Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine459-482

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 4 giugno 2008, n. 14813. Pres. Corona - Est. Triola - P.M. Marinelli (conf.) - C.A c. Condominio (avv. Ciaffarri)

Contributi e spese condominiali - Obbligazioni assunte dal condominio verso terzi - Responsabilità dei singoli partecipanti al condominio - Natura solidale - Principio generale - Deroga - Esclusione.

La responsabilità dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi sono governate dal principio generale di cui all'art. 1292 c.c., secondo il quale la solidarietà si presume nel caso di pluralità di debitori. (C.c., art. 1292; c.c., art. 1123) (1).

    (1) «Non sussiste alcun contrasto di giurisprudenza tra le sentenze della Corte di Cassazione - Sezione Seconda civile n. 14813/08 e Sezioni unite n. 9148/08, contrariamente a quanto evidenziato da alcuni organi di stampa».

Lo ha precisato in una nota l'ufficio stampa della Corte di Cassazione con riferimento ad uno specifico articolo, comparso su un accreditato quotidiano economico nazionale.

Le fattispecie esaminate dalle due sentenze sono diverse. La prima - spiega la Cassazione - riguarda la solidarietà passiva tra comproprietari di un appartamento sito in un condominio, solidarietà che sussiste; la seconda riguarda la supposta solidarietà passiva tra condominio e condomini per spese condominiali, solidarietà che non sussiste, in quanto i condomini rispondono sempre pro quota

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In questo caso - continua la nota - le Sezioni unite hanno affermato che venendo spesso la solidarietà ad essere la configurazione ex lege, nei rapporti esterni, di una obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa dell'obbligazione come solidale (e nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarietà si applichi alle obbligazioni dei condomini) e, contemporaneamente, in presenza di una obbligazione comune, ma naturalistica, divisibile (come lo è una somma di denaro) viene meno uno dei requisiti della solidarietà e la struttura parziaria dell'obbligazione prevale

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A proposito della sentenza n. 9148, pubblicata per esteso in questa Rivista 2008, n. 351, si veda il contributo riportato nella Sezione Dottrina del presente numero a firma di VIN-CENZO e PAOLO NASINI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato il 27 settembre 2002 C.A. proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Giudice di pace di Roma, relativo al pagamento in favore del Condominio (Omissis), in (Omissis), della somma di Euro 383,59 quali contributi condominiali.

Con sentenza in data 15 ottobre 2005 il Giudice di pace di Roma rigettava l'opposizione.

Il Giudice di pace, in primo luogo, riteneva che infondatamente l'opponente sosteneva l'inesistenza del condominio, perché l'altro comproprietario non era stato invitato all'assemblea del 27 agosto 1995, che aveva approvato il regolamento. Il comproprietario in questione, infatti, non aveva mai fatto presente tale sua qualità e comunque l'opponente non aveva impugnato le delibere assunte dall'assemblea in considerazione di tale mancata convocazione.

In considerazione della solidarietà del debito correttamente il condominio aveva chiesto all'opponente l'intero pagamento dello stesso.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, illustrati da memoria, C.A.

Resiste con controricorso il condominio.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo il ricorrente eccepisce il difetto di legittimazione processuale del condominio, in quanto all'assemblea del 27 agosto 1995, nella quale era stato approvato il regolamento di condominio, non era stato invitato l'altro comproprietario dell'unità immobiliare, non risultava da chi fosse stata convocata l'assemblea e che tale convocazione provenisse da un numero di condomini che rappresentasse almeno un sesto delle quote millesimali, come prevede l'art. 66 disp. att. c.c., non risultava rispettato il termine previsto da tale disposizione.

Aggiunge il ricorrente che il regolamento approvato non conteneva le tabelle millesimali e non avrebbe potuto contenere clausole che menomassero i diritti dei condomini sulle parti comuni.

Il motivo è infondato, in base all'assorbente considerazione che un condominio esiste per la sola presenza di un edificio in cui vi sia una separazione della proprietà per piani orizzontali, a prescindere dall'approvazione di un regolamento di condominio e dalla completezza e validità dello stesso.

L'attuale ricorrente, poi, non poteva legittimamente rifiutarsi di pagare i contributi condominiali per il solo fatto dell'inesistenza delle tabelle millesimali, ma avrebbe dovuto provare che l'importo richiestogli non corrispondeva a quanto effettivamente dovuto.

Con il secondo motivo il ricorrente si duole della condanna al pagamento anche della quota di contributi che andava imputata all'altro comproprietario.

