Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine159-213

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 23 dicembre 2004, n. 49304 (ud. 17 settembre 2004). Pres. Olivieri - Est. Visconti - P.G. Cesqui (diff.) - Ric. P.M. in proc. Dalla Vista.

Circolazione stradale - Guida in stato di ebbrezza - Competenza del tribunale monocratico - Reato commesso prima dell'entrata in vigore della L. n. 214/2003 - Sussistenza - Trattamento sanzionatorio più favorevole - Applicabilità.

La competenza a conoscere del reato di guida in stato di ebbrezza, già attribuita al giudice di pace fino all'entrata in vigore della legge 1 agosto 2003 n. 214, che l'ha trasferita al tribunale in composizione monocratica, spetta a quest'ultimo organo, in virtù del principio tempus regit actum, anche se il fatto sia stato commesso prima della data di entrata in vigore di detta legge (salvo che, a quella data, il procedimento fosse già stato instaurato davanti al giudice di pace, operando in tale ipotesi il diverso principio della perpetuatio jurisdictionis), fermo restando, però, che il tribunale, in applicazione della regola dettata dall'art. 2, comma terzo, c.p., dovrà applicare il più favorevole trattamento sanzionatorio che sarebbe stato applicato dal giudice di pace in base alla legge vigente al momento del fatto. (Mass. Redaz.). (L. 1 agosto 2003, n. 214; c.p., art. 2; nuovo c.s., art. 186) (1).

    (1) Conforme, in quanto afferma l'applicazione del principio del favor rei in analoga fattispecie, Cass. pen., sez. IV, 20 maggio 2004, P.M. in proc. Vilhar, in Arch. giur. circ. 2004, 1106, con nota di MAURIZIO PARISI.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto in data 6 febbraio 2004 il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 29 dicembre 2003 del Giudice di pace di Benevento, con la quale era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti di Della Vista Marco in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza (art. 186, secondo comma, c.s.), commesso il 9 marzo 2003, perché estinto per oblazione.

Il P.M. ricorrente ha chiesto l'annullamento della sentenza e la trasmissione del procedimento al giudice competente, in quanto la legge 1º agosto 2003 n. 214 ha individuato la competenza del giudice monocratico del tribunale a giudicare il reato contravvenzionale di cui all'art. 186, secondo comma, c.s. Non essendovi norme transitorie, secondo il ricorrente, ai sensi dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale e per il principio tempus regit actum, essendo stata emessa la sentenza dopo la modifica legislativa, la norma processuale da applicare è quella vigente all'epoca della decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorso è fondato e va accolto. L'art. 5 della legge 1 agosto 2003 n. 214 ha modificato il comma 2 dell'art. 186 c.s., che disciplina la guida in stato di ebbrezza, sia ripristinando il trattamento sanzionatorio dell'applicazione della pena detentiva dell'arresto congiuntamente a quella pecuniaria dell'ammenda (e così abolendo quanto previsto dall'art. 52, secondo comma, lett. c), D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274), sia attribuendo la competenza a decidere al tribunale, e non più quindi al giudice di pace, come era stabilito dall'art. 4, comma 2, lett. q) del citato decreto legislativo.

Pur essendo la modifica della competenza conseguenza logica del ripristino del trattamento sanzionatorio più gravoso per l'imputato, non prevedendosi che il giudice di pace possa irrogare la pena detentiva dell'arresto, i due profili vanno tenuti distinti, non avendo il legislatore emesso alcuna norma transitoria in relazione ai reati commessi prima dell'entrata in vigore della legge n. 214/2003.

È, infatti, indubbio, per il principio del favor rei, previsto dall'art. 2, comma 3, c.p., che i fatti commessi prima dell'entrata in vigore del decreto legge 27 giugno 2003 n. 151, convertito con modifiche nella legge 1 agosto 2003 n. 214, vadano puniti con le sanzioni previste dall'art. 52, secondo comma, lett. c), D.L.vo n. 274/2000. Dispone, infatti, il citato art. 2, comma 3, che «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile».

Più articolata è la questione - che è poi quella oggetto del procedimento in esame - inerente al momento in cui la competenza per materia non è più del giudice di pace, bensì del tribunale.

L'assenza di una norma transitoria - situazione giustamente evidenziata dal P.M. ricorrente - impone l'applicazione del principio tempus regit actum, in base all'art. 11 delle preleggi, e quindi con competenza del tribunale a decidere immediatamente sin dall'entrata in vigore della legge n. 214/2003.

