Giochi e scommesse: la discriminazione 'indiretta' giustifica la disapplicazione della normativa penale italiana? Una questione ancora aperta

AutoreGloria De Santis
Pagine982-986
982
dott
11/2014 Rivista penale
DOTTRINA
giochi e scommesse:
la discriminazione
“indiretta” giustifica
la disaPPlicazione
della normativa Penale
italiana? una questione
ancora aPerta
di Gloria De Santis
La questione dell’incriminabilità delle trasgressioni
alla vigente normativa nazionale contenente divieti di
svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e
trasmissione di proposte di scommesse relative ad eventi
sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rila-
sciata dallo Stato, è stata più volte oggetto di interventi
da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea: a
partire dal 2003, con la sentenza Gambelli, passando per
le pronunce Placanica & altri, Costa & Cifone e Pulignani
& altri, f‌ino al 2013 con la nuovissima sentenza Biasci &
altri (1).
Secondo la disciplina amministrativa italiana, l’attività
di raccolta e gestione delle scommesse può essere eser-
citata solo da soggetti che abbiano ottenuto – a seguito
di una gara pubblica – una delle concessioni messe a
bando dallo Stato. Inoltre, per poter esercitare l’attività di
raccolta di scommesse sportive è necessario ottenere una
autorizzazione di polizia, ai sensi del c.d. Testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza – di seguito TULPS – (R.D. 18
giugno1931, n. 773).
Il sistema delle concessioni per scommesse sportive,
poi, si fonda sul D.L.vo 14 aprile 1948, n. 496 che ha f‌issato
un regime di monopolio in favore dello Stato ed attribuito
esclusivamente al CONI (Comitato Olimpico Nazionale
Italiano) e all’UNIRE (Unione Nazionale per l’Incremento
delle Razze Equine) la facoltà di assegnare le concessioni
in materia di organizzazione e raccolta delle scommesse.
Successivamente, il D.L. 8 luglio 2002, n. 138 (convertito
nella L. 178/2002) ha unif‌icato ed attribuito all’Ammini-
strazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) le
competenze in materia di scommesse.
Come anticipato, al sistema di concessioni è collegato
un diverso sistema di controllo, disciplinato dal TULPS
che all’art. 88 prevede: “la licenza per l’esercizio delle
scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti
concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o altri
enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione
e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati
dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza
della stessa concessione o autorizzazione”.
Tale regime trova, poi, nell’art. 11 del medesimo regio
decreto la disciplina generale dei requisiti soggettivi delle
persone richiedenti: le autorizzazioni di polizia debbono
essere negate a chi ha riportato una condanna a pena re-
strittiva della libertà personale superiore a tre anni per
delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione; a
chi è sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza
personale o è stato dichiarato delinquente abituale, pro-
fessionale o per tendenza; inoltre, le autorizzazioni in pa-
rola possono essere negate a chi abbia riportato condanna
per alcuni reati specif‌icamente indicati: delitti contro la
personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero
per delitti contro le persone commessi con violenza, o per
furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di
rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’auto-
rità, e a chi non puà provare la sua buona condotta.
A chiusura del sistema sono previste norme penali:
l’art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 – come modif‌i-
cato dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 37, comma 5
– prevede, nei commi da uno a quattro, sanzioni specif‌iche
in tema di scommesse e giochi d’azzardo a tutela della cor-
rettezza nelle manifestazioni sportive. Inoltre, al comma 4
bis stabilisce che le sanzioni sopra indicate sono applicate
“a chiunque privo di concessione, autorizzazione o licenza
ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive mo-
dif‌icazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al
f‌ine di accettare o raccogliere o comunque favorire l’ac-
cettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via
telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere
da chiunque accettate in Italia o all’estero”.
Il sistema così delineato, come detto, è stato progres-
sivamente inciso dalla giurisprudenza della Corte di Lus-
semburgo, sulla scorta della necessità di una interpretazio-
ne della relativa disciplina in senso uniforme ai principi del
diritto sovranazionale. Ed in particolare, con riferimento ai
principi di cui agli articoli 43 e 49 TCE (oggi, articoli 49 e 56
TFUE) (2), vale a dire con riferimento ai principi generali
di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi.
La questione è stata esaminata per la prima volta dalla
Corte di Lussemburgo con la sentenza Gambelli del 2003,
resa su domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale
di Ascoli Piceno.
In Italia, come anticipato, l’attività dei cc.dd. CTD
(centri trasmissione dati) che accettano, raccolgono e
trasmettono scommesse sportive per conto di un book-
maker (allibratore), stabilito in altro Stato membro, a
mezzo di collegamento internet è riservata allo Stato ed ai
titolari di un regolare titolo abilitativo (art. 88 TULPS) ed
è penalmente sanzionata ove esercitata in assenza delle
concessioni o autorizzazioni prescritte dalla normativa na-
zionale (art. 4, comma 4 bis, L. 401/1989, come modif‌icato
dall’art. 37, L. 388/2000).
La Corte di giustizia, nella sentenza Gambelli in primo
luogo, ha affermato che “una normativa nazionale con-
tenente divieti — penalmente sanzionati — di svolgere

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT