Le forme di esercizio dell'impresa fallita

AutoreGiuseppe Ferri jr
Pagine1167-1187
Giuseppe Ferri jr
Le forme di esercizio dell’impresa fallita*
S: 1. Premessa. – 2. Vendita dell’azienda ed esercizio dell’impresa. – 3. Le singole forme di eserci-
zio dell’impresa fallita: il c.d. esercizio provvisorio. – 4. (segue): l’esercizio dell’impresa da parte dell’af-
ttuario dell’azienda. – 5. (segue): l’esercizio indiretto dell’impresa in forma societaria. – 6. (segue):
l’esercizio dell’impresa in esecuzione del contratto di atto d’azienda preesistente.
1. Tra le numerose, e profonde, innovazioni che caratterizzano l’attuale disciplina
del fallimento, una delle più signicative è rappresentata, come anche di recente la dot-
trina non ha mancato di sottolineare1, dalla individuazione della vendita dell’azienda
come modalità privilegiata di liquidazione dell’attivo (art. 105, 1° comma, l. fall.).
La centralità sistematica di tale opzione legislativa emerge con chiarezza non appena
si consideri, per un verso, che essa esprime la ormai raggiunta consapevolezza della na-
tura dinamica della responsabilità patrimoniale dell’impresa, e cioè di un fenomeno esso
stesso dinamico, il valore del quale non viene in vero espresso dal valore dei beni in essa
attualmente impiegati, ma dalla capacità produttiva della quale il loro complesso risulta
dotato, se non addirittura si identica con essa: ed è appunto tale capacità produttiva a
costruire l’autentica garanzia dei creditori, come emerge con chiarezza dalla circostanza
che, da un punto di vista economico, il credito viene concesso all’impresa su base perso-
nale e non reale2, e cioè in ragione piuttosto della ricchezza che essa è in grado di gene-
rare che non della consistenza attuale del relativo patrimonio, così come, e parallelamen-
te, il valore di ciascuno dei beni che compongono quest’ultimo dipende essenzialmente
dal fatto di essere inseriti in un complesso produttivo.
Da ciò la necessità di prevedere modalità di attuazione di siatta garanzia che, come
appunto è a dirsi della vendita dell’azienda, risultino in grado di realizzare il valore
dell’impresa, e non anche niscano per disperderlo, come invece fatalmente accadrebbe,
qualora si procedesse ad una vendita isolata dei beni in essa impiegati: la quale consen-
tirebbe di ricavare unicamente il minor valore di scambio del singolo elemento, e non
anche il suo maggior valore d’uso, che appunto deriva dal collegamento funzionale con
gli altri, pregiudicando, al contempo, e vicendevolmente, quello di tutti gli altri.
* Il presente lavoro costituisce la rielaborazione della relazione, dal titolo Esercizio provvisorio dell’impresa e
sorte dell’azienda, tenuta nell’ambito della sessione dedicata a La circolazione dell’azienda nelle procedure
concorsuali del Convegno su La gestione delle imprese in crisi: circolazione dell’azienda e tecniche di ristruttu-
razione, organizzato a Teramo il 24 giugno 2009.
1 E v., per tutti, A, in A. V., Diritto fallimentare. Manuale breve, Milano, 2008, 85 s., P, La
liquidazione dei beni nel fallimento e nei concordati mediante cessione, in Giur. comm., 2009, I, 685 s., testo e
nt. 15, e P, in Commentario alla legge fallimentare diretto da C. Cavallini, Artt. 62-123, Milano,
2010, sub art. 104, 916, ove si sottolinea che “l’obiettivo di fondo della riforma… trova nell’art. 105 chiara
consacrazione”.
2 E v., per tutti, A. R, Il fallimento. Teoria generale e origine storica, Torino, 1917 (rist., Milano,
1962), 3 ss.
