Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 21 novembre 2006, n. 38143 (ud. 6 giugno 2006). Pres. Marini - Est. Marasca - P.M. Febbraro (conf.)Ric. Castenetto.

Reato - Cause di giustificazione - Esercizio di attività sportiva - Lesioni - Causa di giustificazione non codificata - Operatività - Condizioni - Fatti- specie.

In tema di lesioni personali cagionate in occasione di attività sportiva di tipo agonistico, il fatto può ritenersi scriminato, in forza di una causa di giustificazione non codificata, quando non derivi da volontaria violazione delle regole del giuoco. Quando invece derivi da violazione volontaria, sarà perseguibile a titolo di colpa, ove trattisi di violazione avvenuta nel corso di una ordinaria azione di giuoco e non finalizzata ad arrecare pregiudizi fisici all'avversario; a titolo di dolo, ove il fatto sia stato commesso per ragioni estranee al giuoco. (Nella specie, in applicazione di tali principii, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la penale responsabilità, a titolo di colpa, di un giocatore di calcio che aveva prodotto lesioni ad un avversario con un intervento «a gamba tesa» mirato a colpirlo - come avvenuto - ad una gamba onde impedirgli di partecipare ulteriormente all'azione e, quindi, di rientrare nel perduto possesso della palla). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 590; c.p., art. 51; c.p., art. 50) (1).

    (1) In argomento si vedano Cass. pen., sez. IV, 7 ottobre 2003, F.C., in questa Rivista 2004, 194; Cass. pen., sez. IV, 20 giugno 2001, Pettinati, ivi 2001, 72; Cass. pen., sez. V, 21 febbraio 2000, Rolla, ivi 2000, 333 e Cass. pen., sez. V, 8 ottobre 1992, Lolli, ivi 1993, 723. Con riferimento alla giurisprudenza di merito, si rinvia a Corte app. pen. Palermo, 26 novembre 2002, Albanese, in Giur. merito 2003, 719; Trib. pen., 10 gennaio 2002, Paradossi, ivi 2003, 2057 e Trib. pen. Trento, sez. dist. Cavalese, 2 gennaio 2001, Alaimo, in questa Rivista 2001, 395.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Nel corso di una partita di calcio tra le squadre Rviera e Zaule nell'ambito del campionato di calcio di prima categoria, girone B), il giocatore Pasquale Cozzella della Zaule subiva un intervento da parte del giocatore Massimiliano Castenetto a seguito del quale riportò frattura esposta della tibia e del perone della gamba destra.

Secondo i giudici di merito il Castenetto era entrato a gamba tesa ed aveva colpito la gamba del Cozzella, senza toccare la palla che era già stata allontanata dalla parte lesa, con i tacchetti della scarpa ad una altezza di quindici centimetri sopra la caviglia.

Per tale fatto il Tribunale di Trieste, con sentenza del 27 febbraio 2004, qualificava il fatto, che era stato contestato al Castenetto come lesioni volontarie, come lesioni colpose ed esclusa la ravvisabilità della scriminante del c.d. rischio consentito condannava l'imputato anche al risarcimento dei danni subìti dalla parte civile.

La Corte di appello di Trieste, disattese numerose eccezioni dell'imputato appellante, confermava la decisione di primo grado.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione Massimiliano Castenetto che, tramite il suo difensore di fiducia, deduceva i seguenti motivi di impugnazione:

1) Manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata perché nella sentenza di primo grado si parla di una frattura biossea della gamba sinistra mentre in quella di appello si fa riferimento alle lesioni subìte dalla gamba destra, fatto questo di sicuro rilievo perché comporta una diversa ricostruzione logica degli eventi.

2) Violazione degli articoli 50 e 51 c.p. e delle cause di giustificazione non codificate nonché errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione sul punto. Il ricorrente, seguendo il ragionamento dei giudici di merito, ha rilevato che si può parlare di superamento del c.d. rischio consentito quando si violino le regole del gioco e che nel caso di specie le regole del gioco sono rintracciabili nella regola 12 del giuoco del calcio vigente nel 1999, ovvero al momento del fatto. Proprio l'esame di tale regola e l'intervento arbitrale denotano che non vi fu nessuna volontà da parte del Castenetto di arrecare pregiudizio all'integrità fisica dell'avversario.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da Massimiliano Castenetto non sono fondati.

In effetti l'erronea indicazione della gamba colpita e fratturata appare frutto di una svista dei giudici di secondo grado e non comporta alcuna conseguenza sul piano della valutazione del fatto e delle relative responsabilità.

Secondo i giudici di appello il Castenetto colpì con un calcio a gamba tesa la gamba destra dell'avversario quando il pallone non era più in possesso del Cozzella e, quindi, con il chiaro intento di colpire l'avversario, tanto più che il Cozzella fu colpito in un punto dell'arto che era distante da terra quindici centimetri.

