Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine41-87

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 11 ottobre 2005, n. 36638 (ud. 5 aprile 2005). Pres. Marini - Est. Bruno - P.M. Viglietta (conf.) - Ric. Bianco.

Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Rideterminazione della pena su accordo delle parti - Concordato sulla pena e richiesta di sospensione condizionale - Poteri del giudice.

In tema di pena concordata tra le parti in sede di appello ai sensi dell'art. 509, comma 4, c.p.p., nell'ipotesi che l'accordo sia subordinato alla concessione della sospensione condizionale della pena al giudice che non ritenga concedibile il beneficio non è consentita altra via se non quella di procedere con le forme ordinarie, senza dar luogo al concordato. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 599) (1).

    (1) In termini con la massima in epigrafe, si veda Cass. pen., sez. V, 6 marzo 2002, Santapaola, in CED, Archivio penale, RV 221216. Non dello stesso avviso Cass. pen., sez. II, 5 aprile 2001, De Masi, pubblicata per esteso in questa Rivista 2001, 284, che ritiene possibile e legittimo per il giudice d'appello, quando le parti, oltre ad essersi accordate su di una rideterminazione della pena, abbiano anche avanzato richiesta di sospensione condizionale, limitarsi a ratificare soltanto l'accordo sulla pena senza concedere il beneficio, fermo restando che tale mancata concessione deve risultare comunque adeguatamente motivata, anche con riguardo al giudizio prognostico richiesto dalla legge.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza del 6 marzo 2002, il Tribunale di Brindisi dichiarava Bianco Teodoro colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, ai sensi dell'art. 216, comma 1, L. fall. nonché di bancarotta semplice, ai sensi dell'art. 217 L. fall., così riqualificata l'originaria imputazione di bancarotta fraudolenta e, ritenuta la continuazione e concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni due e mesi uno di reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

Pronunciando sul gravame proposto dal difensore dell'imputato, la Corte d'appello di Lecce, con la sentenza indicata in epigrafe, recepiva l'accordo intervenuto tra le parti sulla determinazione della pena, previa rinuncia agli altri motivi di appello e, per l'effetto, pronunciando ai sensi dell'art. 599, comma 4, riformava in parte la decisione impugnata, concedendo al Bianco l'attenuante di cui all'art. 219 L. fall., con conseguente rideterminazione della pena inflitta in anni uno e mesi sette di reclusione e conferma nel resto.

Avverso la decisione anzidetta, il Bianco ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con unico motivo d'impugnazione, parte ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia provveduto sulla richiesta di sospensione condizionale della pena che, non solo era stata richiesta dei motivi di gravame, ma era posta specificamente come condizione del proposto patteggiamento, così come risultava dall'allegata procedura speciale.

La censura è sicuramente fondata e va, pertanto, accolta.

Ed invero, risulta dal testo della procura speciale, peraltro allegata in copia al ricorso, che l'imputato aveva conferito specifico mandato al difensore nominato affinché, in nome e per suo conto, formulasse istanza di patteggiamento in appello, con rinuncia agli altri motivi, a condizione che venga concessa la sospensione condizionale della pena. Risulta, altresì, dal verbale del 21 giugno 2004, che il difensore, nel proporre istanza di pena concordata, aveva fatto espresso riferimento alla procura speciale in suo possesso che, come si è detto, recava la condizione anzidetta.

Stando così le cose, risulta evidente che l'omessa pronuncia sulla richiesta del beneficio inficia la pronuncia impugnata che si è limitata ad applicare la pena nella misura concordata, senz'altra statuizione. Né, a giudizio del collegio, tale omissione può essere interpretata come rifiuto del beneficio, a parte, comunque, la mancanza di ogni motivazione al riguardo. Ed infatti, nell'ipotesi in cui tale omissione fosse interpretabile in tal senso, il giudice di appello non avrebbe potuto recepire l'accordo delle parti, posto che condizione espressa della misura concordata era proprio il beneficio della sospensione, ma avrebbe dovuto procedere con le forme ordinarie, senza dar luogo al concordato (cfr., in tali termini, Cass., sez. V, 4 febbraio 2002, n. 8687, RV 221216). Non si ritiene, infatti, di aderire al diverso orientamento giurisprudenziale secondo cui, in ipotesi di istanza di pena patteggiata subordinata alla concessione della sospensione condizionale, il giudice di appello, che ritenga di non concedere il beneficio, deve ratificare soltanto l'accordo sulla pena, rigettando, con congrua motivazione, la richiesta del beneficio stesso (cfr. Cass., sez. II, 14 marzo 2001, n. 14151, RV 218460). Ed invero, nella fattispecie in esame, il beneficio si pone come elemento determinante nel processo di formazione della volontà negoziale della parte, rappresentando, quindi, compo-Page 42nente costitutiva della piattaforma negoziale sulla quale si è perfezionato l'accordo tra le parti, di guisa che non è consentito al giudice di appello frazionare quella base negoziale dovendo recepirla per intero ovvero disattenderla, procedendo, in tal caso, con le forme ordinarie.

