Cooperazione fra le autorità nazionali ed europee incaricate 'dell'applicazione della legge' nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. I principi fondanti la circolazione internazionale delle informazioni

AutoreNicoletta Parisi
Pagine101-133
NICOLETTA PARISI
COOPERAZIONE FRA LE AUTORITÀ NAZIONALI
ED EUROPEE INCARICATE “DELL’APPLICAZIONE
DELLA LEGGE” NELLO SPAZIO DI LIBERTÀ,
SICUREZZA E GIUSTIZIA.
I PRINCIPI FONDANTI LA CIRCOLAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE INFORMAZIONI
SOMMARIO: I. La dimensione garantista dello spazio europeo di giustizia 1. Aspetti formali e
sostanziali determinati dalla revisione di Lisbona. – 2. Le modifiche di tipo formale-
istituzionale. In particolare: la riunificazione delle questioni relative alla costruzione di
uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. – 3. (Segue) Una più marcata democratizza-
zione del processo decisionale. – 4. (Segue) Un più articolato controllo giurisdizionale.
– 5. Il rapporto fra diversa elencazione dei fini dell’Organizzazione e catalogo dei diritti
fondamentali dell’Unione europea. – 6. Le modifiche d’ordine sostanziale. In partico-
lare: l’ampliamento di competenze normative ed operative dell’Unione nello spazio di
libertà, sicurezza e giustizia. – 7. (Segue) Le responsabilità normative dell’Unione nella
costruzione di uno spazio europeo di giustizia penale. – II. La sua dimensione securita-
ria. 8. La cooperazione europea di polizia. – 9. La stretta collaborazione fra le autorità
incaricate dell’applicazione della legge negli Stati e nell’Unione. – 10. (Segue) L’im-
piego di nuove tecnologie: le banche-dati … – 11. … e la disciplina pertinente. In parti-
colare: il principio di disponibilità delle informazioni – III. Le implicazioni per il rispetto
dei diritti della persona. 12. A proposito di sicurezza versus libertà. – 13. I principi ap-
plicati entro l’ordinamento dell’Unione. – 14. La giurisprudenza internazionale europea
in materia. IV. La riforma del sistema europeo di trattamento automatizzato dei dati
personali. 15. Primi rilievi sulla prospettata riforma in materia.
1. La costruzione e il governo di uno spazio penale europeo si fondano su
un’efficace azione di contrasto di condotte illecite “in sfere di criminalità parti-
colarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal
carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di com-
batterli su basi comuni”1, con specifica attenzione anche alla “frode e [al]le altre
attività illegali (...) [suscettibili di ledere] gli interessi finanziari dell’Unione”2,
nonché a quelle pregiudizievoli per l’ “attuazione efficace di una politica (...) in
un settore (...) [già] oggetto di misure di armonizzazione”3.
1 Art. 83, n. 1, TFUE.
2 Art. 325, n. 1, TFUE.
3 Art. 83, n. 2, TFUE.
102 Capitolo VI
Una così vasta azione esige, tra le altre misure, un dialogo fra le autorità coin-
volte nell’applicazione della legge nella fase tanto della prevenzione quanto
dell’esercizio dell’azione penale. Si tratta di un dialogo che deve vederle impe-
gnate in una triplice direzione: una prima – orizzontale – organizzata fra le auto-
rità degli Stati membri incaricate in ciascuno di essi di funzioni omologhe; una
seconda – ancora orizzontale – sviluppata a livello transnazionale fra tutte queste
autorità, titolari di compiti pur diversi ma indirizzati al medesimo scopo; una
terza – verticale – coinvolgente esse e gli enti, organi e organismi via via istituiti
entro l’Unione europea con finalità e funzioni per tanti aspetti analoghe a quelle
conferite alle autorità nazionali. È un dialogo necessitato perché imposto da esi-
genze di efficienza (dell’azione di contrasto al crimine) e di economia proces-
suale (nell’amministrare la giustizia là dove sia più utile e dia maggiori garanzie
di successo). Di queste necessità prende atto il Trattato sul funzionamento dell’U-
nione traducendole in diritto positivo4.
È importante interrogarsi sulle modalità secondo le quali questo dialogo
viene intessuto: non si può infatti escludere – anche sulla base di risultanze tratte
dalla prassi di Stati pur di consolidata tradizione costituzionale – il rischio di un
abbassamento delle garanzie individuali che, pur affermate e tutelate entro il
singolo ordinamento nazionale quando si tratta di attività domestica, potrebbero
essere aggirate nelle procedure di cooperazione transnazionale. Non occorre
spendere molte parole per ricordare che queste ultime, quando intessute sul piano
penale, sono state dall’origine e per tanto tempo (almeno fino alle soglie del XIX
secolo) esclusivamente improntate alle necessità del reciproco sostegno fra so-
vranità; e che soltanto con l’introduzione della fase giurisdizionale, conseguente
alla mutata funzione che sono state chiamate ad assolvere, hanno visto via via
stemperata (ancorché non soppressa) quella primitiva funzione5. Quando queste
forme di cooperazione interessano il piano delle attività di investigazione e di
intelligence sono ancor oggi assai poco trasparenti, poiché improntate alla prima-
ria esigenza di garantire, rispettivamente, l’ordine interno della comunità nazio-
nale e la sicurezza internazionale dello Stato6.
4 V. infra, par. 9.
5 Sui profili che contraddistinguono gli istituti della cooperazione giudiziaria internazionale
in materia penale e sull’evoluzione codicistica di essi nell’ordinamento italiano si vedano P. LA-
SZLOCZKY, Rapporti giurisdizionali con autorità straniere, in Digesto discipline penalistiche, XI
(1996), p. 22 ss.; e M. PISANI, Le coordinate, in ID., Temi e casi di procedura penale internazio-
nale, Milano, 2001, pp. 33-42. A proposito del “qualcosa di nuovo” che avanza nel Continente
europeo si veda A. GAITO, Un processo penale verso il modello europeo, in ID., Procedura penale
e garanzie europee, Torino, 2006, pp. 1-9. Per un sintetico quadro di siffatta cooperazione nel
Trattato costituzionale europeo (i cui contenuti, come noto, sono stati ampiamente ripresi dal
Trattato di Lisbona) rinvio al solo V. GREVI, Linee di cooperazione giudiziaria in materia penale
nella Costituzione europea, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, Milano, 2006, III. vol., p.
2783 ss. Per un approfondimento della prassi attuale v. A. DAMATO, P. DE PASQUALE, N. PARISI,
Argomenti di diritto penale europeo, Torino, 2014.
6 J.P. PIERINI, G. PASQUA, Police Cooperation in the European Union: An Overwiev, in M.CH.
BASSIOUNI, V. MILITELLO, H. SATZGER (eds.), European Cooperation in Penal Matters: Issues and
Cooperazione fra le autorità nazionali ed europee incaricate “dell’applicazione.... 103
È indubbio che, con la revisione di Lisbona, l’Unione europea abbia visto
rafforzata la propria dimensione garantista anche nell’ambito dei settori che ri-
guardano l’amministrazione della giustizia – che, come noto, concorrono alla
costruzione dell’Organizzazione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia
(SLSG)7 – in virtù del gioco incrociato di fattori sia formali-istituzionali che so-
stanziali.
2. Una prima importante modifica ascrivibile al campo delle revisioni istitu-
zionali consiste nell’aver voluto eliminare formalmente la struttura in “pilastri”
e, conseguentemente, nell’aver ricondotto tutte le competenze – anche quelle
afferenti allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia invece divise fra primo e
terzo “pilastro” nella pregressa versione del Trattato di Unione – al cosiddetto
“metodo comunitario”, con la sola esclusione di quelle esercitate a titolo PESC/
PESD8.
Ciò sortisce una serie di conseguenze positive.
Anzitutto l’unificazione entro un unico “contenitore” – l’Unione – di tutte le
materie funzionali alla costruzione e gestione dello SLSG rappresenta una signi-
ficativa razionalizzazione del sistema, la cui logica di ripartizione non era stata
rigorosamente tracciata9. Si tratta di un assetto istituzionale e procedimentale che
sembra già aver potuto consentire una sinergia fra le diverse anime che concor-
rono al conseguimento di questo obiettivo, contribuendo a mantenere un equili-
brio fra esse, in particolare fra imperativi di libertà, emergenze dettate dalla ri-
cerca della sicurezza e rafforzamento della tutela dei singoli; sinergia che il solo
principio di coerenza10 non è sembrato sufficiente a garantire per il passato. Tut-
Perspectives, Padova, 2008, p. 403 ss.
7 L’obiettivo è espresso nell’art. 3, n. 2, TUE, ed è sostanziato dalle competenze attribuite ex
articoli 4, n. 2, lett. j, e 67-89 TFUE.
8 Il settore relativo alla politica estera e di sicurezza comune è ancora soggetto alle logiche
intergovernative (e dunque disciplinato interamente dal TUE – articoli 23-46 TUE – e non dal
TFUE), sottratto al “metodo comunitario” dalla prospettiva sia delle procedure decisionali che del
controllo giurisdizionale esercitato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. La problematicità
dell’aver conservato quest’assetto deriva dall’intreccio di talune azioni PESC con le questioni
interessate dallo SLSG: si pensi, se non altro, all’azione di contrasto al terrorismo transnazionale,
come affrontata sulla base degli articoli 83 e 222 TFUE.
9 Come noto, in più di un’occasione nel passato è stata posta la questione di una ricognizione
dei confini dell’azione della Comunità europea (oggi estinta in virtù del Trattato di Lisbona) a
fronte di un’esercitata attività normativa dell’Unione ai sensi di competenze attribuite nei cd. se-
condo e terzo “pilastro”, ambedue suscettibili di incidere tramite l’attività normativa delle istitu-
zioni dell’Unione nelle materie afferenti allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. La Corte
aveva risolto la questione sulla base di quanto disponeva l’allora art. 47 (oggi 40) TUE, nel senso
di proteggere l’integrità del diritto comunitario: v. le sentenze sulla validità dell’azione comune
PESC 2002/589 e della decisione-quadro 2005/667/GAI, rispettivamente del 20 maggio 2008,
causa C-91/05, Commissione c. Consiglio, Raccolta, p. I-3651 ss. e del 23 ottobre 2007, causa
C-440/05, Commissione c. Consiglio, Raccolta, p. I-9097 ss.
10 Oggi espresso nell’art. 7 TFUE, e reiteratamente affermato nei due Trattati: v. esemplifica-
tivamente articoli 11, n. 3; 13, n. 1; 16, n. 6, co. 3; 17, n. 6, TUE; 121, n. 3; 181, n. 1; 197, n. 3,

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