Il motivo è infondato, in quanto non viene chiarito perché nella specie dovrebbe essere derogato il principio generale di cui all'art. 1292 c.c., secondo il quale la solidarietà si presume nel caso di pluralità di debitori.

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Con il terzo motivo il ricorrente, sulla premessa che il Giudice di pace avrebbe pronunciato secondo equità, deduce che mancherebbe la possibilità di individuare la ratio decidendi.

Anche tale motivo è infondato, in quanto il Giudice di pace ha deciso secondo diritto, ritenendo evidentemente che le disposizioni applicate fossero conformi ad equità, per cui non doveva enunciare un'autonoma ratio decidendi.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 30 maggio 2008, n. 14486. Pres. Fantacchiotti - Est. Fico - P.M. Ceniccola (conf.) - Candian (avv.ti Pucci e Marianelli) c. Carpena (avv. Vadalà) ed altra

Procedimenti sommari - Convalida - Per finita locazione - Data di scadenza diversa da quella indicata - Irrilevanza - Ragioni.

La circostanza che il locatore abbia chiesto la convalida ed abbia indicato nell'intimazione di licenza per finita locazione una data di cessazione del contratto erronea, non osta né all'accoglimento della domanda di rilascio sotto il profilo della fondatezza del rinnovo, quando la convalida sia stata domandata per uno dei motivi legittimanti l'esercizio della facoltà di diniego, e questo sia stato specificamente indicato, né all'accoglimento per la scadenza effettiva, legale o convenzionale, in quanto l'indicato errore non vale ad escludere l'inequivoca volontà del locatore di riottenere la disponibilità dell'immobile. (C.p.c., art. 657; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 29) (1).

    (1) In argomento si vedano Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2004, n. 7927, in Riv. giur. edilizia 2004, 1647, con nota di DE TILLA, e Cass. civ., sez. III, 11 settembre 1996, n. 8223, in questa Rivista 1996, 981, secondo le quali il giudice non incorre nel vizio di extra o ultra petizione se, accortosi che l'effettiva data di scadenza del contratto di locazione è posteriore a quella indicata nell'atto di intimazione di licenza per finita locazione o di sfratto, dichiara la cessazione del contratto per una data successiva. Conforme, inoltre, Pret. civ. Salerno, sez. dist. Eboli, 6 aprile 1999, n. 125, ivi 2000, 295.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato nel marzo 2003 Sauro Carpena e Franca Pellegrotti hanno intimato a Mario Candian licenza per finita locazione per la scadenza del 31 dicembre 2002, contestualmente citandolo per la convalida.

Su opposizione del Candian, il quale ha dedotto che il contratto di locazione, stipulato per uso abitativo l'1 gennaio 1988, rinnovatosi tacitamente di quattro anni in quattro anni, da ultimo dal 31 dicembre 1999 al 31 dicembre 2003 ai sensi dell'art. 2 della legge n. 431 del 1998, si era ulteriormente rinnovato al 31 dicembre 2007 in mancanza di disdetta a norma dell'art. 3, primo comma, lett. a), della medesima legge, il Tribunale di La Spezia, ritenuto che la volontà dichiarata dai locatori nella licenza di voler destinare l'immobile a propria abitazione integrasse la disdetta prevista da tale norma e che questa, come la licenza in cui sia contenuta, quando sia intimata per un termine di scadenza anteriore, vale per il termine successivo, ha condannato il Candian al rilascio dell'immobile previa declaratoria della cessazione del contratto alla data del 31 dicembre 2003.

La sentenza è stata appellata dal Candian e la Corte d'appello di Genova ha rigettato l'impugnazione.

Avverso quest'ultima decisione il Candian ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a tre motivi, illustrati da memoria.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Col primo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 3 legge 431/98) il ricorrente ha dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, l'intenzione manifestata dai locatori, di riottenere l'immobile «anche per stretta necessità abitativa», non potesse integrare la condizione prevista dalla norma per la cessazione del contratto alla prima scadenza successiva alla sua entrata in vigore, sia per la sua laconicità, sia perché non contenuta in un atto stragiudiziale, antecedente al giudizio, ma nell'atto introduttivo del giudizio stesso, peraltro formato con riferimento ad una scadenza già verificatasi.

La censura è inammissibile e infondata: inammissibile perché l'accertamento della volontà del locatore di porre fine al rapporto per una delle ipotesi a tal uopo espressamente e tassativamente previste dalla legge si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ovvero, come pure nella specie, se mancano specifiche doglianze di incongruità e illogicità della motivazione; infondata perché, come da giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, al di fuori del caso di forma scritta...

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