Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine381-437

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 12 aprile 2006, n. 13041 (c.c. 28 marzo 2006). Pres. Marvulli - Est. Cortese - P.M. (conf.) - Ric. P.M. in proc. contro ignoti.

Indagini preliminari - Durata - Procedimento contro ignoti - Prosecuzione delle indagini - Autorizzazione con apposizione di termine - Legittimità.

È legittima, da parte del Gip che autorizza la prosecuzione delle indagini nei procedimenti contro ignoti, l'apposizione del termine di sei mesi di cui all'art. 406, comma 2 bis, c.p.p., dovendosi applicare a detti procedimenti, per il rinvio operato dall'art. 415, comma 3, c.p.p., la disciplina prevista per la definizione delle indagini nei procedimenti contro soggetti noti. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 406; c.p.p., art. 415) (1).

    (1) Il medesimo principio è stato affermato dalle SS.UU. con altra decisione in pari data (n. 1340/06), consultabile sul sito www.latribuna.it nella sezione dedicata all'aggiornamento on-line alle riviste.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Nel corso del procedimento n. 399/04 R.G.N.R. a carico di persone ignote la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme chiedeva, in data 26 settembre 2004, al Gip dello stesso tribunale l'autorizzazione a proseguire le indagini preliminari. Con decreto in data 4 ottobre 2004 il Gip autorizzava tale prosecuzione per il tempo di sei mesi.

Avverso tale decreto proponeva ricorso per cassazione il P.M., limitatamente alla parte in cui il Gip, anziché autorizzare sine die la prosecuzione delle indagini, aveva fissato un termine di sei mesi, in analogia a quanto previsto per il caso di presentazione di richiesta di proroga dei termini delle indagini preliminari a carico di persone note, iscritte nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. Secondo il P.M. ricorrente l'ordinanza rivestiva i caratteri dell'abnormità, in quanto adottata in violazione delle norme processuali e, in particolare, della disciplina contenuta nell'art. 415 c.p.p.

Il P.M. rilevava che con l'apposizione del termine il Gip, disattendendo l'orientamento che opta per l'inapplicabilità alle indagini contro ignoti del disposto di cui al comma 2 bis dell'art. 406 c.p.p., aveva ritenuto estensibile a tali indagini, in forza del richiamo di cui al comma 3 dell'art. 415 c.p.p., la disciplina in tema di durata massima delle indagini preliminari prevista per il procedimento a carico di persone note.

A sostegno dell'impugnazione, sottolineava che la fissazione di un termine per la proroga delle indagini e la previsione di un termine massimo per la loro conclusione rispondono unicamente all'esigenza di evitare che una persona fisica iscritta nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. sia esposta a una protrazione indefinita delle investigazioni a suo carico.

Nell'ipotesi in cui tale esigenza di tutela non sussiste, come appunto nel caso di procedimento a carico di persone ignote (nel quale fra l'altro la ricerca dell'identità della persona ipoteticamente responsabile dei reati per cui si procede può talora protrarsi per tempi assai lunghi), non troverebbe alcuna giustificazione la fissazione di un termine. Non potrebbe al riguardo invocarsi neppure la necessità di evitare che l'ufficio inquirente, pur avendo gli elementi per procedere ad una iscrizione ai sensi dell'art. 335 c.p.p., lasci il procedimento penale iscritto nel modello 44 al fine di aggirare i termini di durata delle indagini preliminari. A prescindere infatti dalle conseguenze disciplinari ipotizzabili per un simile comportamento e dalla possibilità per l'interessato di eccepire l'eventuale violazione dei suoi diritti di difesa, il pericolo evocato resterebbe escluso dal controllo spettante al Gip, che, nell'atto di venire a conoscenza del procedimento, può ordinare, ravvisandone i presupposti, l'immediata iscrizione del nome dell'indagato nel registro generale delle notizie di reato.

Secondo il P.M., inoltre, la tesi sottesa al provvedimento del Gip porterebbe all'aberrante conseguenza di ritenere applicabile nel procedimento a carico di ignoti sia la previsione contenuta nel comma 3 dell'art. 406 c.p.p., sia quella di cui all'art. 414 c.p.p.

Gli esposti rilievi conducono il P.M. ricorrente a sostenere che il decreto adottato dal Gip deve essere considerato abnorme, in quanto si sostanzia in una decisione che per la sua singolarità e atipicità si pone al di fuori dell'intero sistema processuale.

La VI sezione penale della Corte di cassazione investita dell'esame del ricorso, dopo aver ricostruito la posizione della dottrina, da sempre largamente favorevole all'applicabilità di limiti temporali per le indagini anche nelle ipotesi di procedimento contro ignoti, ha evidenziato come nella giurisprudenza di legittimità, orientata, fino alla modifica della disciplina dell'art. 415 c.p.p. introdotta con l'art. 16 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, in senso contrario alla fissabilità di un termine per la prosecuzione delle indagini a carico di ignoti, sia emerso, dopo la detta novellazione legislativa, un indirizzo teso ad assimilare, sotto il profilo delle garanzie di snellezza, trasparenza e celerità, il procedimento contro ignoti a quello contro noti, con estensione, in particolare, al primo, nei li-Page 382miti di oggettiva compatibilità, delle previsioni di cui agli artt. 406 (ivi compreso il disposto, che interessa specificamente il presente procedimento, di cui al comma 2 bis) e 407 c.p.p.

