Le "generazioni" dei diritti

AutoreAlessandro Pizzorusso
Pagine419-428

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@1. Le generazioni dei diritti e la progressiva affermazione della giuridicità delle loro enunciazioni

Di "generazioni" dei diritti si parla, con espressione ricalcata su quelle adoperate con riferimento a certi tipi di macchine, per classificare, a seconda del loro prevalente contenuto normativo e sulla base dell'evoluzione storica che li concerne, i cataloghi di diritti dei quali si assicura la tutela in documenti denominati "carte", "dichiarazioni" ecc., o in costituzioni di tipo moderno.

La serie delle enunciazioni di questo tipo non risale oltre il XVIII secolo. Essa si inizia con i documenti che furono redatti sotto l'influenza di quel movimento politico e culturale che va sotto il nome di "costituzionalismo" e i cui primi prodotti furono la Déclaration des droits de l'homme et du citoyen del 1789 e gli analoghi testi americani, ad essa contemporanei o di poco anteriori, mentre dei documenti di questo tipo che erano stati adottati nei secoli precedenti (e che avevano peraltro talora caratteri profondamente diversi), soltanto alcune carte inglesi hanno assolto nell'epoca moderna, in qualche misura almeno, una funzione analoga. Ciò non significa che talune importanti acquisizioni cui la dottrina giuridica è pervenuta anteriormente non abbiano svolto un ruolo importante anche in relazione alla tutela dei diritti fondamentali, come ad esempio è sicuramente il caso del progressivo affinamento della nozione di "diritto soggettivo". Del pari, non vi è dubbio che forme di tutela delle minoranze elaborate nel periodo storico in cui le guerre di religione imperversarono maggiormente in Europa abbiano trovato importanti applicazioni quando l'idea di tolleranza ha cominciato a ricevere più ampio credito e ad essere applicata anche a fenomeni diversi da quello religioso.

Parallela alla redazione delle "carte dei diritti", nell'ambito del costituzionalismo, fu la compilazione delle prime "costituzioni" moderne, talora deliberate dal popolo o dai suoi rappresentanti, altre volte octroyées dai sovrani, le quali ebbero invece come loro contenuto essenziale, e spesso esclusivo, un complesso di regole e di principi concernenti l'organizzazione costituzionale dello Stato (a cominciare, nelle monarchie, dalle regole della successione al trono). Spesso, i due tipi di documenti vennero collegati tra loro, impiegandosi talora una carta dei diritti come "preambolo" di una costituzione. Ciò Page 420 avvenne collocando l'una in testa all'altra (come in Francia nel 1793, nel 1795, nel 1848 e nel 1946), oppure richiamando la prima mediante un rinvio contenuto nella seconda (come, ancora in Francia, nel 1958). Fin dal 1791, negli Stati Uniti, si era avuto invece il vero e proprio inserimento nella Costituzione del 1787 di un gruppo di articoli (comunemente denominati Bill of Rights) a seguito dell'approvazione dei primi dieci emendamenti della Costituzione stessa.

In Europa, invece, quanto meno fino alla Costituzione di Weimar, adottata in Germania nel 1919, fu prevalente l'idea che la costituzione dovesse essenzialmente comprendere norme organizzative e anche quando le costituzioni ottocentesche inclusero talune enunciazioni di principio in tema di diritti dell'uomo, si trattò quasi sempre di pochi articoli e non di un testo dotato di una qualche sistematicità (così avvenne anche nel caso dello Statuto albertino adottato nel Regno di Sardegna nel 1848 e poi divenuto, dopo l'unificazione nazionale, la prima costituzione italiana). In molti stati dell'Europa continentale, infatti, l'assetto dei diritti risultava principalmente dai codici, e in particolare dal codice civile, spesso capace di svolgere, assai più della costituzione stessa, il ruolo di una carta di questo tipo.