  1. - Per quanto precede, il ricorso deve essere accolto e, per l'effetto, l'impugnata sentenza deve essere annullata, conferendo al giudice del rinvio il compito di procedere a nuova valutazione dell'accordo proposto, attenendosi al principio di diritto sopra affermato. (Omissis).

    @CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 11 ottobre 2005, n. 36636 (ud. 22 marzo 2005). Pres. Marini - Est. Di Popolo - P.M. Gialanella (conf.) - Ric. Patti.

    Giudice di pace - Competenza penale - Ricorso immediato - Parere contrario alla citazione da parte del P.M. - Poteri del giudice di pace - Emissione del decreto di convocazione delle parti - Esclusione - Restituzione degli atti al P.M. - Necessità.

    In tema di procedimento davanti al giudice di pace, qualora, essendo stato presentato ricorso immediato ai sensi dell'art. 21 del D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274, il pubblico ministero, ai sensi dell'art. 25, comma 2, del medesimo D.L.vo, abbia espresso parere contrario alla citazione, ovvero sia rimasto inerte, il giudice, ove non ritenga di adottare alcuno dei provvedimenti previsti dall'art. 26, non può emettere decreto di convocazione delle parti ai sensi dell'art. 27, formulando egli stesso l'imputazione, e neppure può ordinare, avvalendosi del disposto di cui all'art. 409, comma 4, c.p.p., che l'imputazione sia coattivamente formulata dal pubblico ministero, ma può soltanto rimettere a quest'ultimo gli atti perché proceda liberamente nelle forme ordinarie. (Mass. Redaz.). (D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 21; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 25; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 26; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 27; c.p.p., art. 409) (1).

      (1) Nello stesso senso si veda il precedente costituito da Cass. pen., sez. IV, 5 agosto 2004, Gatto, in Riv. pen. 2005, 897. Sull'argomento, si veda anche Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2004, Nardo, in questa Rivista 2005, 347, che, sempre con riferimento ad un procedimento promosso con ricorso immediato al giudice di pace da parte della persona offesa, ex art. 21 D.L.vo n. 274/2000, ritiene abnorme il provvedimento con il quale il giudice di pace, avendo emesso il decreto di convocazione delle parti nonostante il parere negativo (e non vincolante) espresso dal pubblico ministero, disponga poi, a seguito di eccezione circa la mancata trascrizione, in detto decreto, dell'imputazione (non essendo stata questa neppure formulata dal pubblico ministero, coerentemente alla manifestazione del suddetto parere negativo), la restituzione degli atti al pubblico ministero per la formulazione, entro dieci giorni, dell'imputazione, in luogo di pronunciare, previa revoca del decreto di convocazione, l'inammissibilità del ricorso, disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero per l'ulteriore corso ordinario del procedimento, ai sensi dell'art. 26, comma 2, del citato D.L.vo n. 274/2000.


    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - La sentenza impugnata riporta le imputazioni riferite a condotte di Patti Paolo, articolatasi in tre distinte iniziative assunte in orari serali del 19 luglio 2002 nei confronti di Mulé Antonino, integranti gli estremi di differenziate fattispecie di reati per lesioni personali (ai capi A e B, procurate prima al ginocchio sinistro dall'investimento prodotto da autovettura e successivamente alla mano ed al polso destro da colpi inferti con un bastone), e per tentate lesioni personali (al capo C della contestazione, per l'iniziativa aggressiva tentata con un rastrello). E, all'esito di specifico procedimento valutativo delle risultanze processuali e probatorie, conclude con la dichiarazione di colpevolezza e con la condanna dell'imputato alla pena di giustizia soltanto per le lesioni contestate al capo B, dando atto, esclusivamente nella motivazione, che il primo addebito di lesioni personali al ginocchio sinistro «non appare sussistere e che l'imputazione di lesioni personali tentate» appare poco credibile e/o comunque non punibile per tenuità del fatto».

    Il ricorrente denunzia «nullità assoluta del decreto di citazione e del giudizio per mancanza di iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale ex art. 178 lett. b) c.p.p.», in quanto: - il ricorso immediato è stato ritenuto, col provvedimento del 25 novembre 2002, inammissibile dal P.M., che conseguentemente non ha formulato l'imputazione; - il Giudice di pace ha poi «recepito le ipotesi frazionate di reato così come proposte nel ricorso immediato», ipotizzando, in sede dibattimentale, che, «in assenza dell'imputazione del P.M., ex art. 25 del decreto» possa lo stesso giudicante «sostituirsi alla pubblicazione», che...

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