Giurisprudenza

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TRIBUNALE DI AREZZO
1) 22.11.2012 (dott. Simone Salcerini)
Rilevato che la difesa del ricorrente ha dedotto, in via principale, che il licenzia-
mento impugnato è nullo perché intimato per motivi discriminatori e, in via subordina-
ta, che si tratta di licenziamento illegittimo poiché privo di giusta causa o giustificato
motivo oggettivo;
rilevato che due circostanze assai significative sono pacifiche in causa, e cioè:
1) che il licenziamento de quo è stato intimato per soppressione del posto di lavoro;
2) che la … srl ha sempre avuto un numero di dipendenti inferiore a 15;
considerato che parte ricorrente non ha articolato mezzi di prova in ordine alla discri-
minatorietà del licenziamento (o alla sussistenza di un rapporto di causalità tra l’asserito
intento discriminatorio – per motivi di età – ed il licenziamento, con riferimento anche alle
circostanze addotte a sostegno del licenziamento medesimo), né è possibile dedurre argo-
menti di prova dalla documentazione prodotta e/o dai fatti allegati;
aggiungasi che gli elementi di discriminazione non sono desumibili per presunzione,
sicché la domanda principale non può in alcun modo trovare accoglimento;
rilevato che rimarrebbe da esaminare la questione della domanda subordinata, che può com-
portare solo una “tutela debole” del lavoratore, giusto il disposto dell’art. 8 legge n. 604/1966;
considerato che, al proposito, è opportuno rilevare che il ricorso proposto ai sensi
dell’art. 1 commi 46 e ss. della legge n. 92/2012 deve avere ad oggetto espressamente le
controversie inerenti l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 L.
20.5.1970 n. 300 e non le controversie relative alla tutela obbligatoria, né è previsto che le
domande aventi ad oggetto la cd. tutela debole possano rientrare “per trascinamento” (ove
proposte in via subordinata) nel rito speciale;
rilevato inoltre che la peculiarità del rito introdotto dalla legge n. 92/2012 esclude una
sua applicabilità per analogia a casi non previsti;
rilevato che, da quanto sopra argomentato, consegue che:
A) Va respinta la richiesta di tutela reale ex art. 18 L. 300/1970;
B) Va dichiarata inammissibile la domanda di tutela obbligatoria proposta in via di su-
bordine;
ritenuto infine che sussistono gravi motivi, dati dalla natura della causa e dalla assoluta
novità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese di lite;
P.Q.M.
Respinge la richiesta di tutela reale ex art. 18 L. 300/1970;
Dichiara inammissibile la domanda di tutela obbligatoria proposta in via di subordine
dal ricorrente;
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite.
TRIBUNALE DI BARI
2) 17.10.2012 (dott. Ernesta Tarantino)
Con ricorso depositato il 22.08.12 il ricorrente … ha adito il Tribunale di Bari, in fun-
zione di giudice del lavoro, per sentir accogliere la richiesta di tutela cautelare invocata ai
sensi dell’art. 700 c.p.c. nei confronti della … e, in particolare, per sentir accertare l’illegit-
timità del licenziamento disciplinare intimato con nota del 2.07.12, con conseguente ordine
di reintegrazione nel posto di lavoro; con condanna alle spese di lite.
Costituitasi in giudizio, la convenuta ha dedotto l’inammissibilità della domanda cau-
telare, nonché l’insussistenza del fumus boni iuris e periculum in mora, chiedendo pertanto
il rigetto del ricorso.
Osserva
La domanda cautelare va rigettata per difetto del periculum in mora.
In data 18.07.12, dunque in epoca antecedente rispetto alla proposizione del presente
giudizio, è invero entrata in vigore la l. n. 92 del 28.06.12, recante “Disposizioni in materia
di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
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La novella legislativa è intervenuta, fra l’altro, nella disciplina sostanziale e processua-
le concernente le impugnative di licenziamento, apportando modifiche all’art. 18 St. lav., ed
introducendo un nuovo rito per la trattazione di tali controversie.
In particolare, l’art. 1 co. 48 – 51 dispone che “(omissis)”
Circa l’ambito di applicabilità della disciplina appena richiamata, l’art. 1 co. 47 preve-
de che “Le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano alle controversie aventi ad og-
getto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 della leg ge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte que-
stioni relative alla qualificazion e del rapporto di lavoro”; quanto al discrimine temporale, il
successivo co. 67 del medesimo art. 1 precisa che “I commi da 47 a 66 si applicano alle contro-
versie instaurate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Non v’è dubbio, pertanto, che una domanda – quale quella del …, avente ad oggetto
l’impugnativa di un licenziamento rientrante nell’area della c.d. “tutela reale” (avendo la
società datrice più di quindici lavoratori alle proprie dipendenze) – ben rientri tra quelle
contemplate dall’art. 1 co. 48 L. 92/2012.
