Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. V, 1 febbraio 2006, n. 4033 (ud. 21 dicembre 2005). Pres. Foscarini - Est. Calabrese - P.M. Mura (conf.)Ric. Lupi.

Minaccia - Elemento oggettivo - Prospettazione di un danno ingiusto con gesti minacciosi da parte di automobilista nei confronti di altro automobilista - Inseguimento con autovettura - Configurabilità del reato.

È configurabile il reato di minaccia ex art. 612, comma 1, c.p., nella condotta di automobilista che abbia minacciato altro automobilista un danno ingiusto facendo gesti intimidatori mentre lo inseguiva con l'autovettura. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto opportuno, avuto riguardo all'entità del fatto, applicare la pena pecuniaria di 20 euro di multa). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 612) (1).

    (1) In argomento, v. Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2004, Morrone, in Riv. pen. 2005, 230, secondo cui: ´In tema di minaccia, anche un mero comportamento può presentare i connotati della minaccia, in quanto, da un lato, la condotta si inserisca in un contesto reiterato di espressioni di inequivoco contenuto minaccioso e, dall'altro, esso risulti oggettivamente caratterizzato da atteggiamenti marcatamente minacciosi. (Nella specie, l'agente sostava lungamente con l'autovettura sotto l'abitazione della vittima e, sporgendosi dal finestrino, la chiamava a gran voce affinché fosse sentito da tutto il vicinato). Per una breve ma mirata rassegna giurisprudenziale sul reato di cui all'art. 612 c.p., v. L. ALIBRANDI, Il Codice penale annotato con la giurisprudenza, Tribuna Evoluzione, Piacenza 2005, pp. 1561 e ss.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con l'impugnata sentenza è stata confermata la condanna a 51 euro di multa inflitta a Lupi Gianfranco, ritenuto colpevole del reato di cui all'articolo 612 c.p. per aver minacciato a Casavecchia Renzo un danno ingiusto facendo gesti minacciosi con le mani al suo indirizzo mentre lo inseguiva con un'autovettura.

Ricorre per cassazione il difensore che denuncia erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione di attendibilità della persona offesa, alla portata intimidatoria attribuita al gesticolare dell'imputato, al diniego delle attenuanti generiche e alla eccessività della pena irrogata.

  1. - La prima censura è infondata, in quanto la sentenza impugnata, integrata da quella di primo grado, ha spiegato le ragioni per le quali andava condiviso il giudizio di piena attendibilità riservata alla testimonianza della persona offesa. A parte l'ulteriore profilo di inammissibilità che la contraddistingue nella parte in cui indulge a valutazioni di merito - ´le modalità percettive del fatto-reato (il Casavecchia asserisce di aver visto il Lupi fare i gesti minacciosi dallo specchietto retrovisore) ben possono essere state travisate dalla particolare concitazione del momentoª - non prospettabili in questa sede di legittimità.

    Il successivo rilievo critico si sostanzia nella mera riproposizione di un argomento già disatteso perché ritenuto apodittico dal giudice d'appello, che ha peraltro perspicacemente osservato che ´non si vede perché il prevenuto non avrebbe potuto realizzare, magari in un secondo momento, le sue minacce di picchiare l'avversarioª.

    Incensurabile appare poi il diniego delle attenuanti generiche, siccome fondato sul logico rilievo dell'assenza di elementi cui ricondurre l'applicazione del beneficio, neppure indicati dall'appellante.

    Merita accoglimento invece la doglianza che attiene all'entità della sanzione.

    Si palesa infatti manifestamente incongrua e irrazionale una motivazione che, come quella esibita dal giudice a quo, giustifichi l'applicazione del massimo edittale della pena considerandola ´oltremodo modesta, per effetto della svalutazione, persino inferiore alla sanzione amministrativa comminata per un banale divieto di sosta in ztlª.

    S'impone pertanto sul punto l'annullamento dell'impugnata sentenza, ma senza rinvio, potendo questa stessa Corte provvedere direttamente a determinare il trattamento sanzionatorio, ex articolo 620 lettera l) c.p.p., applicando, avuto riguardo all'entità del fatto, la pena pecuniaria di 20 euro di multa. (Omissis).

    @CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 7 dicembre 2005, n. 27005. Pres. Di Nanni - Est. Filadoro - P.M. Russo (conf.)Milioni c. Birk ed altro.

    Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni - -Modulo di constatazione amichevole - Efficacia probatoria - Sottoscrizione di entrambe le parti e completo - Presunzione iuris tantum in ordine alle modalità del sinistro - Modulo sottoscritto da entrambe le parti ma incompleto - Efficacia probatoria.

