Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine719-758

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. V, 16 maggio 2006, n. 16571 (ud. 20 aprile 2006). Pres. Foscarini - Est. Marini - P.M. Cesqui (conf.)Ric. Badalamenti.

Violenza privata - Elemento oggettivo - Estremi - Veicolo parcheggiato irregolarmente in area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere - Reiterato rifiuto di liberare l'accesso ai condomini - Configurabilità.

Integra il reato di violenza privata la condotta di chi, avendo parcheggiato irregolarmente il proprio veicolo in un'area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere, impedisce ad altri di uscire con i propri veicoli sulla pubblica via, si rifiuta di liberare l'accesso e pretende che questi ultimi attendano le sue necessità (nella specie la «discesa della sorella»). (Mass. redaz.) (C.p., art. 610) (1).

    (1) Sulla nozione di violenza, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 610 c.p., v. la citata sentenza Cass. pen., sez. V, 29 gennaio 2004, Agati, in Riv. pen. 2005, 380.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Badalamenti Teresa e Badalamenti Paolo ricorrono per cassazione, a mezzo del comune difensore, avverso la sentenza 20 aprile 2005 della Corte di appello di Palermo che, investita del gravame degli stessi proposto avverso la sentenza 15 gennaio 2004 del Giudice del Tribunale di Palermo che li aveva condannati alla pena euro 300 di multa per il reato di ingiuria ed alla pena di mesi tre e giorni dieci di reclusione per il reato di violenza privata (pene entrambe sospese) - reati entrambi commessi in persona di Destro Antonio in data 1 giugno 1999 - ha confermato integralmente la pronuncia di primo grado.

Quali mezzi di annullamento, i ricorrenti prospettano:

1) erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., nonché difetto, illogicità e contraddittorietà della sentenza, sul rilievo di acritica ed illogica adesione alla narrazione accusatoria della persona offesa, prescelta a fronte di disinteressate testimonianze di segno opposto;

2) erronea applicazione degli articoli 594 e 610 c.p., sotto il primo profilo difettando le espressioni pronunciate da Badalamenti Teresa di idoneità lesiva dell'altrui onore, e sotto il secondo profilo riconducendosi il fatto nell'ambito di un mero «battibecco verbale».

Il giudice di merito ha ricostruito in fatto l'episodio nel senso che il Badalamenti Paolo, introdottosi con la propria vettura, in altrui area condominiale, parcheggiò il mezzo in modo tale da impedire l'uscita sulla pubblica via all'auto del Destro, rifiutando di spostarsi una volta invitato, pretendendo che esso Destro dovesse attendere l'arrivo della sorella Teresa la quale, a sua volta, gli rivolse l'espressione «a questo la casa gliela hanno regalata... a noi ci dà fastidio l'esistenza sua e della sua famiglia e che sono dei pazzi»; tale ricostruzione ha fondato sulle «dichiarazioni testimoniali acquisite».

A fronte di tale motivazione, sono evidenti i profili di inammissibilità del primo motivo, che riguarda la sola Badalamenti Teresa; e, ciò, sia laddove del tutto genericamente assume l'inattendibilità delle dichiarazioni, secondo personale riflessione, un diritto del «visitatore» cioè del Badalamenti Paolo, ad una sorta di «precedenza» nei riguardi del condominio, o, infine, oppone che i testi si sarebbero limitati a riferire di «voci concitate», attestative essere stesse di un litigio verbale cui si è resa compatibile la narrazione di espressioni offensive quale resa della persona offesa.

Quanto alla valenza offensiva delle parole pronunciate da Badalamenti Teresa, poi, il ricorso omette palesemente di contestare l'espressione «a noi ci dà fastidio l'esistenza sua e della famiglia, sono dei pazzi», chiaramente lesiva dell'altrui patrimonio morale in quanto attributiva al destinatario di una condizione di squilibrio mentale; e, per concludere sul primo motivo, costituisce mera rilettura del fatto la prospettazione di una reazione del Badalamenti Paolo ad un atto di «prepotenza» del Destro.

Quanto al secondo motivo, palesemente privo di pregio è l'assunto che nella Badalamenti Teresa avrebbe fatto difetto l'animus iniuriandi essendo noto che l'ingiuria è reato a dolo generico e l'effettiva intenzione di ledere l'altrui patrimonio morale non è richiesta, salvo che nelle ipotesi - estranee alla fattispecie - nelle quali la carica ingiuriosa delle espressioni dipenda da circostanze di fatto speciali e contingenti.

Destituito di fondamento, poi, è il terzo motivo, con il quale si contesta la configurazione del delitto ex articolo 610 c.p. sul rilievo che, nella specie, avrebbero fatto difetto la violenza fisica ovvero la minaccia.

Vero è, infatti, che nel reato di violenza privata (articolo 610 c.p.), il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l'offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà (Cass., sez. V, 17 dicembrePage 720 2003, RV 228063); nella specie, la sentenza ha descritto un fatto di voluta intenzione dell'imputato di mantenere il proprio veicolo - già parcheggiato irregolarmente in un'area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere («condominio a lui estraneo») - in modo tale da impedire alla persona offesa di transitare con il proprio veicolo per uscire sulla pubblica via, rifiutando reiteratamente di liberare l'accesso, pretendendo «con evidente protervia ed arroganza» che la persona offesa attendesse secondo proprie necessità (la «discesa» della sorella), e tanto basta per integrare la violenza quale normativamente prevista.

Al rigetto dei ricorsi consegue la solidale condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. un., 5 maggio 2006, n. 10311. Pres. Carbone - Est. Lo Piano - P.M. Maccarone (conf.) - Cocco (avv.ti Salluzzo e Perantoni) c. Sanna e Lloyd Italico Spa.

Assicurazione obbligatoria - Modulo di constatazione amichevole - Efficacia probatoria - Confessione giudiziale - Litisconsorzio necessario dell'assicurato e dell'assicuratore - Applicazione dell'art. 2733, comma terzo, c.c. - Libero apprezzamento da parte del giudice e della confessione resa da alcuni dei litisconsorti.

La dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto CID), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova, ma è liberamente apprezzata dal giudice, trovando applicazione la norma di cui all'art. 2733, terzo comma, c.c., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice. (Mass. Redaz.) (C.c., art. 2733; D.L. 13 dicembre 1976, art. 857; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 23) (1).

    (1) Con questa sentenza le SS.UU. compongono un contrasto di giurisprudenza muovendo dalla premessa ricostruttiva che nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall'inizio, assume la veste di litisconsorte necessario e la controversia deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti: assicuratore, assicurato e danneggiato (v., in tal senso, Cass. civ., 27 ottobre 1998, n. 10693, in questa Rivista 1998, 1117). Tale decisione «è, inoltre, idonea a regolare i rapporti tra gli stessi (non quindi solo il rapporto tra danneggiato ed assicuratore, ma anche quello tra quest'ultimo ed il responsabile del danno, in ordine alla sussistenza del rapporto assicurativo, e tra il predetto responsabile ed il danneggiato in ordine alla responsabilità del sinistro). Ne consegue che dalla valutazione delle dichiarazioni di colui che secondo il danneggiato è il responsabile del danno, non possono derivare conclusioni differenziate in ordine ai rapporti sopra individuati». La S.C. chiarisce che la norma attraverso la quale si realizza questo effetto è l'art. 2733, comma 3, c.c. «con cui viene esclusa la funzione di piena prova della confessione, la quale assume soltanto la natura di elemento che il giudice apprezza liberamente, e ciò non solo nei confronti di chi a reso la dichiarazione, ma anche nei confronti degli altri litisconsorti. La norma è applicabile alla fattispecie in esame, poiché si verte in tema di accertamento di fatti, da effettuarsi in modo unitario». Sull'orientamento prevalente di questa Corte in ordine al valore probatorio del CID, v. ex multis Cass. civ. 3 agosto 2005, n. 16223, in questa Rivista 2006, 263; Cass. civ. 3 aprile 1998, n. 3462, ivi 1998, 873 e Cass. civ. 13 febbraio 1998, n. 1561, ivi 1998, 576, secondo cui: «Il modulo di constatazione amichevole di un sinistro stradale sottoscritto dai conducenti coinvolti e completo in ogni sua parte (compresa la data), ha, nei confronti degli stessi valore di confessione stragiudiziale resa alla parte e, a norma dell'art. 2735 c.c., produce i medesimi effetti della confessione giudiziale, con esclusione della possibilità di provare il contrario; mentre, nei confronti dell'assicuratore è solo liberamente apprezzabile dal giudice, che può su di esso fondare, dandone adeguata motivazione, il proprio convincimento». Cfr. inoltre Cass. civ. 5 maggio 2004, n. 8525, ivi 2004, 1114; Cass. civ. 27 febbraio 2004, n. 4007, ivi 2004, 737 e Cass. civ. 21 febbraio 2003, n. 2659, ivi 2003, 570, secondo la quale il modulo predetto, quando è sottoscritto dai conducenti coinvolti e completo in ogni sua parte, compresa la data, genera una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell'assicuratore e come tale superabile con prova contraria, mentre nei confronti dei conducenti, ha valore di confessione stragiudiziale resa alla parte e, a norma dell'art. 2735 c.c., produce i medesimi effetti della confessione...

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