E, pur tuttavia, deve tenersi conto che la domanda proposta in data 22.08.12 dal-
l’odierno ricorrente ha natura cautelare, che, come è noto, ai fini di una delibazione positi-
va, richiede quali imprescindibili presupposti la sussistenza del c.d. fumus boni iuris e del peri-
culum in mora: l’art. 700 c.p.c., infatti, presuppone affinché possa essere emesso il provvedi-
mento cautelare, non solo che risulti la verosimiglianza o la probabilità della fondatezza del di-
ritto fatto valere ma anche che il diritto invocato sia minacciato da un pregiudizio imminente ed
irreparabile durante il tempo necessario a farlo valere in un giudizio ordinario, essendo volta la
procedura ad impedire che la futura pronuncia del giudice possa risultare pregiudicata dal
tempo necessario per ottenerla; occorre, cioè, la coesistenza dei citati presupposti, di talché
la carenza di uno dei due osta al rilascio del provvedimento invocato.
Tanto premesso, ritiene il Tribunale doveroso rimarcare che la legge n. 92 non si pro-
nuncia espressamente sulla possibilità o impossibilità che la tutela apprestata dal nuovo
modello processuale, comunque somministrata in via sommaria, sia preceduta da una fase
puramente cautelare introdotta ex art. 700 c.p.c.; sul piano strutturale non vi è una vera e
propria incompatibilità tra il procedimento specifico dettato per i licenziamenti dalla legge
c.d. Fornero e i procedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c., e che quindi gli stessi non si e-
scludono a vicenda, in modo da far ritenere addirittura inammissibile la procedura
d’urgenza. La legge n. 92 del 2012 non prevede espressamente nulla in tal senso, sicché, in
astratto, ben possono ipotizzarsi situazioni in cui nel tempo necessario per far valere un di-
ritto in giudizio questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile.
Vero è però che, su un piano concreto, non va ignorata la ratio della nuova normativa, non
va sottaciuto affatto che alla materia dei licenziamenti il legislatore ha inteso dare una evidente
corsia preferenziale, allo scopo espressamente enunciato all’art. 1 della legge 92 del 2012, di
“accelerare la definizione delle relative controversie”. Tanto comporta sicuramente che i tratti
che caratterizzano la fase sommaria del procedimento specifico di cui alla legge 92 del 2012 do-
vranno necessariamente comportare un’accelerazione dei tempi processuali tale da rendere sicu-
ramente ben più ristretto “il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria”.
Il legislatore, nel tentativo di dare certezza alle situazioni giuridiche successive al li-
cenziamento in tempi molto celeri, ha sottoposto ad un procedimento sommario tutti i li-
cenziamenti nei quali si faccia applicazione dell’art. 18, perseguendo l’obiettivo (in con-
formità alla relazione illustrativa) di tutelare non solo l’interesse del lavoratore ad ottenere
rapida tutela dal licenziamento illegittimo, quanto anche quello datoriale a non subire le o-
nerose conseguenze di una declaratoria di illegittimità a distanza di un rilevante lasso di
tempo della declaratoria stessa.
La scelta legislativa per raggiungere tale obiettivo è stata quella di introdurre un pro-
cedimento sommario, necessario, di carattere non cautelare, a sottolineare che l’urgenza
della trattazione dipende dalla natura della controversia.
Ad avviso di chi scrive, la conseguenza di tanto non può che essere una più rigorosa
attenzione da parte del giudice all’interpretazione del requisito del periculum in mora, con
una naturale contrazione e restrizione delle ipotesi meritevoli di tutela cautelare.
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Essendo davvero difficile immaginare una procedura più rapida di quella delineata dalla L.
92/2012 (si ricorda che i tempi della fase sommaria sono strettissimi, essendo previsti 40 giorni
per l’udienza, oltre al tempo necessario per l’istruttoria “indispensabile”) e tenuto conto dei tem-
pi che sono propri (quantomeno nella sezione di questo Tribunale) dei giudizi cautelari, lo spa-
zio operativo di questi ultimi deve necessariamente riguardare quelle ipotesi in cui il c.d. pregiu-
dizio irreparabile sia così imminente da non poter essere evitato con un provvedimento rapido
quale emesso (in due/tre mesi) a seguito del procedimento specifico di cui alla legge Fornero.
