La funzione della rilevanza giuridica degli “impianti sportivi di quartiere”

AutoreFabio Fortinguerra
Pagine75-84

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@1. Il concetto di bene in senso giuridico ex art. 810 c.c. e il concetto di impianti sportivi di quartiere

Se si aderisce alla tesi secondo cui sono beni in senso giuridico ex art. 810 c.c. solo quelle cose che possono formare oggetto di diritti, o meglio di scambio, nell’ambito di un’economia di mercato, gli impianti sportivi di quartiere dovrebbero esserne sostanzialmente esclusi, non foss’altro perché la propria utilizzazione e circolazione sono, per esplicita disposizione normativa, sottratte al libero scambio1.

Diametralmente opposte sono, invece, le conclusioni cui si giunge laddove si aderisca ad un’interpretazione dell’art. 810 c.c., in cui la qualificazione di un bene in senso giuridico si posa sulla funzione, alias sulla destinazione, che i beni sono chiamati a svolgere. L’insieme dei pezzi che costituiscono un’automobile assemblati casualmente, rappresentano una “cosa”, non già un bene in senso giuridico, vale a dire un’automobile. Diventa tale solo nel momento in cui si colleghi tale cosa ad una specifica funzione, ad una destinazione per le quali l’ordinamento giuridico predispone delle norme, delle regole che devono essere rispettate. Nel suddetto esempio è possibile parlare di un’automobile, vale a dire un bene giuridico, quando lo si consideri mezzo di locomozione, di trasporto di cose e di persone, “dovendo”, al riguardo, rispettare determinate caratteristiche e standards (una lunghezza ed una larghezza non superiori a determinati limiti, ecc…).

In questa diversa prospettiva, in cui il bene non viene considerato in sé, autonomamente, ma nell’ambito della rete di rapporti che intorno ad esso si instaurano, in cui un ruolo decisivo giocano gli interessi dei soggetti coinvolti, anche gli impianti sportivi di quartiere possono essere considerati beni in senso giuridico. Senza dubbio tali sono, infatti, per gli abitanti che abitano, risiedono nei quartieri in cui tali impianti sorgono, non foss’altro perché, al pari di tutte le altre opere di urbanizzazione secondaria (per le quali è statoPage 76 versato il relativo onere), concorrono ad assicurare agli stessi una certa qualità della vita. Si tratta, in altre parole, di beni che, in ragione della loro funzione e destinazione d’uso, rientrano nell’àmbito applicativo di cui all’art. 810 c.c., in quanto suscettibili di formare oggetto di diritti.

Beni che, tuttavia, proprio in ragione della specifica funzione e destinazione d’uso, si distinguono dagli altri, di guisa che può trovare giustificazione la differente disciplina per gli stessi prevista. Si pensi, ad esempio, all’accesso, quale diritto degli abitanti e dei residenti, ovvero all’immodificabilità e inalienabilità, ovvero ancora si pensi, alla gratuità, che informa tutte le questioni inerenti alla realizzazione ed alla utilizzazione degli impianti sportivi di quartiere, la cui ratio è da rintracciarsi nella circostanza che gli stessi costituiscono opere di urbanizzazione, in quanto tali, soggette, per volontà di legge, a diritti d’uso da parte dei residenti nelle unità immobiliari per le quali vengono realizzate.

Si tratta, in altri termini, di opere che, in quanto funzionalmente collegate dalla legge al soddisfacimento degli interessi dei soggetti residenti nel quartiere, non possono essere distolte da tale primaria destinazione per dar vita ad attività aventi essenzialmente scopo di lucro2. Nel caso degli impianti sportivi di quartiere, come si avrà modo di ribadire, il collegamento funzionale tra le aree in cui si trovano e gli abitanti ivi residenti è da considerarsi in un certo qual modo coattivo, in quanto, come detto, stabilito dalla legge al fine di realizzare preponderanti esigenze di ordine generale.

