Giurisprudenza di legittimità

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@I. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 7 dicembre 2006, n. 40315 (ud. 26 ottobre 2006). Pres. Chieffi - Est. Corradini - P.G. Cedrangolo (conf.) - Ric. P.G. in proc. Batir.

Sicurezza pubblica - Stranieri - Espulsione - Inottemperanza dell'ordine di allontanamento - Giustificato motivo - Nozione - Indisponibilità di mezzi economici - Esclusione.

La sussistenza o meno del «giustificato motivo» che valga ad escludere la rilevanza penale dell'inottemperanza, da parte dello straniero extracomunitario, all'ordine di allontanamento dal territorio dello Stato emesso dal questore ai sensi dell'art. 14, comma 5 bis, del D.L.vo 25 luglio 1998 n. 286, va valutata, in linea con quanto ritenuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 5 del 2004, con riguardo a situazioni che, pur non dovendo ricondursi alle sole cause di giustificazione previste in via generale dalla legge penale, siano tuttavia caratterizzate da particolare pregnanza, sì da incidere sulla stessa possibilità, oggettiva o soggettiva, di adempiere all'intimazione, escludendola o rendendola difficoltosa o pericolosa; condizione, questa, che non può riconoscersi quando venga addotta la impossibilità di far fronte alle spese del viaggio di ritorno solo a cagione della mancanza di un lavoro regolare e stabile, quale normalmente si riscontra quando trattisi dei c.d. «migranti economici». (Mass. Redaz.). (D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14) (1).

@II. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 16 novembre 2006, n. 37787 (ud. 26 ottobre 2006). Pres. Chieffi - Est. Siotto - P.G. Cedrangolo (conf.)Ric. P.G. in proc. Elassal.

Sicurezza pubblica - Stranieri - Espulsione - Inottemperanza dell'ordine di allontanamento - Giustificato motivo - Impossibilità di trovare lavoro nel Paese d'origine - Esclusione.

In caso di inottemperanza all'ordine di allontanamento dello straniero extracomunitario dal territorio dello Stato, emesso dal questore ai sensi dell'art. 14, comma 5 bis, del D.L.vo 25 luglio 1998 n. 286, pur dovendosi escludere che il precedente ingresso clandestino da parte del medesimo straniero, nella consapevolezza di non disporre di adeguati mezzi di sostentamento, sia di per sè ostativo alla configurabilità di uno stato di necessità che possa valere a scriminare il rilievo penale di detta inottemperanza, deve parimenti escludersi che questa possa ritenersi giustificata sulla sola base della generica allegazione dell'interessato circa l'impossibilità di trovare lavoro nel suo Paese d'origine. (Mass. Redaz.). (D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14) (2).

    (1, 2) In precedenza si veda Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2006, Calderon Da Silva, pubblicata per esteso in questa Rivista 2006, 681, per la quale non può costituire giustificato motivo di inottemperanza, da parte dello straniero colpito da decreto di espulsione, all'ordine del questore di allontanamento dal territorio dello Stato, la pura e semplice allegazione della indisponibilità di mezzi economici per affrontare le spese del viaggio, neppure quando essa venga fatta derivare dalla difficoltà di reperimento di una stabile attività lavorativa, essendo questa connaturale alla condizione di clandestinità nella quale si trova lo straniero, e ben potendo, d'altra parte, una adeguata disponibilità di mezzi economici derivare anche da attività non stabili o, addirittura, illecite. In altra circostanza, con riferimento alla situazione di una extracomunitaria in condizione di estrema precarietà abitativa, la prima sezione della Cassazione penale con sentenza del 18 settembre 2006, Alexandru Nicolau, pubblicata per esteso in questa Rivista 2006, 1308, aveva affermato che, in applicazione dei principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 5/2004, l'assoluta impossidenza dello straniero costituisce giustificato motivo della mancata ottemperanza all'ordine del questore di lasciare l'Italia entro cinque giorni. La citata sentenza della Corte costituzionale del 13 gennaio 2004, n. 5, è pubblicata per esteso in Giur. cost. 2004, f. 1 ed in Cass. pen. 2004, 1541 con nota di CERASE.

I.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza in data 5 aprile 2006 il giudice monocratico del Tribunale di Velletri, a seguito di rito abbreviato, ha assolto perché il fatto non costituisce reato il cittadino del Bangladesh Batir Ali dal reato di cui all'art. 14, comma 5 ter, del D.L.vo n. 286 del 1998 per essersi trattenuto nel territorio italiano in violazione dell'ordine di lasciarlo entro cinque giorni impartitogli dal Questore di Roma.