In considerazione di ciò, la sesta sezione penale ha deciso di trasmettere il ricorso alle Sezioni unite.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - La questione concernente la legittimità, o non, del decreto con cui il Gip, nell'autorizzare il P.M. a proseguire le indagini in un procedimento a carico di ignoti, apponga un termine per il loro svolgimento, è stata affrontata più volte dalla Corte di cassazione, che, prima della modifica normativa relativa all'art. 415 c.p.p., introdotta dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, pur dividendosi sulle conseguenze derivanti da tale apposizione - talora ravvisate nell'abnormità, e correlativa impugnabilità, dell'atto (sez. VI, 24 novembre 1992, dep. 14 aprile 1993, n. 4162, P.M. in proc. ignoti; sez. fer. 18 dicembre 1992, dep. 18 marzo 1993, n. 1576, P.M. in proc. ignoti) e, più spesso, sul presupposto dell'inoppugnabilità del medesimo (su cui v. sez. I, 24 settembre 1992, dep. 23 novembre 1992, n. 3542, P.M. in proc. ignoti; sez. VI, 23 luglio 1992, n. 2978, P.M. in proc. ignoti), ricondotte nell'alveo di sanzioni interne al procedimento (sez. VI, 4 dicembre 1992, dep. 3 febbraio 1993, n. 4331, P.M. in proc. ignoti; sez. VI, 23 aprile 1993, dep. 25 agosto 1993, n. 1139, P.M. in proc. ignoti; sez. VI, 14 giugno 1993, dep. 24 settembre 1993, n. 1811, P.M. in proc. ignoti) - ne riteneva concordemente l'illegittimità, escludendo (in contrasto con la dominante dottrina) che dopo la scadenza del primo termine di sei mesi, imposto al P.M. per decidere della sorte del procedimento, le indagini di cui fosse stata autorizzata la prosecuzione potessero essere sottoposte a qualsiasi limite cronologico. Veniva al riguardo sottolineata la peculiarità delle investigazioni inerenti a un reato privo di elementi soggettivamente indizianti, in ordine alle quali il P.M. era solo tenuto, nel termine previsto dall'art. 415, comma 1 c.p.p., a decidere (in mancanza della raggiunta identificazione del presunto responsabile) se continuare ulteriormente le investigazioni o chiedere l'archiviazione, in quanto, mancando un soggetto indagato, portatore di uno specifico interesse alla sollecita chiusura dell'attività d'indagine, non poteva trovare spazio l'articolata disciplina dei termini di cui agli artt. 405, 406 e 407 c.p.p. (sez. IV, 18 dicembre 1992, dep. 18 marzo 1993, n. 1576, P.M. in proc. ignoti).

Con l'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 415 c.p.p., nel quale è espressamente previsto (al comma 3) che nel procedimento contro ignoti si «osservano in quanto applicabili» tutte le disposizioni del titolo VIII del libro V (relative alla chiusura delle indagini preliminari), si è manifestato in giurisprudenza (sez. VI, 12 dicembre 2002, dep. 14 gennaio 2003, n. 2997, P.M. in proc. ignoti; sez. V, 22 aprile 2005, dep. 28 luglio 2005, n. 28700, P.M. in proc. ignoti) l'orientamento di estendere le garanzie di snellezza, trasparenza e celerità caratterizzanti il procedimento contro persone note alla conduzione delle investigazioni a carico di ignoti, con conseguente applicabilità anche a queste ultime della disciplina di cui agli artt. 406 - ivi compreso, per quanto qui interessa, il disposto di cui al comma 2 bis - e 407 c.p.p., fatte salve, ovviamente, le disposizioni oggettivamente incompatibili, come ad es. quelle dei commi 3 e 5 dell'art. 406.

Persiste peraltro un diverso indirizzo giurisprudenziale (sez. IV, 12 ottobre 2004, dep. 15 dicembre 2004, n. 48158, P.M. in proc. contro ignoti; sez. IV, 4 maggio 2005, dep. 19 agosto 2005, n. 31355, P.M. in proc. contro ignoti), il quale, pur dopo la modifica normativa introdotta con la legge 16 dicembre 1999, n. 479, ritiene illegittima l'apposizione del termine nell'ipotesi di richiesta di proroga delle indagini a carico di persone ignote, ritenendo inapplicabili a tali indagini le disposizioni di cui agli artt. 406 e 407 c.p.p., intese come dirette a garantire solo la persona già individuata.

Ad avviso del Collegio è senz'altro da condividere l'indirizzo «estensivo», sopra enunciato.

In suo favore milita anzitutto la testuale previsione del comma terzo del novellato art. 415 c.p.p., che denota, all'evidenza, la scelta di voler assimilare, fino al limite della compatibilità, la disciplina (della chiusura) delle indagini contro ignoti a quella prevista per le indagini contro noti.

Che il rinvio operato dalla norma de qua debba intendersi in questo senso e che, in particolare, ricomprende l'intero regime sui termini delle indagini (eccezion fatta per le sole norme che presuppongono indeffettibilmente la già avvenuta individuazione della persona...

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