Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine581-628

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 12 luglio 2007, n. 27614 (ud. 29 marzo 2007). Pres. Foscarini - Est. Milo - P.G. Rosin (conf.) - Ric. Poggiali ed altro.

Cassazione penale - Ricorso - Ammissibilità e inammissibilità - Sentenza assolutoria di primo grado - Declaratoria d'inammissibilità dell'appello proposto dal P.M. - Effetti. Impugnazioni penali in genere - Impugnazione della parte civile - Persona offesa nei reati di ingiuria e diffamazione - Sopravvenuta abrogazione della norma - Appello proposto dalla parte civile contro la sentenza di assoluzione dal reato di diffamazione - Effetti. Impugnazioni penali in genere - Impugnazione della parte civile - Sentenza di proscioglimentoPotere di appello, ai soli effetti civili, della parte civile - Sopravvivenza.

In tema di impugnazioni, la declaratoria d'inammissibilità, ai sensi dell'art. 10, secondo comma, della legge n. 46 del 2006, dell'appello proposto dal P.M. avverso la sentenza assolutoria di primo grado e il mancato esercizio da parte del medesimo della facoltà di proporre ricorso per cassazione (art. 10, terzo comma) definiscono il rapporto d'impugnazione e determinano una preclusione alla sua riattivazione per effetto della successiva dichiarazione di parziale incostituzionalità degli artt. 1 e 10, secondo comma, della citata legge (sent. Corte cost. n. 26/2007). (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 593; L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 1; L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10) (1). L'appello proposto dalla parte civile - anche agli effetti penali - contro la sentenza di assoluzione dal reato di ingiuria e diffamazione, emessa prima dell'entrata in vigore della legge n. 46 del 2006, conserva la sua validità ed efficacia, nonostante l'abrogazione dell'art. 577 c.p.p. per opera dell'art. 9 della predetta legge. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 577; L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 9) (2).

La parte civile, anche dopo l'intervento sull'art. 576 c.p.p. ad opera dell'art. 6 della legge n. 46 del 2006, può proporre appello, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 576; L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 6) (3).

    (1) La sentenza n. 26 del 2007 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 1 legge n. 46 del 2006, di novella dell'art. 593 c.p.p. in punto di inappellabilità per il pubblico ministero delle sentenze di proscioglimento, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2007, 305, con nota di LORENZO PULITO, Incostituzionale l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del P.M.: una decisione che non va oltre ogni ragionevole dubbio.


    (2) La Corte ha inoltre precisato che, per la corretta delimitazione dell'ambito operativo del principio intertemporale, occorre aver riguardo al tipo di atto processuale che viene in rilievo e che, nella specie, il momento rilevante è quello della pronuncia della sentenza. Si veda la citata Cass. pen., sez. V, 30 marzo 2006, Napoli, in questa Rivista 2007, 244, per la quale la sopravvenuta abrogazione, ad opera dell'art. 9 della legge n. 46 del 2006, dell'art. 577 c.p.p., relativo al potere della persona offesa costituita parte civile di impugnare, anche agli effetti penali, le sentenze per i reati di ingiuria e diffamazione, non determina l'inammissibilità delle impugnazioni proposte prima dell'entrata in vigore della norma abrogatrice, in assenza di una disciplina transitoria che ne preveda la retroattività in deroga al generale principio tempus regit actum, secondo cui il giudizio di validità degli atti deve riferirsi alla legge vigente al momento della loro emanazione e non a quello, successivo, di produzione degli effetti. Così anche Cass. pen., sez. V, 14 luglio 2006, Venturini, ivi 2007, 392. Differentemente Cass. pen., sez. V, 12 settembre 2006, Pizzi, ivi 2007, 526, secondo cui la norma dell'art. 9 L. n. 46 del 2006 che dispone l'abrogazione dell'art. 577 c.p.p., è accompagnata dalla disciplina transitoria (art. 10 comma primo) che ne prevede l'applicabilità ai procedimenti in corso, con la conseguente sopravvenuta inammissibilità delle impugnazioni proposte prima dell'entrata in vigore della norma abrogatrice, in deroga al generale principio tempus regit actum. Si veda, infine, Cass. pen., sez. V, 4 ottobre 2006, Fiacconi, ibidem.


    (3) Conforme Cass. pen., sez. III, 4 luglio 2006, Scialpi, in questa Rivista 2007, 393.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Il Tribunale Militare di Roma, con sentenza 26 settembre 2005, assolveva Salvatore Lista, ufficiale superiore dell'A.M., dal delitto di diffamazione aggravata (artt. 47 n. 2 e 227 primo e secondo comma c.p.m.p.) in danno del capitano A.M. Maurizio Poggiali, perché il fatto non costituisce reato, ritenendo operativa la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., per essere stata la condotta incriminata imposta da «necessità difensiva».