Né tale soluzione può essere disattesa considerando che per i reati commessi anteriormente alla entrata in vigore (o ripristino) della nuova disciplina sanzionatoria, il tribunale dovrà continuare ad applicare le norme più favorevoli per il reo, e cioè quelle tipiche del giudice di pace.

La specificità della disposizione di cui all'art. 5 legge n. 214/2003 e l'assenza di una norma transitoriaPage 160 che disponga altrimenti non consentono in alcun modo di ritenere il permanere della competenza per materia del giudice di pace per i reati commessi anche anteriormente.

Unica deroga è costituita dall'applicazione della perpetuatio jurisdictionis, che affonda le sue radici nel principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, e che si individua nei casi in cui il giudice di pace sia stato già legittimamente investito del relativo giudizio, in quanto, in tale ipotesi, essendosi già radicata la competenza, la nuova disciplina processuale non ha efficacia.

La esposta disciplina dello ius superveniens, che contempla modifiche di natura sostanziale e processuale, è peraltro adesiva alla giurisprudenza di legittimità, la quale ha ritenuto che «il criterio della norma più favorevole al reo può essere utilizzato solo al fine di individuare la disposizione di diritto sostanziale applicabile al caso concreto, non quella processuale, come è quella disciplinante la competenza tra diversi organi giudicanti, per la quale, in assenza di un'apposita norma transitoria, si deve far riferimento al principio generale del tempus regit actum, secondo cui la nuova disciplina processuale, anche se immuta la competenza precostituita, trova immediata applicazione nei procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, sempre che, naturalmente, il giudice non sia stato già legittimamente investito del relativo giudizio, in quanto, in tal caso, essendosi già radicata la competenza, la nuova disciplina processuale non ha efficacia» (Cass. 7 aprile 1997 n. 2537; conf. Cass. 24 novembre 1997 n. 6593; Cass. 2 dicembre 1992 n. 5011; Cass. 22 aprile 1992 n. 1737; Cass. 23 gennaio 1992 n. 296).

Nella fattispecie, la citazione a giudizio ex art. 20 D.L.vo n. 274/2000 è stata emessa in data 13 agosto 2003, e quindi allorché la legge 1 agosto 2003 n. 214 era già entrata in vigore, essendo stata pubblicata sulla G.U. il 12 agosto 2003, con entrata in vigore il giorno successivo, per cui non può trovare applicazione in alcun modo il principio della perpetuatio jurisdictionis. Infatti, non solo non era iniziata la fase del dibattimento conseguente alla regolare costituzione delle parti, ma nemmeno era stato emesso il primo atto introduttivo del giudizio, per cui illegittimamente il Giudice di pace di Benevento ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per oblazione in data 19 dicembre 2003.

La sentenza impugnata viene quindi annullata senza rinvio e gli atti trasmessi al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento per le sue richieste al giudice competente, e cioè il Tribunale di Benevento. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 22 dicembre 2004, n. 49283 (ud. 15 dicembre 2004). Pres. Marvulli - Est. Sirena - P.M. Izzo (diff.) - Ric. Novella.

Cassazione penale - Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso - Applicazione - Carenza di interesse sopravvenutaEsclusione.

Qualora il venire meno dell'interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione, alla dichiarazione di inammissibilità non consegue la condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 616) (1).

    (1) Conforme, sul punto, Cass. pen., Sez. un., 18 luglio 1997, Chiappetta ed altro, in questa Rivista 1998, 105.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Pasquale Novella ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza 3-5 dicembre 2004 della Corte di appello di Reggio Calabria, sezione misure di prevenzione, che aveva rigettato l'istanza 25 novembre 2003 con cui lo stesso Novella aveva chiesto che fosse dichiarata estinta la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di tre anni, disposta nei suoi confronti in virtù di decreto 2 dicembre 1999 del tribunale della stessa città.

A sostegno dell'impugnazione, il ricorrente ha dedotto che nella durata della misura di prevenzione si sarebbe dovuto computare anche il periodo di tempo dal 19 giugno 2000 al 9 novembre 2002, durante il quale era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere per imputazioni dalle quali era stato poi assolto per non aver commesso il fatto, con sentenza della Corte di assise di appello di Reggio Calabria del 9 novembre 2002, divenuta irrevocabile il 23 marzo 2003.

All'udienza del 7 luglio 2004, fissata per la discussione del ricorso, la prima sezione penale della Corte, alla quale lo stesso era stato assegnato, ne ha disposto la rimessione - ex art. 618 c.p.p. - alle Sezioni Unite, sul rilievo dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione principale oggetto dell'impugnazione.

Tale contrasto riguarda la disputa se sia ammissibile...

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