Fra tutela dei diritti e modello confessionale
Autore | Francesco Alicino |
Pagine | 23-43 |
CAPITOLO PRIMO
LA DOMMATICA
LE INTESE PER LE DIFFERENZE
S I
Fra tutela dei diritti e modello confessionale
S: 1. Le principali coordinate costituzionali del fattore religioso.
– 2. Diritti individuali e diritti collettivi. – 3. Diritti della personalità e
appartenenza confessionale. – 4. Le variabili del principio di laicità.
– 4.1. I gruppi normatori non (esclusivamente) confessionali. – 4.2.
L’eguale libertà religiosa di tutti i gruppi normatori. – 5. Il metodo-
disegno delle discipline negoziate.
1. Le principali coordinate costituzionali del fattore religioso
Nell’ordinamento italiano la disciplina costituzionale dei rapporti
fra Stato e religioni s’impernia sul principio di eguaglianza, che im-
plica il rispetto del diritto alla differenza1. Un principio e un diritto
funzionali all’autonoma soggettività delle singole organizzazioni
confessionali (art. 8, c. 2, Cost.), aderendo alle quali un soggetto
può svolgere la sua personalità (artt. 2 e 3 Cost.)2, religiosamente
1 Ossia, «l’eguale libertà delle confessioni di organizzarsi e di operare rappresen-
ta la proiezione necessaria sul piano comunitario» della libertà dei singoli di godere
della libertà di culto; Corte cost., sent. 16 luglio 2002, n. 346, in Giur. cost., 2002,
p. 2615, con nota redazionale di P. S (p. 2621) e nota a sentenza di G. G-
, Non è l’“eguale libertà” a legittimare l’accesso ai contributi regionali delle
confessioni senza intesa, pp. 2624 ss. Sul punto A. A, Il diritto ecclesiastico
nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Milano, Giuffrè, 2010, pp. 118 ss.
2 In questo senso, la tutela del diritto alla differenza, oltre a promuovere lo
sviluppo della personalità (art. 2 Cost.), si legittima mediante il richiamo all’art.
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orientata3. Lo Stato ha tuttavia il dovere di tutelare direttamente i
diritti religiosi della persona, e quindi gli intessi attinenti alla sua
dimensione spirituale4, che devono essere riconosciuti e garantiti nei
confronti di ogni individuo, nell’accezione latina e primaria del ter-
mine: da in-divìduus, che non è divisibile; la particella elementare e
imprescindibile della società. E questa tutela mal si concilia con gli
statuti derogatori della cittadinanza, imponendosi anche sulle pre-
tese delle singole organizzazioni confessionali5. L’appartenenza a
una religione non è condizione necessaria per l’effettivo esercizio di
tali diritti la cui disciplina, innervando i principi supremi dell’ordine
costituzionale, è aliena dalla mediazione delle confessioni. Il che
non esclude, anzi, il rispetto della diversità, né il divieto di tratta-
menti discriminatori nei confronti di una o più differenze cultural-
religiose. Con tutto il suo carico di diritti di libertà, accettando la di-
3, c. 2, Cost., ed è volto a «rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che, limitando
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana nel settore riguardante la vita religiosa»; S. L, Intese con
le confessioni religiose diverse dalla cattolica, in Dizionario di diritto pubblico,
diretto da S. Cassese, Milano, Giuffrè, 2006, vol. IV, pp. 3225 ss. Sul punto già P.
R, Persona e comunità. Saggi di diritto privato, Padova, CEDAM, 1987, la
cui indagine sul ruolo delle Chiese in una società pluralista «muove naturalmente
secondo la traccia dell’art. 2 Cost.» (p. 21), che esorta a resistere alla tentazione
delle confessioni «di servirsi dello Stato per assicurarsi una posizione di privile-
gio» (p. 49): bisogna evitare che una comunità religiosa approtti «della sua posi-
zione per indurre lo Stato a morticare ed impedire la professione di fede religio-
sa» dei suoi appartenenti e «degli appartenenti ad altre comunità» (p. 50). Sul piano
più generale S. B, The Rights of Others. Aliens, Residents and Citizens,
Cambridge, Cambridge University Press, 2004, trad. it. a cura S. De Petris, I diritti
degli altri. Stranieri, residenti, cittadini, Milano, Cortina, 2006, p. 53; S. R,
La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, Feltrinelli, 2006, p. 25 e p. 32;
M.C. N, Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, trad.
it. a cura di E. Greblo (con Introduzione di C. Saraceno), Bologna, il Mulino, 2002;
M.C. N, Women and Human Development: The Capabilities Approach,
Cambridge, Cambridge University Press, 2000, trad. it. a cura di W. Maffezzoni,
Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, Bologna, il Mulino, 2001.
3 S. B, voce Fonti del diritto ecclesiastico, in Dig. disc. pubbl., Torino,
VI, 1994, p. 455. Sul punto si veda anche R. C, Le intese con le minoranze
religiose in Italia, in Coscienza e Libertà, 1990, nn. 16-16 A, p. 87.
4 N. C, Diritto pubblico delle religioni. Eguaglianza e differenze nel-
lo Stato costituzionale, Bologna, il Mulino, 2012, p. 17.
5 In questo contesto, a ogni individuo è riconosciuto «uno statuto universale di
persona» e i diritti della personalità, indipendentemente dalla sua cittadinanza na-
zionale, dal sesso e dall’appartenenza a una entità cultural-religiosa; S. B,
I diritti degli altri. Stranieri, residenti, cittadini, cit., p. 53.
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