Se tale è la ricostruzione dei fatti, peraltro nemmeno messa in serio dubbio dal ricorrente, non appare molto rilevante sapere se venne colpita dall'imputato Page 150 la gamba destra o quella sinistra del giocatore avversario, chiaro essendo che la parte lesa Cozzella comunque non era più in possesso di palla e che, pertanto, il ricorrente mirava alla gamba e non al pallone.

Nessuna manifesta illogicità è, quindi, ravvisabile nella motivazione impugnata, ma un semplice ed ininfluente errore.

Quanto al secondo motivo di impugnazione va detto che non ricorre nel caso di specie una causa di giustificazione, come sostenuto dal ricorrente.

Il Collegio, invero, condivide l'orientamento, più volte espresso in tempi recenti dal Supremo Collegio, secondo il quale ai fatti lesivi avvenuti nell'esercizio di un'attività sportiva non è applicabile la causa di giustificazione del consenso dell'avente diritto, dovendosi, invece, ravvisare una vera e propria causa di giustificazione non codificata.

Corollari di siffatta impostazione sono la necessità del rispetto delle norme che disciplinano ciascuna attività sportiva e l'obbligo per l'atleta di non esporre l'avversario ad un rischio superiore a quello consentito in quella determinata pratica sportiva ed accettato dal partecipante medio.

La conseguenza è che la violazione delle regole del gioco quando sia colposa integra sempre un illecito sportivo, ma non ancora un illecito penale, che resta scriminato dalla causa di giustificazione.

Quando, invece, la violazione delle regole sia volontaria non è ravvisabile la esimente ed il reato sarà colposo se la volontaria violazione delle regole sia avvenuta nel corso di una ordinaria azione di gioco e non sia stata finalizzata ad arrecare pregiudizi fisici all'avversario, mentre sarà doloso se detta volontaria violazione sia avvenuta per ragioni estranee al gioco - per ritorsione od altro - (vedi per una ampia trattazione Cass., sez. V, Rolla, 2 dicembre 1999; Cass., sez. V, 23 maggio 2005, Fagotto ecc. ecc.).

I giudici di merito, applicando correttamente tali indirizzi oramai consolidati, hanno qualificato colposa la condotta lesiva del ricorrente considerando che si trattava di un c.d. fatto tattico, dal momento che l'azione del Castenetto non era diretta a colpire la palla, ma piuttosto ad impedire che il Cozzella potesse partecipare all'azione ed entrare in possesso della palla.

In tale contesto appare di scarso rilievo il richiamo del ricorrente alla regola 12 del gioco del calcio vigente al momento del fatto, ovvero nel 1999.

Tale regola, infatti, punisce severamente i comportamenti più gravi, quali ad esempio il tackle da dietro o in scivolata laterale, essendo quest'ultimo permesso soltanto quando a giudizio dell'arbitro non rappresenti un pericolo.

Sono in proposito sufficienti due considerazioni: in primo luogo il c.d. tackle costituisce un'azione certamente dura con la quale un giocatore contrasta, toccando la palla, un altro giocatore in possesso della stessa; si tratta di un'azione di gioco pienamente legittima perché si contrasta il possesso di palla con metodi corretti ovvero toccando con il piede la palla.

Nonostante la correttezza i responsabili del gioco calcio hanno voluto porre dei limiti - quelli dinanzi richiamati - a siffatta azione proprio per la sua intrinseca pericolosità.

Ma nel caso di specie siamo fuori da tale schema perché il Castenetto, come si è più volte ripetuto, non ha colpito - e non voleva colpire - la palla, ma la gamba dell'avversario e, quindi, non si può parlare di tackle; correttamente, quindi, i giudici del merito non hanno fatto riferimento alla regola richiamata.

Per tutte le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 16 novembre 2006, n. 37733 (ud. 11 ottobre 2006). Pres. Papa - Est. De Maio - P.G. Izzo (diff.) - Ric. Zerman.

Sicurezza pubblica - Stranieri - Atto discriminatorio- Gestore di esercizio commerciale - Rifiuto di servire le consumazioni ad avventori extracomunitari - Configurabilità del reato ex art. 3, L. n. 654/75 - Fondamento.

Integra il reato di cui all'art. 3, comma 1 lett. a), della legge 13 ottobre 1975 n. 654 (nel testo sostituito dall'art. 1 del D.L. n. 122/1993, conv. con modif., in legge n. 205/1993), la condotta di un esercente il quale rifiuti di servire degli avventori extracomunitari (nella specie, nordafricani) solo perché tali, nulla rilevando che tale condotta sia solo occasionale o che sia motivata dal soggettivo convincimento che detti avventori possano rappresentare un pericolo a cagione della loro appartenenza ad una categoria di soggetti ritenuti per la maggior parte clandestini, nullafacenti e senza fissa dimora. (Mass. Redaz.). (L. 13 ottobre 1975, n. 654, art. 3; D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 43) (1).

    (1) Di identico tenore Cass. pen., sez. III, 21 dicembre 2005, Zerman, in questa Rivista 2006, 1268.

MOTIVI DELLA DECISIONE, - Con sentenza in data 30 aprile 2004 la Corte d'appello di Venezia confermò la sentenza 8...

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