1168 Studi in onore di Umberto Belviso
2. Per altro verso, dalla preferenza accordata alla vendita dell’azienda discendono
rilevanti conseguenze in ordine alla ricostruzione degli esiti concreti della procedura fal-
limentare, e prima ancora della sua attuale funzione sistematica. A seguito della recente
riforma organica, infatti, deve ritenersi ormai denitivamente acquisito che il fallimento
è diretto esclusivamente alla soddisfazione dei creditori, e non anche alla liquidazione
dell’impresa, che si tratta a sua volta di distinguere nettamente dalla liquidazione del pa-
trimonio: ed in vero quest’ultima non solo non implica necessariamente la prima, ma
deve essere svolta, e proprio al ne di soddisfare al meglio i creditori, attraverso tecniche
che, per quanto possibile, evitino la dissoluzione, e cioè appunto la liquidazione, dell’im-
presa, e che ne consentano piuttosto la riorganizzazione, tale potendosi a ben vedere
denire anche quella che si esaurisce nella sostituzione dell’imprenditore, o meglio, e più
in generale, di colui o di coloro ai quali, come è a dirsi dei soci (della società fallita), è
destinato il valore netto del patrimonio dell’impresa.
Per poter addivenire, in sede di liquidazione del patrimonio, alla vendita dell’azien-
da, risulta del resto necessario quantomeno mantenere in funzione, no a tale momento,
il complesso produttivo, per la ragione, decisiva, che solo un organismo ancora funzio-
nante si presta ad essere qualicato in termini di azienda: il che a sua volta richiede che
l’impresa continui comunque ad essere esercitata, allora nell’ambito di quella fase, logi-
camente anteriore alla liquidazione del patrimonio fallimentare, e da essa almeno in via
di principio distinta, che si è soliti indicare in termini di sua amministrazione3.
L’ esercizio dell’impresa rappresenta dunque il presupposto logico della vendita
dell’azienda, così come, deve aggiungersi, quest’ultima costituisce, nel fallimento, l’au-
tentica funzione del primo: ciò nel senso che, in questo ambito, la gestione dell’azienda
risulta essenzialmente nalizzata a permetterne la vendita, ed anzi a ricavare da quest’ul-
tima il maggior valore possibile, da destinare poi ai creditori in modo da massimizzare la
misura della loro soddisfazione.
L’attività in questione, e cioè quella che, almeno a ni descrittivi, si presta ad essere
indicata in termini di esercizio dell’impresa fallita, può del resto essere svolta in pluralità
di forme giuridiche tra loro diverse: si allude, in particolare, all’esercizio, c.d. provvisorio,
dell’impresa da parte degli organi della procedura (art. 104 l. fall.), all’esercizio dell’im-
presa da parte dell’attuario dell’azienda (art. 104 bis l. fall.), all’esercizio dell’impresa
in forma di società, all’esito del conferimento dell’azienda (art. 105, 8° comma, l. fall.),
come pure, si noti, all’esercizio dell’impresa in esecuzione del contratto di atto d’azien-
da preesistente (art. 79 l. fall., il contenuto del quale risultava originariamente collocato
nell’art. 80 bis l. fall., successivamente abrogato); è pur vero, infatti, che l’adozione di
questa specica forma di esercizio dell’impresa, diversamente da tutte le altre, non è la-
3 Il punto è sottolineato, con particolare ecacia, da Nigro-Vat, Diritto della crisi delle imprese. Le
procedure concorsuali, Bologna, 2009, 221 s.: in argomento v. inoltre F, in Il nuovo diritto fallimen-
tare, Commentario diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, T. II, artt. 104-266, Bologna, 2007, sub
art. 104, 1584 s. e P, (nt.1), 681 s. Si consideri, del resto, a conferma di quanto si viene dicendo, che
la legge subordina, almeno in via di principio, il compimento di atti di liquidazione alla approvazione del
relativo programma (art. 104 ter, 6° comma, l. fall.): laddove invece l’esercizio dell’attività di impresa è
espressamente consentito, a seconda dei casi, anche prima della presentazione di tale programma (art. 104
bis, 1° comma, l. fall.), se non addirittura n dal momento della dichiarazione di fallimento (art. 104, 1°
comma, l. fall.).

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