Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 26 febbraio 2007, n. 8015 (c.c. 6 febbraio 2006). Pres. Bardovagni - Est. Culot - P.G. Galati (conf.)Ric. Servizi immobiliari banche S.I.B. Spa.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafiose - Sequestro e confisca dei beni - Esistenza di diritti reali di garanzia in favore di terzi - Creditore ipotecario - Trascrizione del titolo anteriormente all'adozione del provvedimento di sequestro - Mancata la dimostrazione della buona fede - Conseguenze.

Ove sia mancata la dimostrazione della buona fede del creditore ipotecario il quale abbia trascritto il suo titolo anteriormente all'adozione del provvedimento di sequestro cui abbia poi fatto seguito la confisca prevista dall'art. 2 ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, la eventuale cessione ad un terzo, pro soluto, del credito originariamente garantito dall'ipoteca non può più dirsi comprensiva anche di tale garanzia reale, dovendosi questa ritenere travolta dalla intervenuta confisca. (Mass. Redaz.). (L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter; c.p., art. 240; c.c., art. 1147) (1).

    (1) Per la citata pronuncia Cass. pen., sez. I, 31 marzo 2005, Fuoco, in questa Rivista 2206, 991, i terzi titolari di diritti reali di garanzia su beni immobili sottoposti a confisca ex art. 2 ter della legge antimafia n. 575/65, ove non siano potuti intervenire nel procedimento di prevenzione, possono far accertare, in sede di esecuzione, l'esistenza delle condizioni di permanente validità di detti diritti, costituite essenzialmente dall'anteriorità della trascrizione dei relativi titoli rispetto al provvedimento di sequestro cui ha fatto seguito la confisca e da una situazione soggettiva di buona fede; tale situazione va intesa come affidamento incolpevole, da desumersi sulla base di elementi di cui spetta agli interessati fornire la dimostrazione, fermo restando che, una volta effettuato il suddetto accertamento, rimane comunque esclusa la possibilità che i beni confiscati possano essere oggetto di espropriazione forzata immobiliare, atteso il loro avvenuto assoggettamento, in conseguenza della confisca ad un regime assimilabile a quello dei beni facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, per cui il credito garantito di cui i terzi di buona fede sono portatori potrà essere fatto valere soltanto dinanzi al giudice civile con i residui mezzi di tutela offerti dalla legge. Cfr., inoltre, Cass. pen., sez. un., 8 giugno 1999, Bacherotti, pubblicata per esteso ivi 1999, 633, per la quale l'applicazione della confisca non determina l'estinzione del preesistente diritto di pegno costituito a favore di terzi sulle cose che ne sono oggetto quando costoro, avendo tratto oggettivamente vantaggio dall'altrui attività criminosa, riescano a provare di trovarsi in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con contratti 5 maggio 1981, 21 luglio 1981, 23 luglio 1983 l'istituto bancario S. Paolo concedeva alla Srl Sisat mutui fondiari ipotecari sul complesso immobiliare denominato I Ginepri sito in loc. Marinella di Lamezia Terme; in data 18 febbraio 1988 la Sisat vendeva detto complesso alla Srl C.E.D.A.C., con amministratore Cardano Luigi, il quale si accollava le quote dei mutui; in data 27 luglio 1990 l'istituto bancario pignorava i beni ipotecati nell'ambito di un'esecuzione immobiliare instaurata presso il tribunale di Lamezia Terme; in data 12 febbraio 1992 la C.E.D.A.C. veniva dichiarata fallita; in data 15 febbraio 1993, nell'ambito della procedura per l'applicazione della misura di prevenzione personale a carico di Cardano Luigi, il tribunale di Salerno, ai sensi dell'art. 2 ter della L. 31 maggio 1965, n. 575 disponeva la confisca del citato complesso immobiliare, avendolo già sottoposto a sequestro in data 24 febbraio 1992, e quindi dopo il pignoramento; in data 4 agosto 2000 la International Recovery Srl acquistava pro soluto i crediti in sofferenza dell'istituto bancario; con ordinanza 16 aprile 2004 il tribunale di Salerno, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta presentata dalla Spa Servizi Immobiliari Banche - S.I.B. - procuratrice speciale della cessionaria del credito - volta a far accertare, a norma degli artt. 665-666 c.p.p. che nulla osta a che lo Stato, e per esso l'Amministrazione cui i beni sono stati devoluti, liberi i beni dalle ipoteche corrispondendo a favore della Inernational Credit Srl, terzo in buona fede, il credito vantato in conformità a quanto previsto dagli artt. 2889 c.c., nonché il diritto di International Credit Recovery Srl a proseguire l'instauranda espropriazione forzata immobiliare al fine di soddisfare il proprio credito sugli immobili ipotecati. Il tribunale motivava il suo rigetto sul fatto che non veniva chiesta una revoca della confisca, ma l'adozione di una pronuncia meramente dichiarativa che non costituiva materia di incidente di esecuzione; la creditrice ipotecaria proponeva ricorso per cassazione, la quale (con sentenza della sez. I, 9 marzo- 12 aprile 2005, n. l3413 - ric. S.I.B.) dichiarava che, in tema di misure di prevenzione e disposizioni contro la mafia, l'applicazione della confisca che determina la successione dello Stato a titolo particolare nella titolarità del bene, non comporta l'estinzione dei diritti reali di garanzia costituiti sul bene confiscato a favore dei terzi, i quali possono far valere in sede esecutiva i propri diritti, a condizione che si tratti di terzi in buona fede, che abbiano trascritto il proprio titolo anteriormente al sequestro ai fini di prevenzione, con Page 502 l'onere per i terzi di provare i fatti costitutivi della pretesa che intendono far valere; con ordinanza 30 marzo 2006 il tribunale di Salerno rigettava, in sede di rinvio, l'istanza riproposta dalla Credit Serving Spa (già S.I.B. Spa) per conto dell'International Credit Recovery Srl, sostenendo che non era stata data prova della buona fede in capo all'originario titolare del credito, cioè la banca erogatrice del mutuo ipotecario.

