Giudicato penale nel nostro ordinamento alla luce della giurisprudenza comunitaria

AutoreDomenico Giannelli
Pagine103-107
833
Rivista penale 9/2016
Varie
GIUDICATO PENALE
NEL NOSTRO ORDINAMENTO
ALLA LUCE
DELLA GIURISPRUDENZA
COMUNITARIA
di Domenico Giannelli
Una questione molto dibattuta e degna di nota in segui-
to all’ingresso dell’Italia in Europa è costituita dall’eff‌icacia
del giudicato penale in seguito a una pronuncia della Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo che ne dichiari l’iniquità.
In ogni ordinamento liberale esiste un principio per
cui il provvedimento giurisdizionale è dotato del carattere
della def‌initività e dell’irrevocabilità.
Come rileva autorevole dottrina (1) il giudicato penale
“assurgeva già nel ventennio fascista a simbolo dell’au-
torità dello Stato, dell’infallibilità della pretesa punitiva
contro il singolo e dell’ineccepibilità della conoscenza
acquisita attraverso il processo”.
Una visione, come rileva altro orientamento dottrinario
(2) che “incurante della possibile ingiustizia del dictum
promanante dal titolo cognitivo, elevava l’irrevocabilità
delle sentenze non più soggette a impugnazione a valore
assoluto di fronte al quale sbiadiva ogni altra concorrente
o contrapposta esigenza” e resisteva alle prerogative in-
dividuali connesse agli errori giudiziari poi riconosciute
dall’intervenuto dettato costituzionale e dalle pronunzie
della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Il mutamento di prospettiva realizzato in Costituzione,
in favore della centralità della persona e dei suoi diritti
inviolabili, riceveva effettiva traduzione legislativa con la
scelta, operata in sede di riforma codicistica, per la «f‌les-
sibilità» del giudicato, assicurata dai precetti normativi in
tema di revisione e dagli altri istituti legittimanti inter-
venti revocatori o modif‌icativi del titolo esecutivo (3).
Rilevante è, in argomento, il valore che s’intende rico-
noscere o riservare al giudicato penale, categoria giuridica
che, concettualmente ed inevitabilmente, involge varie di-
sposizioni costituzionali (4) quali l’art. 24 (Diritto di di-
fesa), il 111, comma 2 (ragionevole durata del processo),
il ruolo supremo rivestito dalla Corte di cassazione quale
giudice di legittimità (art. 111, comma 7).
La questione della f‌lessibilità dei giudicati penali è di
enorme importanza chiarendo i delicati rapporti esistenti
tra l’ordinamento nazionale e quello comunitario nell’am-
bito penalistico e fa comprendere come l’Italia non si sia
pienamente adeguata ai principi propugnati dalle norma-
zioni europee per cui la Cassazione è stata più volte chia-
mata ad intervenire per sanare le lacune legislative. Ma
non era questo il suo compito!
Gli interventi del legislatore e prima ancora dei giudici
anche nel campo penale, come ha sottolineato la dottri-
na (5) son stati infatti resi necessari da un’indifferenza
dell’ordinamento italiano sia verso i principi della Conven-
zione Europea dei diritti dell’uomo che nei confronti delle
interpretazioni di essi date dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo.
Le vicende recenti relative alle pronunce rese dalla
Cedu impongono a nostro parere delle rif‌lessioni in merito
alle incursioni europee nell’ambito penalistico e al ruolo
giocato dall’articolo 670 c.p.p. La disposizione codicistica
recita: “Quando il giudice dell’esecuzione accerta che il
provvedimento manca o non è divenuto esecutivo, valu-
tata anche nel merito l’osservanza delle garanzie previ-
ste nel caso di irreperibilità del condannato, lo dichiara
con ordinanza e sospende l’esecuzione, disponendo, se
occorre, la liberazione dell’interessato e la rinnovazione
della notif‌icazione non validamente eseguita. In tal caso
decorre nuovamente il termine per l’impugnazione (art.
585 c.p.p.).”.
Quando è proposta impugnazione od opposizione, il
giudice dell’esecuzione, dopo aver provveduto sulla ri-
chiesta dell’interessato, trasmette gli atti al giudice di
cognizione competente. La decisione del giudice dell’ese-
cuzione non pregiudica quella del giudice dell’impugna-
zione o dell’opposizione, il quale, se ritiene ammissibile il
gravame, sospende con ordinanza l’esecuzione che non sia
già stata sospesa (art. 588 c.p.p.).
3. Se l’interessato, nel proporre richiesta perché sia
dichiarata la non esecutività del provvedimento, eccepi-
sce che comunque sussistono i presupposti e le condizioni
per la restituzione nel termine a norma dell’articolo 175,
e la relativa richiesta non è già stata proposta al giudice
dell’impugnazione, il giudice dell’esecuzione, se non deve
dichiarare la non esecutività del provvedimento, decide
sulla restituzione. In tal caso, la richiesta di restituzione
nel termine non può essere riproposta al giudice dell’im-
pugnazione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 175
commi 7 e 8.”.

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