La differenza principale fra le vicende che si svilupparono sui due lati dell'Atlantico non dipese però tanto dalla forma assunta da simili documenti, quanto dal tipo di effetti che vennero riconosciuti alle proposizioni in essi enunciate. Gli articoli della Costituzione americana, infatti, furono subito considerati come direttamente attributivi di diritti ai cittadini e la celebre svolta giurisprudenziale del 1803, che riconobbe ai giudici il potere di controllare la costituzionalità delle leggi, riconobbe loro forza invalidante delle norme giuridiche con essi incompatibili.

Dopo Weimar, però, anche in Europa l'assetto binario delle costituzioni divenne di uso comune e lo troviamo nella Costituzione spagnola del 1931, in quella sovietica del 1936 (cui la scarsa corrispondenza alla realtà del paese non impedì di svolgere un ruolo di un certo rilievo nei dibattiti politici e culturali del tempo) e successivamente in quelle adottate nella seconda metà del XX secolo, a cominciare da quella italiana del 1947 e da quella tedesca del 1949, per cui oggi mal si concepisce, quanto meno al livello statale, una carta dei diritti separata da una costituzione o una costituzione che non comprenda anche una carta dei diritti. Anche nell'ambito del dibattito, tuttora in corso, sull'opportunità di addivenire all'adozione di una costituzione dell'Unione europea, il problema dell'approvazione di una carta dei diritti, destinata a costituire un nucleo essenziale di tale costituzione, risente chiaramente di questa tradizione.

@2. La tutela dei diritti fondamentali nelle costituzioni moderne

L'evoluzione che così si è sviluppata è dunque chiaramente collegata al progressivo avvicinamento della nozione europea di costituzione alla nozione americana, che fin dall'inizio aveva configurato questo atto normativo come una higher law suscettibile di essere utilizzata come parametro della costituzionalità delle leggi ordinarie e come base dell'intero ordinamento giuridico vigente nel paese. Seppur attraverso percorsi assai diversi, anche in Europa la realizzazione di forme di giustizia costituzionale ebbe tra i suoi effetti il riconoscimento della giuridicità e della vincolatività delle disposizioni costituzionali e particolarmente di quelle in tema di diritti fondamentali.

Fu dapprima la dottrina costituzionalistica, specialmente tedesca, a porre le basi di una concezione giuridica della costituzione, parzialmente diversa da quella americana, ma capace di produrre effetti dello stesso tipo. Agli sviluppi, tutto sommato assai mode- Page 421 sti, che sul piano pratico si erano avuti in Austria nel primo dopoguerra e in Spagna durante la breve esperienza della Seconda Repubblica, fecero seguito più tardi la decisione n. 1/1956 della Corte costituzionale italiana, che riconobbe effetti giuridici alle disposizioni "programmatiche" della Costituzione del 1947, e la decisione n. 71-44 DC del Conseil constitutionnel francese, che nel 1971 attribuì analoga forza normativa alla Déclaration del 1789 e agli altri principi compresi in quello che fu denominato il "bloc de constitutionnalité", comprensivo di testi che in passato erano stati considerati soprattutto come dichiarazioni dotate di effetti politici. Nel corso della seconda metà del XX secolo, il modello europeo di giustizia costituzionale che derivò da queste diverse esperienze giunse così a presentarsi come un'alternativa rispetto al modello americano.

È anche da segnalare che, in alcuni casi, l'inserimento di un catalogo di diritti nella costituzione statale è stato realizzato mediante il rinvio fatto da disposizioni costituzionali a documenti adottati in sede internazionale, dei quali si è avuta un'ampia fioritura a partire dalla Dichiarazione universale approvata nel 1948 in sede ONU. Un esempio particolarmente vistoso di ricorso a questa tecnica è offerto dalla Costituzione argentina del 1994, il cui art. 75, § 22, c. 2, contiene un lungo elenco di trattati in materia di diritti umani ai quali viene riconosciuto il rango di fonti costituzionali e funzione integrativa dei diritti...

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