Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 6 marzo 2007, n. 5130. Pres. Vella - Est. Trombetta - P.M. Golia (conf.) - Gargione c. Condominio Piazzetta Tafuri in Salerno.

Assemblea dei condomini - Deliberazioni - Nomina di commissione di condomini incaricata di esaminare i preventivi di spesa - Legittimità - Vincolatività delle scelte e dei riparti operati dalla commissione - Approvazione da parte dell'assemblea - Necessità.

L'assemblea condominiale può legittimamente deliberare di nominare una commissione di condo- mini con l'incarico di esaminare i preventivi e le relative spese, al fine di valutare quali di essi sia meglio rispondente alle esigenze del condominio. Ciononostante, la scelta e il riparto operati dalla commissione diventano vincolanti per tutti i condomini (dissenzienti inclusi), solo se riportati in assemblea e approvati con le maggioranze prescritte, non essendo delegabili ai singoli condomini (anche riuniti in un gruppo) le funzioni dell'assemblea. (C.c., art. 1135) (1).

    (1) Nel senso che l'assemblea condominiale può deliberare qualunque provvedimento purché non estraneo ai fini del condominio, si veda la citata Cass. 13 agosto 1985, n. 4437, in questa Rivista 1985, 674.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Su ricorso del Condominio Piazzetta Tafuri 12 in Salerno, il Conciliatore della stessa città ingiungeva all'avv. Giancarlo Gargione il pagamento della somma di lire 898.650 dovuti per lavori condominiali e relative spese deliberati nell'assemblea condominiale del 31 marzo 1993.

Avverso il decreto ingiuntivo emesso il 10 aprile 1995 l'avv. Gargione proponeva opposizione deducendo la nullità della delibera condominiale per non contenere né l'indicazione dei lavori effettuati, né i criteri di ripartizione delle relative spese; deduceva, inoltre, che la somma richiestagli era illegittima e sproporzionata in quanto non teneva conto di lavori eseguiti per adeguare gli scarichi nella rete fognaria, ad uso esclusivo di alcuni condomini e la cui spesa doveva essere posta totalmente a loro carico; precisava infine, che il riparto della somma complessiva per la spesa deliberata, era stato unilateralmente predisposto dall'amministratore del Condominio e mai approvato né come preventivo, né come consuntivo; e che l'ammontare del credito a favore del Condominio ammontava a lire 464.682.

Chiedeva, pertanto, dichiararsi l'inesistenza del credito e revocare il decreto ingiuntivo.

Costituitosi, il Condominio deduceva l'inammissibilità dell'opposizione in quanto la delibera condominiale, non più impugnabile, era divenuta esecutiva.

Assegnata, in seguito all'intervenuta riforma, la causa al giudice di pace, questi, con sentenza 4 luglio 2002, dichiarava improcedibile la domanda, per la mancata impugnazione della delibera entro il termine di gg. 30.

Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione l'avv. Giancarlo Gargione.

Resiste con controricorso il Condominio.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Deduce il ricorrente a motivi di impugnazione:

1) la violazione o falsa applicazione degli articoli 112, 132 n. 4, 161 c.p.c. in relazione all'articolo 360 n. 4 c.p.c.; la mancanza di motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 n. 5 c.p.c.;

- per avere il giudice di pace erroneamente dichiarato inammissibile la domanda di opposizione a D.I. ex articolo 1137 c.c., per non essere stata impugnata nel termine di gg. 30 la delibera assembleare 31 marzo 1993, omettendo ogni motivazione sull'iter logico seguito nel pervenire a tale decisione a fronte dell'eccezione sollevata dal ricorrente relativa alla nullità o inesistenza della suddetta delibera per non contenere né l'indicazione dei lavori da effettuare né i criteri sulla base dei quali ripartire le spese; eccezione non esaminata dal giudice di pace;

2) la violazione o falsa applicazione degli articoli 1137 e 1421 c.c., 112, 113 e 311 c.p.c. in relazione all'articolo 360 n. 3 c.p.c.;

- la mancanza di motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 n. 5 c.p.c.;

- per avere il giudice di pace, nel ritenere inammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo, per non avere il ricorrente impugnato nel termine di gg. 30 la delibera 31 marzo 1993, violato l'articolo 1137 c.c. utilizzata come norma processuale dal giudice di pace che, non entrando nel merito della controversia, si è limitato ad emettere una pronuncia di rito, senza tener conto della dedotta inesistenza di ogni e qualsiasi delibera di approvazione del riparto delle spese, circostanza che rendeva ultroneo ogni riferimento all'articolo 1137 c.c. riferentesi all'impugnazione di delibere annullabili e non nulle, come quella oggetto di causa, che incide sui diritti soggettivi dei condomini in quanto pone a loro carico spese, indicate come sostenute dal Condominio, arbitrariamente ripartite dall'amministratore senza previamente decurtare quelle relative a lavori di esclusiva pertinenza di al- Page 274 cuni condomini, in assenza perciò di un piano di riparto approvato;

