi di correttezza e buona fede e con pregiudizio di essa parte, più debole in quanto obbligata a contrarre. Deduceva che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva inflitto alla Unipol, per violazione del divieto di cui all'art. 2 della predetta legge Antitrust, il pagamento a titolo di sanzione amministrativa della somma di lire 33.050.995.445.

La convenuta resisteva ed oltre a contestare il fondamento della pretesa, eccepiva l'incompetenza del giudice per esservi la competenza della corte d'appello, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 287 del 1990. Deduceva anche l'incompetenza per territorio dello stesso giudice di pace.

Il giudice di primo grado riteneva la propria competenza sotto ogni profilo, quindi accoglieva la domanda condannando la Unipol al pagamento in favore dell'attore della somma di lire 151.684, pari ad Euros 78,34, indebitamente riscossa quale effetto dell'intesa, vietata dalla legge.

La sentenza in esame prendeva atto della notorietà della questione, che aveva sollevato scalpore sia in Italia che all'estero, ed altresì del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che aveva inflitto alla Unipol la sanzione innanzi menzionata. Dava atto che a tale decisione AGCM era pervenuta a seguito di una compiuta istruttoria, il cui risultato era stato l'accertamento dell'avvenuto scambio di informazioni tra le imprese del ramo, che aveva dato a sua volta luogo ad un comportamento delle stesse del tutto omogeneo e tale pertanto da impedire al contraente di individuare un assicuratore che, pra- Page 372 ticando effettiva concorrenza, offrisse prezzi migliori di quello nella specie pagato.

Sulla base di tale premessa la sentenza impugnata spiegava anche il più alto livello dei prezzi di tali polizze rispetto alla media europea.

Quindi, quanto alla questione della competenza, riteneva che ai sensi dell'art. 33 della L. Antitrust la domanda di risarcimento del danno che fonda la competenza della corte d'appello consegue al pregiudizio che hanno subìto gli imprenditori terzi rispetto al cartello o alla posizione dominante, ovvero gli imprenditori in concorrenza con quegli imprenditori che vi hanno aderito, e che risultano a tal titolo vittime dell'intesa o della posizione dominante. La predetta azione pertanto non riguarda i soggetti oltre che terzi rispetto alla intesa, anche non concorrenti dei partecipi alla stessa, e dunque non riguarda le domande avanzate da soggetti non imprenditori, ancorché anch'essi subiscano il cartello o il dominio.

Riteneva che il giudice al quale siffatte domande provenienti da soggetti diversi dagli imprenditori vanno rivolte deve essere individuato alla stregua dei criteri di cui all'art. 1469 bis n. 18 e nella specie, trattandosi di domanda di ripetizione di indebito oggettivo, ai sensi dell'art. 2033 c.c. Ciò perché la sanzione di nullità dell'Autorità Antitrust colpisce il cartello e non colpisce i contratti che, successivamente al cartello, vengono conclusi con i singoli automobilisti. Costoro, secondo il giudice di pace, si trovano nella situazione di pagare più di quanto una contrattazione che non fosse derivata dal cartello avrebbe implicato. Infine il giudice di pace riteneva di far uso del potere di determinare secondo equità, atteso il valore della causa in riferimento all'art. 113 c.p.c., la somma spettante al Ricciarelli.

Contro questa sentenza ha presentato ricorso per cassazione la Unipol, affidato a cinque motivi. Ha resistito il Ricciarelli con controricorso.

La causa, assegnata alla terza sezione civile della Corte di Cassazione, è stata rimessa al primo presidente con ordinanza n. 15538 del 2003. In essa il collegio, preso atto di un indirizzo della Corte Suprema (Cass. n. 17475 del 2002) secondo il quale i consumatori, ovvero i soggetti non imprenditori e pertanto terzi rispetto alla intesa, non sono legittimati ad esperire l'azione di nullità della stessa di cui all'art. 33 della legge n. 287 del 1990, ha ipotizzato l'opportunità di rimettere la questione della legittimazione ad agire e dunque della competenza della corte d'appello in unico grado, per la sua particolare importanza, alle sezioni unite.

Con provvedimento del primo presidente la causa è stata rimessa alla odierna udienza di queste sezioni unite. Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con il primo motivo di ricorso la Unipol deduce la violazione dell'art. 33, comma 2, della legge n. 287 del 1990 e dell'art. 2033 c.c., nonché la motivazione omessa, illogica ed insufficiente sul punto del rigetto della sua eccezione di incompetenza per materia del giudice adito. Sostiene che il primo giudice ha errato nel ritenere che legittimati alla azione prevista dalla legge Antitrust possano essere solo gli imprenditori esclusi dal cartello e pertanto da questo danneggiati, ed ha errato ancora nel qualificare l'azione in parola come restitutoria e dunque estranea alla previsione di cui all'art. 33 della L. Antitrust. Sostiene infatti che la legge ha attribuito alla corte d'appello in unico grado di merito una competenza, ratione materiae, che prescinde dai soggetti che esercitano il relativo diritto. Deduce pure che siffatto criterio di competenza non può essere eluso attraverso la qualificazione della domanda come restitutoria anziché risarcitoria, giacché anche la restituzione del cosiddetto sovrapprezzo seguirebbe ad una nullità, almeno derivata, del contratto concluso tra la società assicuratrice ed il cliente automobilista, e l'accertamento di tale nullità è devoluto alla corte d'appello.

1 a) - Osserva il collegio che le due questioni proposte, quella relativa alla legittimazione ad agire e quella relativa alla posizione giuridica dei contratti conclusi tra impresa assicuratrice e cliente «a valle» dell'accordo illecito tra gli imprenditori, costituiscono aspetti del medesimo problema. Ciò in quanto la posizione giuridica del terzo, estraneo all'intesa, che afferma di averne subìto gli effetti ne determina la legittimazione ad agire. Tali questioni vanno trattate, pertanto, con una visione complessiva...

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