Proponeva ricorso per cassazione la Credit Serving, sempre in rappresentanza dell'International Credit Recovery, deducendo:

1) e 2) Manifesta contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento stesso [art. 606 lett. e) c.p.p.] e violazione di legge in riferimento all'art. 2 ter n. 3 L. 575/65 [art. 606 lett. b) c.p.p.]. Con tali motivi la ricorrente Spa lamenta essenzialmente che il tribunale avrebbe enunciato l'assunto in ragione del quale, ´... per deliberare sulla buona fede di chi, come l'attuale ricorrente, sia divenuto titolare del credito e del diritto reale di garanzia attraverso una serie di trasferimenti di tali diritti, occorra fare riferimento al momento in cui fu costituita l'ipoteca; sicché la prova da offrire non concernerebbe semplicemente la buona fede della ricorrente, ma necessariamente anche l'altrui buona fedeª, cioè dell'istituto che concesse l'ipoteca e acconsenti all'accollo. Ciò contrasterebbe, secondo la ricorrente, col principio civilistico di cui all'art. 1147 c.c., secondo il quale la buona fede si presume, e l'eventuale collegamento del dante causa col Cardano non può riverberarsi su chi diventa successivamente titolare in buona fede del diritto acquisito.

3) Manifesta illogicità della motivazione risultante da un atto del processo e, in ogni caso, mancanza della stessa [art. 606 lett. e) c.p.p.]. Con tale motivo la ricorrente lamenta essenzialmente che non è vero che la stessa non avrebbe fornito precisi e puntuali elementi di valutazione circa l'assenza di ogni collegamento col Cardano, nonché circa il suo totale incolpevole affidamento ed incolpevole ignoranza circa gli ipotetici collegamenti tra il Cardano e la banca mutuante.

4) Manifesta illogicità della motivazione risultante dal provvedimento impugnato [art. 606 lett. e) c.p.p.]. Con l'ultimo motivo la ricorrente si duole essenzialmente il giudice di merito abbia ravvisato un'inescusabile negligenza dell'aver acconsentito all'accollo del mutuo da parte di C.E.D.A.C.-Cardano.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorso è infondato e va respinto.

Occorre prendere le mosse dalla sentenza dei giudici delle leggi (Corte Cost. 20 novembre 1995, n. 487) e della Suprema Corte (Cass. I, 11 febbraio 2005, ric. Fuoco e al.), i quali hanno affermato che dal coordinamento delle norme del codice civile che regolano l'ipoteca e il diritto potestativo ad essa inerente, comunemente qualificato come ius distrahendi, con la disciplina della misura di prevenzione patrimoniale, prevista quale mezzo di repressione dell'illecita accumulazione di capitali da parte di indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose, può trarsi un primo preciso dato normativo: quello secondo cui, ai fini dell'opponibilità del diritto di garanzia reale, non basta che l'ipoteca sia stata costituita mediante iscrizione nei registri immobiliari prima della trascrizione del sequestro ex art. 2 ter della L. n. 575/65, ma è altresì richiesta l'inderogabile condizione che il creditore ipotecario sisia trovato in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole, dovendo individuarsi in quest'ultimo requisito la base giustificativa della tutela del terzo di fronte al provvedimento autoritativo di confisca adottato dal giudice della prevenzione a norma della legislazione antimafia.

Questo, dunque, è quello che ha fatto il tribunale, con motivazione coerente od adeguata (che come tale non è suscettibile di rivisitazione in questa sede di legittimità). Nessun dubbio, dunque, che se del credito fosse rimasto titolare l'istituto bancario che aveva erogato il mutuo, la questione sarebbe già chiusa, perché nessuna confutazione è stata mai fatta rispetto alle argomentazioni del tribunale circa la mancanza di buona fede in capo all'originario creditore ipotecario.

Sostiene, però, la ricorrente che il terzo di cui parla la Suprema Corte nella sentenza di rinvio n. 13413/05 è lei soltanto, e non l'istituto...

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