3) la violazione o falsa applicazione degli articoli 91 e 113 c.p.c. e del D.M. 585/94 in relazione all'articolo 360 n. 3 c.p.c.; la mancanza di motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 n. 5 c.p.c.;

- per avere il giudice di pace erroneamente violato un principio generale dell'ordinamento liquidando a favore della controparte per spese legali, per solo onorario una somma tre volte superiore a quella spettante secondo la tariffa professionale che per una causa del valore di euro 464,11, qual è la presente, ha liquidato per onorario euro 500,00, quando la tariffa stabilisce una somma compresa fra un minimo di euro 77,47 ad un massimo di euro 154,94.

I primi due motivi di ricorso, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente.

Essi sono fondati nei limiti che vengono ad esporsi. Infatti, l'assunto del ricorrente, secondo il quale il decreto ingiuntivo era stato emesso in assenza di una delibera assembleare di approvazione delle spese e del loro riparto è stato confermato, in questa sde, dallo stesso Condominio resistente che, nel controricorso, ha affermato che, con la delibera 31 marzo 1993 l'assemblea nominò una commissione di condomini che aveva il compito di scegliere i preventivi per l'esecuzione di lavori; scelta da tale commissione effettuata seguendo i criteri dettati dall'assemblea, sostituendosi così la decisione della commissione a quella dell'assemblea.

Prosegue il Condominio affermando che il verbale di riunione della commissione fu notificato al ricorrente, unitamente al riparto delle spese fatto dalla stessa commissione, riparto contestato dal ricorrente.

In tale situazione, se è ben vero che l'assemblea condominiale può deliberare qualunque provvedimento purché non estraneo ai fini del Condominio (v. sentenza 4437/85), e perciò può deliberare di nominare una commissione di condomini con l'incarico di esaminare i preventivi e le relative spese per valutare quali di essi sia meglio rispondere alle esigenze del Condominio, con la conseguenza che una tal delibera, in sè, è del tutto legittima; è altresì vero, però, che la scelta ed il riparto effettuati dalla commissione perché siano vincolanti per tutti i condomini, (anche cioè per i dissenzienti) andavano riportati in assemblea per l'approvazione con le maggioranze prescritte non essendo delegabili ai singoli condomini, anche riuniti in un gruppo, le funzioni dell'assemblea.

Ne consegue che la decisione del giudice di pace è del tutto errata perché la delibera 31 marzo 1993 è legittima e non andava impugnata; mentre non essendo intervenuta alcuna delibera di approvazione delle spese e del relativo riparto, il giudice di pace avrebbe dovuto esaminare, sotto tale profilo, l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dall'avv. Gargione, dal momento che questi non si era limitato a ritenere nulla la delibera 31 marzo 1994; ma aveva, con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, eccepito che non vi era mai stata una delibera di approvazione delle spese e del relativo riparto; per cui il decreto ingiuntivo era stato emesso illegittimamente.

In accoglimento per quanto di ragione dei primi due motivi di ricorso e con assorbimento del terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, ad altro Giudice di pace di Salerno, che provvederà ad un nuovo esame della controversia in applicazione dei principi esposti. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 27 febbraio 2007, n. 4617. Pres. Calfapietra - Est. Atripaldi - P.M. Golia (conf.) - Condominio California c. Tannini.

Parti comuni dell'edificio condominiale - Uso paritetico - Art. 1102 c.c. - Estensione della relativa tutela - Fattispecie relativa all'utilizzazione, mediante installazione di un'antenna, di oltre il 50% della superficie di un tetto.

L'uso paritetico della cosa comune va tutelato, in funzione della ragionevole previsione dell'utilizzazione che in concreto ne faranno gli altri condomini e non di quella identica e contemporanea che, in via meramente ipotetica ed astratta, ne potrebbero fare, dovendosi anche i rapporti tra condomini informare al generale principio di solidarietà. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto non integrare violazione del principio dell'uso paritetico sancito dall'art. 1102 c.c. l'utilizzazione da parte di un condomino di una superficie pari ad oltre il 50% del tetto spiovente, occupata da un'antenna). (C.c., art. 1102) (1).

    (1) Sul concetto di uso paritetico del bene comune la giurisprudenza è consolidata. Ex plurimis, cfr. Cass. 30 maggio 2003, n. 8808, in questa Rivista 2003, 848; Cass. 12 febbraio 1998, n. 1499, in Foro it. 1998, I, 1897

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il Condominio California ha impugnato, nei confronti del Zannini Mario, con ricorso notificato il 28 novembre 2002, la sentenza della Corte di appello di Bologna, notificata il 2 ottobre 2002, che, in riforma di quella di primo grado...

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