L'addebito mosso all'imputato è di avere, in data prossima al 21 settembre 1999, quale consulente dell'Avvocatura Generale dello Stato, che patrocinava gli interessi dell'Amministrazione militare, intervenuta, quale responsabile civile, nel procedimento penale per disastro aereo e omicidio colposo pendente dinanzi all'A.G.O. di Latina a carico del capitano A.M. Matteo Pozzoli, pilota del velivolo coinvoltoPage 582 nell'incidente dell'8 agosto 1997 in cui aveva perso la vita il Poggiali, offeso la memoria di quest'ultimo, insinuando a carico del medesimo, nella «scheda riservata» trasmessa all'Avvocatura erariale e ad altri quattro Enti militari, dubbi circa la sua professionalità e attribuendogli la corresponsabilità dell'evento, per non avere adeguatamente svolto il suo ruolo di navigatore.

  1. - Avverso la citata sentenza, proponevano appello il P.M. presso il Tribunale Militare e le parti civili Giuliano e Fabio Poggiali, queste ultime sia agli effetti penali, ex art. 577 c.p.p., che a quelli civili.

    Negli atti di gravame, si censurava il merito della vicenda, così come ricostruita dal giudice di primo grado, si deduceva - inoltre - l'erronea applicazione della legge penale e di quella processuale, con particolare riferimento all'operatività dell'esimente di cui all'art. 598 c.p. o di quella di cui all'art. 51 c.p., alla utilizzabilià del materiale probatorio acquisito e alla mancata integrazione istruttoria pur sollecitata.

  2. - In pendenza di tali impugnazioni, entrava in vigore la legge n. 46 del 20 febbraio 2006, contenente modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.

  3. - La Corte Militare d'Appello di Roma, con ordinanza 16 giugno 2006, preso atto del mutato quadro normativo e in applicazione delle disposizioni transitorie di cui all'art. 10 primo e secondo comma della richiamata legge, dichiarava inammissibile l'appello proposto dal P.M. e disponeva la trasmissione degli atti, per competenza, a questa Suprema Corte per la decisione in ordine all'impugnazione - qualificata come ricorso - proposta dalle parti civili. Rilevava, a quest'ultimo riguardo, che la parte civile, per effetto della nuova formulazione dell'art. 576 c.p.p. e dell'abrogazione del successivo art. 577, era legittimata a impugnare, ai soli effetti della responsabilità civile, sia le sentenze di condanna che quelle di proscioglimento esclusivamente con il ricorso per cassazione, in assenza di una specifica indicazione del diritto di proporre appello e stante il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e l'eliminazione del richiamo, contenuto nel precedente testo dell'art. 576, all'utilizzabilità del «mezzo previsto per il pubblico ministero».

    Il P.M., di fronte alla declaratoria d'inammissibilità del suo appello, non si avvaleva della facoltà, consentitagli dalla disposizione transitoria di cui al terzo comma dell'art. 10 della legge n. 46/06, di proporre ricorso per cassazione.

  4. - Pervenuti gli atti a questa Corte, venivano depositati in data 31 luglio e 16 ottobre 2006, nell'interesse rispettivamente delle parti civili Giuliano e Fabio Poggiali, motivi nuovi, sottoscritti da difensore abilitato, ad integrazione di quelli principali già articolati nell'originario atto di gravame.

    La prima sezione penale, assegnataria ratione materiae del ricorso, ne ha deliberato, con ordinanza 16 novembre 2006, la rimessione alle Sezioni unite, rilevando l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla sorte dell'appello proposto dalla parte civile, sia agli effetti penali (reato di diffamazione) che a quelli civili, prima dell'entrata in vigore della legge n. 46/06 e sottolineando specificamente i delicati profili interpretativi della nuova normativa.

    Il Primo Presidente, con decreto 16 gennaio 2007, ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza pubblica.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Le questioni che vengono in rilievo e che, per i riflessi che producono sul piano processuale, rivestono, allo stato, carattere pregiudiziale ed assorbente rispetto alle plurime censure mosse alla sentenza assolutoria pronunciata dal Tribunale Militare possono essere così sintetizzate: a) se l'appello proposto dal P.M. prima dell'entrata in vigore della legge n. 46/06 e dichiarato inammissibile dalla corte di merito ai sensi del secondo comma dell'art. 10 della medesima legge, dichiarata sul punto incostituzionale (sentenza n. 26/07 Corte cost.), attribuisca persistente attualità al relativo rapporto d'impugnazione; b) se l'appello proposto dalla parte civile, anche agli effetti penali, prima dell'abrogazione dell'art. 577 c.p.p. ad opera dell'art. 9 della legge n. 46/ 06 conservi la sua validità ed efficacia; c) se, anche dopo le modificazioni dell'art. 576 c.p.p. ad opera dell'art. 6 della legge n. 46/06, la parte civile possa proporre appello, agli effetti del riconoscimento dei diritti civilistici di tipo risarcitorio o restitutorio, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel...

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