@2. Gli impianti sportivi di quartiere nell’ambito della disciplina urbanistica

Quando la legge n. 10 del 28 gennaio 1977 ha introdotto la “concessione edilizia” in sostituzione della “licenza edilizia” quale titolo di autorizzazione all’edificazione, si è inteso affermare che il diritto ad edificare fosse scorporato dalla proprietà del suolo e quindi concesso dalla pubblica amministrazione, in cambio di un contributo di costruzione. La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 5/19803 e n. 127/19834, è intervenuta per precisare che,Page 77 nell’ordinamento attuale, il diritto ad edificare continua ad essere connesso alla proprietà, anche se di tale diritto sono stati limitati portata e contenuto, nel senso che l’avente diritto può costruire entro i limiti, anche temporali, stabiliti dagli strumenti urbanistici. Sussistendo le condizioni richieste, solo il proprietario o il titolare di altro diritto reale che legittimi a costruire può edificare, non essendo consentito dal sistema che altri possa, autoritativamente, sostituirsi a lui per la realizzazione dell’opera. In tale contesto, il contributo di costruzione ha definitivamente abbandonato la natura di corrispettivo per l’esercizio del diritto di edificare, per divenire una compartecipazione agli oneri che la collettività deve sostenere per l’antropizzazione del territorio5.

L’art. 16 del T.U. sull’edilizia stabilisce che “il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”. Oneri che si riferiscono sia alle opere di urbanizzazione primaria (strade residenziali, spazi di sosta o parcheggio, fognature, rete idrica, reti di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato, cavedi multiservizi, condotti per il passaggio di reti di telecomunicazione), sia alle opere di urbanizzazione secondaria (asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese ed altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali, attrezzature sanitarie, compresi gli impianti per il trattamento dei rifiuti e la bonifica delle aree inquinate).

In un simile contesto normativo, allorquando si parla, in termini che appartengono all’urbanistica e all’edilizia, di impianti sportivi di quartiere, pertanto, ci si riferisce a quelle opere che rientrano nel novero delle strutture indispensabili per assicurare condizioni di vita ritenute necessarie, i cosiddetti standards minimi inderogabili, che hanno quale propria funzione essenziale quella di assicurare una “certa qualità della vita” agli abitanti di ogni quartiere6. Questi ultimi, del resto, sono anche quelli su cui il costo della realizzazione “obbligatoria” di questi impianti sportivi di quartiere incide in maniera più o meno diretta. Si tratta, infatti di un costo che concorre a formare il valore di scambio, oltre che il valore d’uso, delle unità immobiliari per le quali quegli impianti sportivi di quartiere sono stati realizzati obbligatoriamente. Se, dunque, si tratta di opere di urbanizzazione, che per volontà di legge, devono essere fruibili solo da chi si trova in un determinato rapporto con esse, rapporto che il legislatore ha individuato nella residenza, ne consegue che i criteri ed i parametri per valutare la liceità degli atti che ad essi ineriscono devono essere considerati avendo riguardo alla loro funzione7, non potendo in alcun modo prescindere da essa.

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@3. Gli impianti sportivi di quartiere sono impianti sportivi

Per comprendere il concetto di impianti sportivi di quartiere in senso giuridico occorre, preliminarmente, aver chiaro il significato di ciò che il nostro ordinamento giuridico considera “impianto sportivo”8. Concetto, quest’ultimo, che rimanda a ciò che viene considerato rientrante nella nozione di sport nonché di attività sportiva dalle organizzazioni nazionali ed internazionali operanti nell’ambito del diritto sportivo9. Al di fuori di questa cornice “normativa”, ci si trova in ambiti che nulla hanno a che spartire con lo sport10. Sebbene possa sembrare un affermazione ovvia, occorre ribadire, pertanto, che sono impianti sportivi in senso giuridico, per il nostro ordinamento, solo quelli che hanno ottenuto la preventiva autorizzazione del CONI11.

Da un primo approccio emerge chiaramente come ogni impianto sportivo (come del resto ogni altra opera di urbanizzazione primaria e secondaria) implica una trasformazione del territorio vuoi sotto il profilo naturale, vuoi sotto il profilo giuridico urbanistico, determinando una trasformazione della destinazione d’uso.

Tuttavia, qualificare come sportivo un impianto esclusivamente in ragione della entità della modificazione del territorio sotto il profilo naturale, significa spostare la questione dal profilo giuridico-urbanistico a quello giuridico-edilizio, così perdendo di vista l’essenza del problema. L’esperienza giurisprudenziale è ricca di pronunce in cui, in maniera più o meno diretta, si confonde e si fa coincidere la valutazione della trasformazione mediante costruzione con la valutazione della trasformazione del territorio in impianto sportivo. Un esempio è dato dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, del 4 novembre 1994, n. 125712, in cui si afferma che costituisce una modifica di destinazione che richiede apposita variante urbanistica, il passaggio dalla destinazione a “verde...

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