L'imputato era stato tratto in arresto in Marino in data 24 febbraio 2006 in quanto trovato in territorio nazionale nonostante il provvedimento di espulsione del Prefetto ed il sucessivo ordine scritto impartitogli dal Questore di Roma in data 18 novembre 2005. Il tri- Page 260 bunale ha ritenuto che sussistessero motivi idonei a giustificare la mancata ottemperanza dell'imputato al provvedimento dell'autorità di pubblica sicurezza poiché versava in condizioni tali da non potere acquistare il biglietto aereo per il viaggio di ritorno al proprio Paese, come dallo stesso dichiarato, considerato che dal verbale di arresto non risultava che avesse un lavoro.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, lamentando con unico motivo la erronea applicazione dell'art. 14, comma 5 ter, del D.L.vo n. 286 del 1998, poiché il riconoscimento di un giustificato motivo di inottemperanza, in ipotesi di mancanza di mezzi economici o di documenti per l'espatrio, richiedeva non soltanto la effettiva ricorrenza di tali circostanze, ma anche l'ulteriore condizione che detta situazione di fatto non fosse frutto di volontaria condotta dell'agente, il che doveva essere accertato dal giudice facendo ricorso ai propri poteri ufficiosi, non essendo all'uopo sufficiente la mera affermazione dell'imputato, anche alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 5/2004.

Il procuratore generale presso questa Corte ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorso è fondato. Il ricorrente si duole che il giudice di merito abbia ritenuto che la difficoltà per l'imputato di reperire i mezzi sufficienti per il rientro nel Paese di origine, alla sola stregua delle dichiarazioni rese dallo stesso in sede di convalida dell'arresto, potesse costituire giustificato motivo di inadempimento dell'obbligo scaturente dal provvedimento del questore, tale da scriminare la inosservanza del precetto contenuto nella norma di cui all'art. 14, comma 5 ter , del D.L.vo n. 286 del 1998, più volte citata.

La Corte costituzionale, davanti alla quale è stata censurata la norma suddetta in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 97 della Costituzione sotto il profilo della indeterminatezza della clausola «senza giustificato motivo», ha dichiarato infondata la questione, rilevando che la clausola in questione, se pure non può, senza risultare pleonastica, essere ritenuta evocativa delle sole cause di giustificazione in senso tecnico, ha tuttavia riguardo a situazioni ostative di particolare pregnanza, che incidono sulla stessa possibilità soggettiva od oggettiva di adempiere all'intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa, ma non anche ad esigenze che riflettano la condizione tipica del «migrante economico», sebbene espressivo di istanze in sé e per sé pienamente legittime (v. Corte cost. n. 5/2004). Spetta quindi al giudice stabilire in concreto il significato da attribuire alla clausola «senza giustificato motivo» mediante una operazione interpretativa non esorbitante dai suoi compiti ordinari, attraverso la individuazione della esistenza delle ragioni legittimanti la inosservanza del precetto, alla stregua del potere-dovere di rilevare direttamente, quando possibile, l'esistenza di tali ragioni ovvero attraverso la verifica dei motivi non conosciuti o non conoscibili da parte del giudicante, che il destinatario del precetto avrà l'onere di allegare.

Nella individuazione di tali ragioni il giudicante deve comunque attenersi ai canoni interpretativi collegati alla finalità della incriminazione ed al quadro normativo in cui essa si innesta, non potendo invece arbitrariamente apprezzare quale «giustificato motivo» un elemento di per sé privo di spessore ed oltretutto neppure verificato da parte del giudice quale, in ipotesi, la difficoltà per il migrante clandestino di reperire una occupazione stabile ovvero di reperire altrimenti i mezzi per sopravvivere. La disponibilità dei mezzi economici occorrenti per l'adempimento dell'obbligo del questore di lasciare il territorio dello Stato italiano non è infatti logicamente collegata al reperimento di un lavoro stabile o non stabile, potendo derivare da qualsiasi attività e per converso la difficoltà per il clandestino di reperire un lavoro stabile regolare, costituendo una condizione tipica della sua posizione, non è idonea ad integrare un «giustificato motivo» dell'inadempimento dell'obbligo di lasciare il territorio dello Stato, apparendo tale obbligo privo di significato giuridico qualora fosse sufficiente allegare la mancanza di un lavoro stabile ovvero di mezzi economici - che è propria di tutti i clandestini - per disattenderlo.

Come rilevato dal ricorrente, il giudice di merito ha quindi erroneamente applicato la legge penale avendo individuato come motivo idoneo a giustificare la inosservanza del precetto penale di cui si tratta una situazione di per sé indifferente in relazione alle finalità della incriminazione ed al quadro normativo in cui si inserisce che è diretto a provocare l'allontanamento degli stranieri clandestini dal territorio nazionale tutte le volte che ciò non sia impossibile o pericoloso per il migrante.

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio, ai sensi dell'art. 623, lett. d), c.p.p., per erronea applicazione della legge penale con riguardo alla...

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