    In caso di scontro tra veicoli, il modulo di constatazione amichevole ha un valore di presunzione legale iuris tantum in ordine alle modalità del sinistro soltanto se sottoscritto da entrambi i condu- Page 368centi e completo in ogni sua parte, mentre se è sottoscritto da entrambi ma incompleto è atto solo a dimostrare che è avvenuto effettivamente un incidente stradale tra le vetture ivi indicate, ma non costituisce prova né della responsabilità dell'uno o dell'altro veicolo, e neppure dei danni riportati dalle due autovetture. (Mass. Redaz.). (C.c., art. 2735; c.p.c., art. 116; D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 5) (1).

      (1) Nel senso che il modulo predetto, quando è sottoscritto dai conducenti coinvolti e completo in ogni sua parte, compresa la data, genera una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell'assicuratore e come tale superabile con prova contraria e nei confronti dei conducenti, invece, ha valore di confessione stragiudiziale resa alla parte, v. Cass. civ. 5 maggio 2004, n. 8525, in questa Rivista 2004, 1114; Cass. civ. 21 febbraio 2003, n. 2659, ivi 2003, 570; Cass. civ. 1 luglio 2002 n. 9548, ivi 2003, 518; Cass. civ. 3 aprile 1998, n. 3462, ivi 1998, 873 e Cass. civ. 13 febbraio 1998, n. 1561, ivi 1998, 576. In dottrina, v. E. COLOMBINI, Efficacia probatoria del modulo di constatazione amichevole, ivi 2005, 793.

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato in data 21 marzo 1989 Maria Grazia Milioni conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Latina Alessandro Birk e la società di assicurazioni Sara spa per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni riportati dal veicolo di sua proprietà (condotto al momento dell'incidente da Antonio Cavaliere) a seguito dell'incidente stradale avvenuto in Latina il 26 luglio 1987.

    L'attrice precisava che l'incidente si era verificato per esclusiva responsabilità del Birk, il quale aveva omesso, ad un incrocio, di dare la precedenza al veicolo di proprietà della Milioni (condotto da Antonio Cavaliere).

    I due convenuti, costituendosi in giudizio, contestavano la fondatezza della domanda, chiedendone il rigetto.

    Con sentenza n. 165 del 4 febbraio-10 aprile 1996, il pretore rigettava la domanda.

    La decisione era confermata dal Tribunale di Latina con sentenza del 3-28 maggio 2001.

    I giudici di appello osservavano che non erano stati acquisiti elementi idonei a stabilire con esattezza la dinamica dell'incidente.

    Il teste Gesmundo aveva fatto riferimento ad un sinistro avvenuto tra la via Polusca e via Quarto. Il modulo di contestazione amichevole (C.I.D.) sottoscritto da entrambi i conducenti indicava invece come luogo dell'incidente l'incrocio tra via Giotto e via Verdi.

    Dal modulo C.I.D. versato agli atti non risultava una precisa assunzione di responsabilità da parte di uno dei due conducenti.

    Neppure la segnaletica stradale era riportata nel grafico allegato alla contestazione amichevole. La comunicazione del Comune non consentiva di ricavare dati decisivi ai fini della ricostruzione della stessa segnaletica.

    Tra l'altro, non era chiaro se il Cavaliere, al momento dell'incidente, fosse diretto verso il centro della città (nel qual caso all'incrocio con via Giotto vi erano sia un obbligo di dare la precedenza che un segnale di diritto di precedenza) ovvero in direzione di Sabaudia, nel qual caso all'incrocio vi sarebbe stato un segnale di obbligo di dare la precedenza.

    Pertanto, attribuendo al C.I.D. valore di prova dell'effettivo verificarsi del sinistro (tra l'altro, mai contestato in primo grado) avrebbe dovuto farsi riferimento alla presunzione di pari responsabilità di cui all'art. 2054 c.c., secondo comma - come già ritenuto dal primo giudice -.

    In ordine alla quantificazione del danno, osservava il tribunale, corrispondeva a verità che il teste Cerci, carrozziere, avesse confermato in giudizio il costo delle riparazioni eseguite, indicato in complessive lire 1.100.000.

    Si trattava, tuttavia - secondo i giudici di appello - di una conferma assolutamente generica, di un preventivo privo di data, dal quale non poteva neppure ricavarsi la sicura riferibilità delle riparazioni al sinistro di causa.

    Nel modello C.I.D., sottoscritto da entrambi i conducenti, non erano indicate le parti delle due autovetture che avevano subìto dei danni a seguito dell'incidente.

    Dato il tempo trascorso dall'incidente (1987-2001), infine, appariva del tutto inutile la consulenza tecnica di ufficio richiesta dall'appellante, né vi erano i presupposti per deferire il giuramento suppletorio al Birk, che conduceva l'altro veicolo.

    Avverso tale decisione la Milioni ha proposto ricorso per cassazione sorretto da dodici motivi.

    Nessuno degli intimati ha svolto difese.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio (violazione dell'art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile, in relazione all'art. 5 della legge n. 33 del 1979), nonché contraddittorietà della motivazione.

    Da un lato i giudici di appello avevano escluso qualsiasi valenza probatoria al modulo di contestazione amichevole (CID), in quanto privo di indicazioni...

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