Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine239-284

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 11 gennaio 2007, n. 394. Pres. Di Nanni - Est. Massera (parz. diff.) - Narducci c. Greco e Milano Assicurazioni Spa.

Risarcimento del danno - Valutazione e liquidazione - Criteri equitativi - Danno non patrimoniale - Danno biologico - Applicazione delle tabelleAmmissibilità - Liquidazione del danno moraleRiferimento alle stesse tabelle - AmmissibilitàPersonalizzazione del risarcimento - Necessità.

La liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice, con ricorso al metodo equitativo, anche attraverso l'applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, quali le cosiddette tabelle (elaborate da alcuni uffici giudiziari) ancorché non rientrino nelle nozioni di fatto di comune esperienza né risultino recepite in norme di diritto, come tali appartenenti alla scienza ufficiale del giudice. La liquidazione equitativa del danno morale può essere legittimamente effettuata dal giudice sulla base delle stesse tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico, portando, in questo caso, alla quantificazione del danno morale - in misura pari a una frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di danno biologico - purché il risultato, in tal modo raggiunto, venga, poi, personalizzato, tenendo conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, con la conseguenza che non può giungersi a liquidazioni puramente simboliche o irrisorie. (Mass. Redaz.). (C.c., art. 1226) (1).

    (1) La pronuncia in epigrafe ha, innanzitutto, il merito di aver ribadito, come già la recente Cass. civ., 12 maggio 2006, n. 11039, in Jus & Lex online, sul sito www.latribuna.it che: «Unica possibile forma di liquidazione - per ogni danno che sia privo, come il danno biologico ed il danno morale, delle caratteristiche della patrimonialità - è quella equitativa». Il ricorso a questo criterio è infatti dovuto alla natura stessa di tale danno e alla funzione di risarcimento realizzato mediante la dazione di una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non aver indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare giacché intanto una precisa quantificazione pecuniaria è possibile, in quanto esistano dei parametri normativi fissi di commutazione in difetto dei quali il danno non patrimoniale non può mai essere provato nel suo preciso ammontare. Tuttavia resta fermo il dovere del giudice di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato. Se si tratterà di danno biologico, poi, il giudice può applicare criteri predeterminati e standardizzati quali le c.d. tabelle elaborate da molti uffici giudiziari. Anche per la liquidazione del danno morale si potranno utilizzare le medesime tabelle, quantificando il danno morale in una frazione di quello biologico, purché il risultato venga personalizzato sulla base delle particolarità del caso concreto. Principi, questi, relativi alla liquidazione del danno morale contenuti in altra recente sentenza di questa Corte: 12 luglio 2006, n. 15760, pubblicata in questa Rivista 2007, 149, nella quale la S.C. ha utilizzato, preferendole a quelle del tribunale di Messina, le tabelle del tribunale di Milano in quanto maggiormente testate. Proprio sul danno morale e sulla sua liquidazione si sofferma la sentenza in epigrafe sottolineando la necessità per il giudice di personalizzare l'utilizzo delle tabelle al caso concreto, tenendo conto delle effettive sofferenze patite, della gravità dell'illecito e di tutti gli elementi della fattispecie che possano rendere il risarcimento adeguato al caso concreto. Di conseguenza l'esercizio del potere equitativo del giudice di merito sarà censurabile in sede di legittimità soltanto quando la liquidazione del danno appaia manifestamente simbolica, irrisoria, o per nulla correlata con le premesse di fatto in ordine alla natura ed all'entità del pregiudizio dal medesimo giudice accertate. In tal senso, v. Cass. civ., 2 marzo 2004, n. 4186, ivi 2004, 879. In dottrina, v. G. GALLONE, G.B. PETTI, Il danno alla persona e alle cose nell'assicurazione per la R.C.A., tomo II, Ed. Utet, Torino 2005.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza in data 18 ottobre-19 dicembre 2001 il Tribunale di Roma condannava Enrico Greco e la Bavaria Assicurazioni Spa (ora Milano Assicurazioni Spa) a pagare in solido ad Emanuela Narducci la somma di lire 162.387.700, a titolo di risarcimento danni da incidente stradale.

Con sentenza in data 8 marzo-20 aprile 2004 la Corte di appello di Roma rigettava le contrapposte impugnazioni.