E tale non è il caso del ricorrente.
Ed invero, le ragioni indicate in ricorso a sostegno dell’irreparabilità del pregiudizio
attengono agli effetti pregiudizievoli che il licenziamento patito e, con esso, la perdita della
retribuzione, hanno sulla sua situazione economica, atteso che egli è l’unico della famiglia,
composta dalla moglie casalinga e da due figli in età scolare, a percepire reddito, e tenuto
altresì conto degli impegni economici assunti in ragione della stipula con la … spa di un
mutuo di € 120.000,00 con scadenza al 30.4.2036 e con 360 rate da € 508,73 ciascuna, non-
ché in virtù di un prestito ottenuto dalla società finanziaria … € 30.495,36 con 84 rate da
rimborsare di € 363,04 cadauna. Inoltre, il ricorrente ha lamentato pendenze presso Equita-
lia per € 571,72 e l’imminenza delle spese scolastiche da affrontare in favore dei figli.
Orbene, ritiene il Tribunale che già allegazione attorea si profila insufficiente a confi-
gurare l’esistenza del periculum in mora.
Nel rammentare che il periculum in mora non può ritenersi sussistente in re ipsa, ma
deve fondarsi su elementi concreti che incombe al ricorrente allegare e dimostrare in virtù
del principio dell’onere della prova, di talché non è sufficiente la qualità di lavoratore o
l’asserita violazione di un diritto del lavoratore per giustificare l’adozione di un provvedi-
mento d’urgenza, ma rilevano le condizioni personali e la fattispecie nella sua concretezza e
conting enza, deve dirsi, allora, che se l’asserito stato di disoccupazione non può assurgere al
rango di emergenza qualificante perché è circostanza drammaticamente comune a tutte le con-
troversie di licenziamento e se è necessario che la domanda cautelare sia suffragata da specifiche
dettagliate dedotte e dimostrate ragioni d’urgenza, ulteriori rispetto a quella rappresentata dalla
natura della causa, tali non possono considerarsi quelle addotte dal ricorrente.
Non basta che il … dica che la sua famiglia vive grazie alla sua retribuzione e che la
moglie è allo stato disoccupata, ove ometta finanche di dedurre (e, poi, di provare) di non
avere – egli o la moglie – altre e diverse fonti di reddito.
Ma, soprattutto, non basta trincerarsi dietro lo scudo dei debiti contratto nel corso degli
anni, ove di essi il ricorrente non abbia neppure la cura di addurre le relative motivazioni,
precludendo in tal modo al giudicante la verifica in ordine alla primarietà e necessità dei
beni in soddisfazione.
Inoltre, vi è che, a fronte delle deduzioni della società resistente, la quale ha dato prova
di aver corrisposto al ricorrente l’importo di € 13.295,87 a titolo di tfr, segnalando altresì
che quegli percepisce ora e per i prossimi tre anni l’indennità di mobilità per un importo
mensile di € 876,89, nulla il ricorrente ha obiettato in segno di contestazione.
Certo è che, alla luce degli elementi di fatto forniti dalle parti, la situazione del …, in specie
quella economica che ha voluto invocare, non si profila ex se foriera di un pregiudizio irrepara-
bile ove non tutelata con un provvedimento urgente, quale quello in questa sede richiesto, e, an-
cor meno, si profila così irreparabile da non poter attendere gli esiti di un procedimento rapido
quale quello che il legislatore di giugno 2012 ha approntato per i lavoratori licenziati.
Da ultimo, si segnala che la rappresentazione attorea della precarietà economica che incombe
in maniera sì grave da giustificare l’urgenza dell’odierno decidere mal si concilia con il rifiuto che
il … ha opposto alla società che, in prospettiva transattiva, gli ha comunque offerto (cfr. verbale di
udienza) di riprendere a lavorare con un contratto part-time a 1250 ore annue modul ari e con c on-
dizioni contrattuali e normative previste per il IV livello del CCNL consumo.
Alla stregua delle precedenti considerazioni l’istanza cautelare deve essere rigettata.
Quanto alla regolamentazione delle spese di giudizio, in virtù della novità e peculiarità
della questione affrontata si stima equo ed opportuno disporre la compensazione per intero
fra le parti. P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite fra le parti.

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