Barocco giuridico. Dall'osservatore allo spettatore
Autore | Guglielmo Siniscalchi |
Pagine | 593-611 |
G. Siniscalchi
Barocco giuridico. Dall’osservatore allo spettatore
GUGLIELMO SINISCALCHI
BAROCCO GIURIDICO.
DALL’OSSERVATORE ALLO SPETTATORE
S: 1. L’osservatore e lo spettatore. Le immagini. – 2. L’osservatore. Le
teorie. – 3. Lo spettatore. I luoghi.
1. Sullo schermo scorrono i titoli di testa. Appare una finestra con tre pic-
cole tendine che si alzano lentamente, svelando l’interno di un cortile condo-
miniale. Poi due lenti e aerei movimenti di macchina, opposti ma sincronici,
introducono gli spazi ed i protagonisti della narrazione: il primo movimento
“strapiomba” l’obiettivo della cinepresa sul davanzale della finestra schiu-
dendo e “squadrando”, come in un’antica tragedia greca, gli orizzonti visivi
dell’azione; il secondo movimento parte dall’esterno, da un’ampia e sinuosa
panoramica su alcuni inquilini di un condominio americano anni ’50, per
rientrare dalla finestra e fermarsi sul viso imperlato di sudore di un fotografo
immobilizzato in casa a causa di una gamba ingessata.
Inizia così uno dei lm più celebrati e famosi della storia del cinema:
Rear Window [La nestra sul cortile, 1954] di Alfred Hitchcock, liberamente
tratto da una novella dello scrittore americano Cornell Woolrich. Una crime
story dalla storia semplice: un fotografo (interpretato da James Stewart) os-
serva l’ambiguo comportamento di un vicino (il signor Thorwald interpre-
tato da un perdo Raymond Burr), scoprendo che lo strano personaggio ha
appena ucciso la moglie e si accinge ad occultare il cadavere.
Una storia semplice, almeno in apparenza. Perché, dietro al solido im-
pianto narrativo, Rear Window è anche la storia di uno sguardo e di un sog-
getto che, attraverso varie tecniche di osservazione (il binocolo, l’obiettivo
della macchina fotograca, il teleobiettivo), tenta di comprendere il mondo
che abita e si concede ai suoi occhi. In due parole: Rear Window mette in sce-
na una delle gure chiave dell’epistemologia del Novecento: l’osservatore1.
1 Tante le “letture” epistemologiche e losoche del lm di Hitchcock. Fra le più rilevanti
ricordo: J. D, Hitchcock, Éditions de l’Herne, Paris, 1967; il saggio di D. B The
Viewer’s Activity in: D. B, Narration in the Fiction Film, The University of Winsconsin
594 Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto — Anno IV
Come un entomologo nel suo laboratorio, James Stewart studia il compor-
tamento dei suoi vicini ricostruendo (conoscendo) abitudini sociali e “fatti
istituzionali”, rubando le parole a John Searle, no a diventare, nella parte
nale del lm, protagonista attivo del gioco sociale osservato.
Ma v’è di più. Se lasciamo scorrere le sequenze di Rear Window ci ac-
corgiamo ben presto che lo sguardo dell’osservatore nisce per coincidere
in “soggettiva” col nostro occhio: noi siamo chiamati a condividere con il
protagonista analisi, inferenze, indizi disseminati sul set. Noi guardiamo at-
traverso gli occhi del protagonista/osservatore. Con un’unica differenza: il
nostro sguardo può essere solo passivo, noi non possiamo in alcun modo
intervenire nel “watching game” organizzato dalla macchina da presa di
Hitchcock. Noi siamo semplici spettatori2.
1.1. Nella sua opera Techniques of the Observer. On Vision and Modernity
in the Nineteenth Century [1990], Jonathan Crary distingue così le figure
dello “spettatore” [spectator] e dell’“osservatore” [observer].
Ecco il testo di Crary:
Most dictionaries make little semantic distinction between the words “observer”
and “spectator”, and common usage usually renders them effectively synonymous.
[…] Spectator also carries specific connotations, especially in the context of nine-
teenth-century culture, that I prefer to avoid-namely, of one who is passive onlooker
Press, Madison, 1985; e, in lingua italiana, il volumetto monograco dedicato interamente al ca-
polavoro di Hitchcock: C. G. S, Alfred Hitchcock. La nestra sul cortile, Lindau, Torino, 2001,
che analizza il ruolo di osservatore del protagonista con un approccio rigorosamente semiotico.
A queste letture possiamo aggiungere il breve volume tematico: J. M, Le point de vue. De
la vision du cinéaste au regard du spectateur, Éditions des Cahiers du cinéma, Paris, 2001 (Trad.
it.: J. M, Il punto di vista. Dalla visione del regista allo sguardo dello spettatore, Lindau, To-
rino, 2004) dove Rear Window è analizzato come caso “paradigmatico” nella storia del cinema del
Novecento per la costruzione del punto di vista ed il rapporto fra osservatore, spettatore e fenomeni
“inquadrati” dalla macchina da presa.
Due i testi imperdibili per comprendere tutto il percorso lmico del regista inglese: il “classico”
F. T, Le cinéma selon Hitchcock2, Éditions Ramsey, Paris, 1983. Trad. it.: F. T,
Il cinema secondo Hitchcock, Nuova Pratiche Editrice, Parma, 1985; e B. K, Hitchcock au
travail, Éditions des Cahiers du cinéma, Paris, 1999. Trad. it.: B. K, Hitchcock al lavoro,
Rizzoli, Milano, 2000.
Inne, è bene ricordare che Jean-Luc Godard inizia la sua “monumentale” storia del cinema in
video intitolata Histoire(s) du cinéma con l’immagine di James Stewart in Rear Window, simbolo
in carne ed ossa del cinema come tecnica privilegiata di osservazione sul reale. E non a caso,
poco oltre nel capitolo delle sue Histoire(s) intitolato “Le Contrôle de l’univers”, Godard denisce
Hitchcock “le plus grand créateur de forme de XXe siècle”. Sul punto vedi anche J.-L. G/Y.
I, Archéologie du cinéma et mémoire du siècle. Dialogue, Farrago, Tours, 2000. Su
Godard, il cinema e il diritto vedi: F. S. N, Comunità dello sguardo. Halbwachs, Sgalambro,
Cordero, Giappichelli, Torino, 2001, pp. 59-87.
2 L’importanza della gura dello spettatore nel cinema di Hitchcock, ed in particolare in Rear
Window, è sottolineata da Gilles Deleuze: “Nella storia del cinema, Hitchcock appare come colui
che non concepisce più la costituzione di un lm in sostituzione di due termini, il regista e il lm
da fare, ma in funzione di tre termini, il regista, il lm e il pubblico che deve entrare nel lm, o le
cui reazioni devono far parte integrante del lm (tale è il senso esplicito del suspence, poiché lo
spettatore è il primo a “sapere” le relazioni).” (G. D, L’immagine-movimento. Cinema 1,
Ubulibri, Milano, 1984, p. 230).
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