La Corte territoriale osservava per guanto interessa: l'accertamento del C.T.U. in ordine alla entità delle lesioni conseguenti al sinistro appare corretto e il danno morale è stato liquidato adeguatamente; l'abbandono dell'attività lavorativa e il trasferimento in Toscana non sono ricollegabili alle lesioni patite nel sinistro.

Avverso la suddetta sentenza la Narducci ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, ulteriormente illustrati con successiva memoria.

La Milano Assicurazioni ha proposto ricorso incidentale articolato in tre censure.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - I due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.

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Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia vizio di motivazione con riferimento alla liquidazione del danno biologico comprensivo di quello esistenziale, assumendo che non è stata valutata l'incidenza dell'evento lesivo sull'accelerazione della sclerosi, che prima del sinistro si trovava ancora allo stadio latente.

Inoltre lamenta che sono state applicate pedissequamente le tabelle del Tribunale di Roma senza alcun riferimento alle peculiarità del caso concreto.

Il motivo si articola, dunque, in due censure la prima delle quali risulta infondata poiché la Corte territoriale ha esplicitamente preso in esame il tema della accelerazione dei tempi della malattia raccordandosi a quanto ritenuto in proposito dal C.T.U. (dal testo della sentenza risulta che, proprio in considerazione della predetta accelerazione, la valutazione del danno è stata elevata dal 18% al 28%).

Come si evince dalle argomentazioni poste a sostegno della censura, in realtà la Narducci contesta soprattutto le valutazioni espresse dal C.T.U., ma tale doglianza non può trovare ingresso in questa sede poiché si verte in tema di apprezzamento di merito che la sentenza impugnata, riferendosi ovviamente alla consulenza tecnica, ha motivato in termini sufficienti e razionali, tra l'altro sottolineando che dalle indagini del C.T.U. è emerso che la sclerosi multipla si era già manifestata in epoca antecedente al trauma di almeno un anno.

Parimente infondata è la seconda censura, poiché essa pecca di assoluta genericità.

Anche recentemente questa Corte ha ribadito (Cass. n. 11039 del 2006) che unica possibile forma di liquidazione - per ogni danno che sia privo, come il danno biologico e il danno morale, delle caratteristiche della patrimonialità - è quella equitativa, sicché la ragione del ricorso a tale criterio è insita nella natura stessa di tale danno e nella funzione del risarcimento realizzato mediante la dazione di una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non aver indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare - costituente, in linea generale, la condizione per il ricorso alla valutazione equitativa (art. 1226 c.c.) - giacché intanto una precisa quantificazione pecuniaria è possibile, in quanto esistano dei parametri normativi fissi di commutazione, in difetto dei quali il danno non patrimoniale non può mai essere provato nel suo preciso ammontare, fermo restando, tuttavia, il dovere del giudice di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato.

In particolare, la liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice, con ricorso al metodo equitativo, anche attraverso l'applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, quali le cosiddette "tabelle" (elaborate da alcuni uffici giudiziari), ancorché non rientrino nelle nozioni di fatto di comune esperienza, né risultano recepite in norme di diritto, come tali appartenenti alla scienza ufficiale del giudice. La liquidazione equitativa del danno morale, poi, può essere legittimamente effettuata dal giudice sulla base delle stesse "tabelle" utilizzate per la liquidazione del danno biologico, portando, in questo caso, alla quantificazione del danno morale - in misura pari ad una frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di danno biologico - purché il risultato, in tal modo raggiunto, venga poi "personalizzato", tenendo conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, con la conseguenza che non può giungersi a liquidazioni puramente simboliche o irrisorie.

Ribadita, dunque, la legittimità del ricorso alla liquidazione equitativa tabellare, osserva la Corte che la sentenza impugnata ha tenuto conto della peculiarità della fattispecie e che, per contro, la ricorrente non ha addotto argomentazioni specifiche per dimostrare eventuali errori e omissioni, né ha spiegato quali altri elementi sarebbe stato necessario valorizzare, dal momento che la Corte territoriale ha considerato l'entità delle lesioni conseguenza diretta del trauma, l'effetto accelerativo spiegato sulla malattia che si era già manifestata, la non incompatibilità di essa con l'attività lavorativa espletata, la natura delle lesioni, la durata della malattia, l'entità dei postumi.

Con...

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